2025-04-05
I giudici chiudono le moschee abusive. Gli islamici: «Usiamole come al solito»
A Monfalcone i fedeli musulmani hanno bellamente ignorato tre sentenze che imponevano l’interruzione delle riunioni di massa in due «centri culturali». Il tamtam social: «Continuiamo, entriamo pochi alla volta».Non faranno «carico urbanistico», ma continuano ad andare in moschea gli islamici di Monfalcone, ignorando le pronunce del Consiglio di Stato che confermano il diniego alle manifestazioni di culto nei due centri culturali Darus Salaam e Baitus Salat.Sono tre, le sentenze speculari e definitive, che hanno accolto i tre appelli presentati dal Comune della Provincia di Gorizia contro le sentenze del Tar del Friuli-Venezia Giulia che aveva riaperto i centri di culto a marzo e a giugno dello scorso anno. Però i responsabili lasciano che ancora si preghi all’interno di strutture illegali. «Continuiamo come al solito, ma pochi alla volta e senza affollare marciapiedi e zone esterne», ha fatto sapere al Piccolo Reajul Haq presidente del Baitus Salat. Sottolineando che «noi rispettiamo le sentenze […] il verdetto per noi è legge». Ma giovedì notte, Haq aveva già chiamato a raccolta i fedeli con un post su Facebook in cui raccomandava «un numero limitato di presenze (35/40)» e di «non farsi vedere davanti ai centri». Basta entrare in pochi, senza dare nell’occhio. Sarebbe questo il rispettare le nostre leggi? Per il legale dei due centri, l’avvocato Vincenzo Latorraca (già candidato sindaco per il Pd a Cantù e sostenitore del diritto del circolo islamico Assalam di trasformare un ex capannone in moschea), la tesi difensiva sostenuta, ovvero «la possibilità di insediare negli immobili la propria attività associativa, tra cui anche il culto, è stata implicitamente confermata», dalle sentenze del Consiglio di Stato. «Secondo la disciplina del piano regolatore vigente è, quindi, ammissibile l’insediamento di luoghi di culto […] non vige alcun divieto», dichiara il legale. Niente affatto, basta leggersi le sentenze. Il Consiglio di Stato afferma che «la stabile destinazione di un edificio a luogo di culto presenta un impatto sull’ordinato sviluppo dell’abitato e deve avvenire nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia». Evidenziando, poi, che «la libertà di culto sarebbe anzi “malintesa” se si pretendesse d’invocarla per sottrarsi al rispetto “della cornice normativa di rango primario e secondario e dei vincoli cui le attività umane di rilevanza pubblica sono astrette a salvaguardia della convivenza civile”».Il supremo organo amministrativo ricorda che «lo stesso articolo 9, comma 2, della Cedu, nell’affermare “la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo”, la subordina - solo - a quelle limitazioni che siano, da un lato, previste dalla legge e, dall’altro, che costituiscano “misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza pubblica, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui”». Non prevede pastrocchi, la sentenza definitiva: «È necessario che la stabile e duratura destinazione di un edificio a luogo di culto sia legittima tanto sul piano formale, per effetto dell’acquisizione del titolo edilizio previsto dalla legge (con pagamento degli oneri connessi), quanto su quello sostanziale, in ragione della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia».Le moschee sono abusive e non è questione di andarci in pochi o in tanti: nessuno deve più varcare la soglia di quell’ex pescheria e dell’ex pizzeria e neppure radunarsi nell’area esterna dell’ex supermercato. I ricorsi sono stati accolti e devono essere ripristinate le ordinanze originali del Comune, tornando alle precedenti destinazioni d’uso commerciale degli immobili. Non possono essere luogo di preghiera.«Il diritto di culto non può essere superiore alla legge, il Consiglio di Stato è stato chiarissimo. Invece queste persone vogliono vivere in Italia senza rispettare il nostro ordinamento», tuona l’europarlamentare Anna Cisint, accusata di razzismo e xenofobia e finita in un tritacarne mediatico per avere avviato il contenzioso con le associazioni islamiche quando era sindaco a Monfalcone. «Sostengono che chiederanno la modifica della destinazione d’uso, ma sanno che il Piano urbanistico non può essere cambiato in quella zona. Devono cercarsi centri altrove», dichiara l’eurodeputata della Lega. «In città abbiamo un numero esagerato di presenze radicalizzate, di donne giovanissime con il volto completamente coperto che camminano dietro l’uomo. Almeno il segnale di rispetto della legge italiana doveva esserci», conclude Cisint.Bou Konate, senegalese, presidente onorario del Darus Salaam, in passato ex assessore ai Lavori pubblici, candidato a sindaco con una lista civica di soli stranieri alle amministrative del 13 e 14 aprile, in vista del voto preferisce non andare oltre alla dichiarazione che «i verdetti vanno rispettati». Ma non si leggono suoi inviti a restare a casa a pregare.Nel frattempo, il Consiglio di Stato si è pronunciato anche per l’ex supermercato di va Piave a Mestre adibito a centro associativo e di fatto a luogo di culto dei tanti bengalesi. Non potrà più essere utilizzato in quanto sala di preghiera, verrà probabilmente chiuso.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)