2020-10-22
I marinai in Libia appesi al cambio di regime
I parenti dei 18 italiani, nelle carceri di Khalifa Haftar da oltre 50 giorni, sono stati ricevuti dal Papa: «Una speranza, qualcosa si muove ma Conte continua a ignorarci». Ieri a Roma il ministro dell'Interno Fathi Bashaga, nuovo premier in pectore. Oggi atteso anche Fayez Al Serraj.«È stata una giornata molto emozionante. Forse è il segnale che qualcosa sta accadendo». Così Rosaria Giacalone, moglie di Onofrio, uno dei 18 pescatori di Mazara del Vallo che da 51 giorni sono nelle mani degli uomini del maresciallo libico Khalifa Haftar, racconta alla Verità, con tono speranzoso, l'incontro con papa Francesco.Il pontefice ha incontrato in udienza, ieri mattina alle 7, le sei donne e i due uomini di Mazara (i due armatori dei due pescherecci sequestrati in Libia, Leonardo Gancitano e Marco Marrone) che da ben 31 giorni hanno montato le loro tende in piazza Montecitorio. «Abbiamo ringraziato il Papa» per aver ricordato per la prima volta il caso dei diciotto marittimi italiani, tunisini, senegalesi e indonesiani nell'Angelus di domenica scorsa in piazza San Pietro, spiega Rosaria Giacalone al telefono con La Verità. «Non ci è stato possibile avvicinarlo a causa del coronavirus ma il suo gesto ci ha dato speranza. Lo ringraziamo tanto».Le famiglie dei marittimi aspettano da oltre sette settimane una buona notizia. Ma il tono speranzoso della moglie di Onofrio, il direttore della macchina del peschereccio Medinea, e madre di due figli che ancora vanno a scuola, si incupisce, si fa più dispiaciuto e rassegnato quando le chiediamo del processo. Secondo quanto trapelato da Bengasi la prima udienza era attesa per martedì 20 ottobre. «Non sappiamo ancora niente di questo processo», ci spiega Giacalone. Che la mancata udienza sia un segnale positivo per gli sforzi diplomatici condotti dal ministero degli Esteri e dall'intelligence italiana? «Forse lavorano in silenzio, speriamo. Però non sappiamo nulla», risponde. «Siamo qui davanti a Montecitorio da 31 giorni. Nessuno scende. Vorremmo che magari il presidente del Consiglio Giuseppe Conte scendesse per darci anche soltanto un sorriso, per dirci una parola di conforto, che va tutto bene, che stanno lavorando per riportare a casa i nostri mariti». Invece, a muoversi per dare conforto ai pescatori è stata papa Francesco.Inizialmente i marittimi erano stati arrestati con l'accusa di aver pescato in acque che la Libia rivendica unilateralmente. Poi sono stati trasferiti in un edificio nel carcere di El Kuefia, a 15 chilometri a Sud-Est di Bengasi. Per qualche giorno gli italiani sono stati poi lasciati da soli, mentre i loro compagni erano stati fatti entrare nelle celle con i criminali comuni libici. Dopo alcuni giorni, infine, gli uomini del maresciallo hanno deciso di riunire i 18. Da Bengasi continuano a negare la volontà di uno scambio di prigionieri, forse perché con il passare dei giorni anche Haftar e i suoi si sono convinti dell'impossibilità di realizzare quanto proposto. Cioè di rilasciare i pescatori in cambio della liberazione di quattro scafisti libici condannati in Italia a 30 anni di carcere per la cosiddetta strage di Ferragosto in cui morirono 49 migranti ma ritenuti da Bengasi calciatori fuggiti dalla Libia in cercare di un futuro migliore.Governo e Farnesina non parlano della vicenda, si dice per ragioni di riservatezza. Intanto, però, a Roma si lavora nella speranza di tornare centrali in Libia, in un momento decisivo per il futuro del Paese. Infatti, i dialoghi negoziali sono in corso a Ginevra e dovrebbero portare a un accordo tra Tripolitania e Cirenaica per una nuova autorità esecutiva rappresentativa di tutta la Libia: un annuncio in tal senso è atteso per il mese di novembre in Tunisia.Ieri a Roma il ministro dell'Interno tripolino Fathi Bashaga, uomo forte di Misurata con ottimi rapporti con la Turchia, ha incontrato l'omologo italiano, Luciana Lamorgese, per colloqui sulla lotta al traffico di esseri umani. Ma la visita non è limitata a questo. Come sottolinea l'Agenzia Nova, infatti, è difficile ritenere che la visita del potente politico libico sia legata solo a questioni di natura tecnica: Bashaga, impegnato in una dura lotta contro tratta e sfruttamento dei migranti, è considerato da diversi osservatori come il possibile nuovo primo ministro della Libia. Ma prima deve guadagnare la fiducia della comunità internazionale.Bashaga punta al posto di Fayez Al Serraj, anche lui in Italia in queste ore: stasera incontrerà a Palazzo Chigi il premier Conte. Il premier libico ha annunciato l'intenzione di dimettersi a fine ottobre. Rimarrà però in carica fino alla nascita di un nuovo esecutivo.Ma c'è un particolare da sottolineare: ieri Serraj, accompagnato dal ministro degli Esteri Mohamed Siala, ha compiuto una visita a sorpresa in Turchia. Stando all'Arab Weekly, il premier libico in questo viaggio tenuto segreto (scoperto soltanto grazie al tracciamento del volo 5A-DCN dello stesso Dassault Falcon 900EX che dovrebbe averlo portato a Roma) avrebbe incontrato il ministro della Difesa turco Hulusi Akar. A dimostrazione, probabilmente, di come ormai il principale interlocutore di Tripoli sia la Turchia di Recep Tayyip Erdogan e non più l'Italia, dopo gli ammiccamenti con Haftar. Oltretutto controproducenti, a giudicare dal caso dei marittimi di Mazara del Vallo.
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