2020-03-20
I giudici obbligano le ostetriche a fare aborti in Svezia
Con un verdetto incredibile, la Corte europea dei diritti dell'uomo autorizza la violazione della libertà di coscienza della categoria.Sei una ostetrica? Bene, preparati agli aborti. Per quando appaia assurdo, è questo il verdetto con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) nei giorni scorsi ha liquidato il caso, posto alla sua attenzione, di due donne svedesi ree, coerentemente con la loro professione, di voler far nascere i bambini. Tutto questo senza che la grancassa mediatica - solitamente repentina, quando si tratta di diritti femminili - abbia battuto ciglio, a riprova di un avvilente doppiopesismo.La vicenda giudiziaria di cui si sta parlando, ora giunta al triste epilogo, è quella che ha visto per anni coinvolte Ellinor Grimmark e Linda Steen. Tutto ebbe inizio nel novembre 2013, quando la prima delle due donne venne licenziata dalla clinica Höglandssjukhuset, nella contea di Jönköping, perché aveva affermato, sulla base dei propri convincimenti, di non poter assistere le madri intenzionate ad abortire. «Dubito che una persona di tali opinioni possa ritenersi un'ostetrica», fu lo sprezzante commento rifilato al telefono alla donna, nel metterla alla porta, dal capo del reparto maternità.Ciò nonostante, la Grimmark non si era data per vinta, trovando lavoro prima alla clinica Ryhovs e poi all'ospedale Värnamo. Tentativi, purtroppo per lei, andati a vuoto dato che in entrambi i casi si era sentita rispondere: «Per le persone della sua opinione, non c'è posto nella nostra clinica». Di qui l'inizio di un'odissea giudiziaria resa ancora più paradossale del fatto che le strutture da cui la donna veniva allontana avevano reparti che lamentavano una grave carenza di organico proprio in fatto di ostetriche.Sulla stessa lunghezza d'onda si pone il caso di Linda Steen, la quale aveva un contratto lavorativo con il consiglio della contea di Sörmland, interrottosi per decisione della stessa struttura ospedaliera. Per il suo essere obiettrice e per le sue convinzioni religiose, anche la Steen ha dovuto subire ingiurie e offese, motivo per cui la donna ha pensato bene di far valere davanti a un giudice i propri diritti. Di sentenza sfavorevole in sentenza sfavorevole, è infine accaduto che la Grimmark e la Steen si siano trovate nella condizione di poter giocare solo un'ultima carta: quella della Cedu.Così, assistite da Alliance defending freedom, noto gruppo impegnato nella difesa della libertà religiosa, le due si sono rivolte ai giudici di Strasburgo nella speranza di poter finalmente tornare ad esercitare il lavoro per cui si sono formate e che sentono come una vocazione: quello di far nascere bambini. La speranza delle due è durata fino al 12 marzo, quando la Cedu ha pubblicato una breve decisione scritta giudicando il loro ricorso inammissibile. In tale diniego, la Corte di Strasburgo ha da una parte riconosciuto una quota di ragione alla Grimmark e alla Steen, salvo poi, dall'altra, far prevalere su ogni altro diritto quello di aborto.Sì, perché la Cedu ha effettivamente ammesso che i licenziamenti delle ostetriche hanno rappresentato «un'interferenza» con il diritto alla libertà di religione riconosciuto dall'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, di cui la Svezia è cofirmataria, ma poi ha pure aggiunto che detta interferenza sarebbe «proporzionata e giustificata nell'ottica di raggiungere un obiettivo legittimo», che sarebbe l'aborto. Come a dire: sì, l'obiezione di coscienza c'è. Ma la soppressione prenatale viene prima. Un ragionamento che deluso Alliance defending freedom, secondo cui «i professionisti sanitari dovrebbero essere in grado di lavorare senza essere costretti a scegliere tra le loro convinzioni profonde e le loro carriere». Questo, in effetti, dovrebbe avvenire in un mondo normale, mentre invece la Svezia si è in questi anni mostrata irremovibile. Prova ne sia la linea del parlamento e del governo svedesi che, pur a fronte della già ricordata penuria di ostetriche, tempo addietro avevano preso posizione contro la risoluzione 1763 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce), che nel 2010 aveva riaffermato il diritto all'obiezione di coscienza nella pratica medica.Così, mentre Ellinor Grimmark per lavorare è stata costretta a recarsi in Norvegia, a livello europeo l'obiezione di coscienza subisce un duro colpo i cui effetti rischiano di andare ben oltre i confini scandinavi. La sensazione è difatti che la decisione della Cedu sul caso Grimmark e Steen possa fare scuola, limitando anche altrove non solo un diritto di libertà, cosa già gravissima, ma pure un pilastro della professione medica e sanitaria, che storicamente ha sempre avuto un orientamento antiabortista.Lo prova il giuramento di Ippocrate di Kos, con il quale il celebre medico greco, millenni or sono, proclamò un inequivocabile: «Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo». Per sua fortuna, Ippocrate visse nell'antichità perché oggi, con i giudici di Strasburgo, pure per lui sarebbero stati dolori.
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