2022-03-09
I media usano Kirill per trasformare la guerra in Ucraina in scontro di civiltà
Il patriarca di Mosca Kirill (Ansa)
I giornali travisano il sermone del patriarca ortodosso. A Kiev non si sta combattendo un conflitto tra Bene e Male.politiche. Parliamo della salvezza umana. Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. Le parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale». Messa così, sembra proprio che il patriarca moscovita abbia invitato le truppe russe a impegnarsi in una sorta di guerra santa contro «la lobby gay» (tesi ribadita dalla gran parte dei giornali italiani). Sempre secondo il Corriere, poi, egli avrebbe «pregato per le sofferenze dei soldati. Quelli russi, si suppone».Una rapida ricerca sul sito ufficiale del patriarcato di Mosca (disponibile in russo, inglese, moldavo, greco e… ucraino) permette di rintracciare il testo integrale del sermone. Leggendolo, si nota che la parola «soldati» non compare mai, così come non si trovano preghiere per una delle due parti in causa. Inoltre, il senso complessivo del discorso, per lo più concentrato sul Donbass, è abbastanza diverso dalla macchiettistica riduzione che ne hanno fornito i nostri media (non ci risulta che analogo trattamento sia stato riservato ad altri leader religiosi, musulmani inclusi). Ad esempio, la frase «questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale» non si trova. Si legge invece: «Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass. E nel Donbass c’è il rifiuto, un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale». Kirill si esprime contro «il mondo del consumo eccessivo», e dichiara che il test d’ingresso in questo mondo consiste nell’organizzazione di gay pride. Si può parlare, ovvio, d’eccessiva semplificazione. Ma un fondo di verità c’è. Come spiegava, ancora nel 2020, un articolo di East Journal dedicato ai diritti Lgbt, «in Ucraina, Moldavia e Georgia l’adozione di leggi contro la discriminazione è stata un criterio fondamentale per la firma di Accordi di associazione e di liberalizzazione dei visti tra questi Paesi e l’Ue». Lo stesso articolo faceva notare come, in realtà, tali «progressi legislativi» fossero avvenuti «principalmente sulla carta» e aggiungeva pesanti critiche al governo di Kiev.Intendiamoci: non vogliamo certo improvvisarci (per altro inutilmente) avvocati difensori. Ci interessa piuttosto cogliere alcuni spunti importanti forniti dal discorso del patriarca, che è molto più problematico e sfumato di come c’è stato presentato. Kirill, questo è verissimo, parla esplicitamente di una «lotta metafisica», e sostiene: «Ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali non ha solo un significato politico. Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l’umanità». Ebbene, viene da chiedersi: questo «significato metafisico» non è forse lo stesso che - a parti invertite - molti occidentali (politici e osservatori) stanno attribuendo al conflitto in corso?Ora più che mai, mentre le armi pesanti straziano città e famiglie, sarebbe opportuno mantenersi lucidi e - almeno qui dove le bombe non cadono - evitare il binarismo propagandistico. Purtroppo, nel caso della guerra ucraina, il meccanismo semplificatorio scatta con fin troppa velocità. Dopo tutto la Russia di Putin, e non da oggi, si presenta come il nemico perfetto dell’ordine neoliberale. Tradizionalista, fautrice di una forma particolare di conservatorismo, si ha gioco facile a presentarla come omofoba, autoritaria e sciovinista, anche se «antiliberale» e «illiberale» sono termini con diverse gradazioni di negatività. Ecco che allora si tende, specialmente qui nei dintorni, a trascinare il conflitto fuori dal piano geopolitico per collocarlo in quello morale; si dimenticano le caratteristiche particolari e si sfumano i contorni dello scontro in atto per tratteggiare l’ennesimo «scontro di civiltà»: da una parte il mondo atlantico «libero, democratico e tollerante», dall’altra lo Zar folle e totalitario. Di nuovo occidente contro oriente, Bene contro Male. Se si sceglie questa prospettiva, tuttavia, si arriva per eterogenesi dei fini a legittimare la visione nazionalbolscevica di una lotta fra l’orgogliosa potenza tradizionale e «l’anticristo liberale della società dei consumi». È un terreno molto scivoloso, questo, in cui all’Europa non conviene inoltrarsi. Anche perché sarebbe leggermente pretestuoso sostenere che sul lato ucraino si combatta in nome delle parate Lgbt o per proteggere le compagnie che forniscono madri surrogate. Anzi, risulta dalle dichiarazioni che soldati, milizie e cittadini comuni imbraccino i fucili in nome dell’identità nazionale e linguistica, dei confini e dell’orgoglio identitario. E questi sono, fino a prova contraria e almeno sulla carta, valori tradizionali.In un’intervista del 2006, Aleksandr Solzenicyn rivendicava il diritto della sua nazione a «non scimmiottare sconsideratamente gli occidentali», e a «non ricalcare modelli altrui ma, senza allontanarci dai principi democratici essenziali, perseguire il benessere fisico e morale del popolo». Questo diritto dev’essere alla portata di tutti i popoli, a prescindere da come si risolverà lo scontro in atto. Ciò significa che bisogna sforzarsi di affrontare la crisi abbandonando le tentazioni «civilizzatrici», evitando di sostituire alla bandiera ben definita dell’Ucraina quella più confusa del «progresso».Anche perché sul piano geopolitico i conflitti si possono risolvere, e le fratture si possono - pur dolorosamente - ricomporre. Ma sul piano metafisico la lotta si conclude soltanto con l’annientamento di una delle due fazioni (e da qualche parte sta pure scritto quale sarà a perdere).