
Teresa Bellanova rivendica in un post su Facebook la commozione in conferenza stampa. E incassa l'inquietante solidarietà di Elsa Fornero. Poi frigna ancora: «Mi attaccano perché donna». Intanto, però, a versare lacrime sono i cittadini abbandonati.Vedi alla voce cattivi presagi. Quando Teresa Bellanova ha lasciato che le lacrime scorressero, l'Italia intera ha capito che c'erano guai in arrivo. Quando poi, ieri mattina, è arrivata la solidarietà di Elsa Fornero, beh, è stato chiaro che non c'era più scampo. «Teresa Bellanova mi ha ringraziata indirettamente, tramite una conoscenza comune, e questo mi fa molto piacere», ha detto la Fornero, e siamo tutti felici che si sia stabilita questa meravigliosa sorellanza. Poi l'ex riformatrice delle pensioni ha aggiunto: «Bellanova commossa durante annuncio su migranti? L'ho vista e apprezzata, si è trattato di un momento di emozione successo a lei e anche a me. Succede anche agli uomini, ma non sono attaccati come sono attaccate le donne». Ovviamente, al pianto bisogna assolutamente aggiungere il piagnisteo. Il lamento di genere sul fatto che le donne vengono attaccate se scoppiano a piangere. È la carta che si giocano tutte, sempre. Quando vengono criticate, pur aspramente, tirano in ballo la discriminazione. E così ha fatto anche Teresa Bellanova, che ha affidato a Facebook un commovente messaggio alla nazione. «È vero. Ho pianto. Ho faticato, ho combattuto, e alla fine ho pianto», ha scritto. «Hanno accostato le mie lacrime ad altre lacrime: le hanno riportate ad un genere, quello femminile. Io invece ho avuto la forza di piangere - sì, la forza - perché ho fatto una battaglia per qualcosa in cui credevo sin dall'inizio, perché ho chiuso il cerchio di una vita che non è soltanto la mia, ma è quella di tantissime donne e uomini che come me hanno lavorato nei campi». Veramente le sue lacrime non sono state accostate al «genere femminile», ma, appunto, al pianto della Fornero (cosa che per altro ha fatto anche la Fornero medesima). Soprattutto, le sue lacrime hanno riportato alla mente lo spargimento di sangue dei lavoratori che seguì alle lacrimucce dei tempi montiani. Gli stessi lavoratori che, oggi, la Bellanova dice di voler difendere regolarizzando migranti clandestini tramite un condono che danneggia gli italiani su almeno due fronti. Primo: invece di pensare alla sanatoria per gli irregolari, il ministro avrebbe potuto sforzarsi un po' di più per dare posti a chi è già cittadino. Secondo: la «regolarizzazione» avrà dei costi, che chiaramente ricadranno sulle spalle di una nazione già vessata dall'epidemia. La Bellanova, tuttavia, ha preferito presentarsi come la salvatrice della patria: «Una cosa la voglio dire, a chi sta con me e a chi sta contro di me: le lacrime non le giudicate perché appartengono non a me sola, ma a chi ha ogni giorno il coraggio di sfidare per cambiare, sapendo che si può perdere o vincere. Sono cose che hanno a che fare con la vita, con l'impeto e la forza delle idee», ha scritto. «Le lacrime sono il segno costitutivo, generativo della nostra specie. Chi le teme, o chi non ne comprende il senso e la forza, ha perso di vista il carattere più importante dell'umano: la coscienza delle cose, quant'è prezioso mostrarsi vulnerabili». Come prevedibile, le dissertazioni filosofiche sono durate poco, e hanno subito lasciato spazio alla polemica. La Bellanova, non soddisfatta dal messaggio via Internet, è intervenuta a Radio 24, dove ha mostrato i denti: «Hanno paragonato le mie lacrime di ieri a quelle di Elsa Fornero? Mettiamola così: immaginate se mi avessero paragonato a Salvini. Quel confronto sì che mi avrebbe fatto davvero molto male». Una così sensibile agli attacchi forse avrebbe potuto risparmiarsi la frecciatina, no? Il punto importante, tuttavia, è un altro. «Io so che i sentimenti sono un fatto privato e ci sono dei momenti in cui non si riesce a governarli», ha confessato la Bellanova, cercando la comprensione del popolo. Bene, ministro, la capiamo. Tanti di noi, in questi mesi, hanno pianto: per i cari morti, per la paura, perché mancavano i soldi per fare la spesa, perché il lavoro non c'era più. Lei ha scelto di piangere per i migranti: ognuno ha le sue priorità. Ministro, lei è liberissima di far irrompere il privato nella scena pubblica, di usare le emozioni per fare politica: è un vizio che hanno in tanti. Ma se può farlo lei, allora abbiamo il diritto di farlo anche noi cittadini, perché a volte le emozioni non si governano. Quindi abbiamo il diritto a essere infuriati, amareggiati, schifati dalla sua sanatoria. E abbiamo il diritto (oltre che il dovere) di farglielo presente, di dirglielo in faccia. Non perché è donna o per altri motivi ideologici. Ma perché a ciascuno tocca di portare il peso delle proprie lacrime. Lei non può scaricare su di noi il suo pianto: ha già scaricato abbastanza con il condono dei clandestini. Dunque stia allegra, che a essere scontenti ci pensano tutti gli altri italiani.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






