2020-12-03
I giallorossi litigano sul Natale ai domiciliari
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Roberto Speranza pretende il blocco della mobilità tra regioni. Sandra Zampa conferma: «Scatterà il 20». Per Francesco Boccia, il Paese ripartirà dopo l'Epifania. Restano i dissidi sulle deroghe per i ricongiungimenti. Alla fine, Iv annuncia: «Sì al pranzo nei locali nei giorni festivi».Non sono nemmeno d'accordo su come rovinarci il Natale. All'interno della maggioranza sono volati stracci, ieri, durante la riunione tra il ministro della Salute, Roberto Speranza, il ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D'Incà, e i capigruppo di maggioranza sulle misure anti Covid previste nel nuovo dpcm. Speranza è riuscito a scatenare il malumore degli alleati di governo dopo le dichiarazioni fatte in mattinata al Senato: «Dobbiamo disincentivare gli spostamenti tra regioni, e il 25, 26 e primo gennaio limitare anche gli spostamenti tra Comuni», ha detto in Aula, agitando il consueto spauracchio: «Se abbassiamo la guardia la terza ondata è dietro l'angolo». Questa volta, a inferocirsi per il no a oltranza all'apertura di alberghi e ristoranti a Natale e a Santo Stefano, che darebbe ossigeno a un settore in ginocchio, sono stati alcuni esponenti del Pd e di Italia viva. Il vertice con i capigruppo sarebbe stato particolarmente animato, con qualche urla a testimoniare il nervosismo all'interno della maggioranza. «Abbiamo chiesto attenzione sui ricongiungimenti familiari di primo grado anche fra regioni diverse», ha commentato il capogruppo dem, Andrea Marcucci, al termine della riunione, sottolineando che ieri il testo del dpcm ancora non era stato presentato. Il ministro della Salute non avrebbe dato molta speranza di un cambiamento di linea. Ha assicurato che le proposte sarebbero state riferite in sede di tavolo di governo, ma è tremendamente preoccupato. Teme che il Paese approfitti dell'arrivo del Bambinello per scatenarsi in pericolosi ricongiungimenti familiari, quindi vuole il blocco alla mobilità regionale, nessuna deroga per raggiungere i parenti lontani e nemmeno quelli nel Comune vicino: «Servono altre settimane di sacrifici», ha detto in Aula, ma di suo avrebbe già deciso. «Le prossime festività vanno affrontate con estrema serietà» è stato il suo diktat, «se non vogliamo nuove pesanti chiusure tra gennaio e febbraio. Senza consistenti limitazioni dei movimenti, un rigoroso rispetto delle regole di sicurezza, la convivenza col virus è destinata al fallimento». Dai microfoni di Rai News24 ci è arrivato anche il fervorino del sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa: «Le deroghe saranno minime perché la severità e il rigore è quello che in questo momento ci mette in sicurezza». Poi ha annunciato che «il divieto di spostamento tra le regioni, salvo ragioni di necessità», scatterà dal 20 dicembre.Il malumore tra dem e renziani, comunque, cresce, ci sono stati altri segnali di evidente confusione e disaccordo nella maggioranza. Il ministro Speranza, anticipando le linee del nuovo dpcm, ha infatti detto che «l'intenzione del governo sarà di riconfermare l'impianto a tre colori per le Regioni, con fasce arancioni, rosse e gialle, che ha creato le condizioni per rimettere sotto controllo l'epidemia. I risultati hanno portato nella direzione giusta e dobbiamo riconfermare questo modello che prevede il tentativo di piegare la curva senza un lockdown generalizzato in questa seconda ondata». Nelle stesse ore, il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, annunciava che «da qui a 15 giorni tutta Italia o gran parte d'Italia sarà gialla». Ma allora questo semaforo rimane in funzione, o che cosa ha in mente di fare il premier Giuseppe Conte con l'ennesimo decreto? Il presidente del Consiglio aveva parlato di «giallo rafforzato», riferendosi soprattutto al divieto di spostamento tra regioni, al coprifuoco confermato dalle 22 alle 6 del mattino e agli impianti sciistici chiusi, ma le colorazioni rosso e arancione sono ancora una realtà che pesa in buona parte del Paese. Alla fine, ieri sera, il senatore renziano Davide Faraone ha annunciato: «Abbiamo ottenuto che i ristoranti saranno aperti a pranzo il 25 e 26 dicembre, a Capodanno e per l'Epifania». Le Regioni, invece, hanno continuato a premere perché gli alberghi di montagna restino aperti. «Chiudere tutto e lasciare impianti aperti per residenti nella località, turisti e non. Chiudere gli impianti e lasciare aperte le strutture ricettive? Le posizioni sono molte», commentava il governatore del Veneto, Lucia Zaia, in attesa di conoscere il nuovo decreto. La Valle d'Aosta ha già deciso di non accettare la chiusura degli impianti sciistici decisa dall'esecutivo. «L'impressione è che si veda la montagna come un parco giochi per le grandi città, cosa che sappiamo bene non essere così», è stata la critica rivolta al governo da Erik Lavevaz, presidente della Regione che si è attribuita la competenza su «libertà di movimento dei cittadini, attività economiche e sportive, eventi e relazioni sociali». Conte, nel pomeriggio di mercoledì doveva incontrarsi con i capigruppo, poi come di consueto la riunione è stata spostata in serata quasi a ridosso dell'annunciato consiglio dei ministri. Sul tavolo del governo c'è anche la scadenza del prossimo dpcm, che dovrebbe essere portato da 30 a 50 giorni.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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