In 30 anni, il rendimento degli strumenti privati supera di dieci volte quello dei soldi in azienda. Ecco la guida ai prodotti.
In 30 anni, il rendimento degli strumenti privati supera di dieci volte quello dei soldi in azienda. Ecco la guida ai prodotti.Infografica all'interno.I numeri non mentono. Secondo i dati della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, al netto dei costi di gestione e delle imposte, il Tfr in azienda nei primi nove mesi del 2019 si è rivalutato dell'1,2%. Chi, invece, ha aderito a una forma di previdenza complementare ha ottenuto una crescita che va dall'1,3% delle gestioni separate dei Pip (i piani individuali pensionistici di tipo assicurativo) fino o oltre il 10% per chi ha scelto un prodotto puramente azionario: ad esempio, i Pip azionari nel 2019 hanno reso il 13,6%, i fondi pensione aperti azionari il 10,7% e quelli negoziali il 9,7%. In media, versare per circa 30 anni il Tfr a un fondo alza la pensione di circa il 12%. Appare chiaro che non vi siano dubbi che la previdenza complementare rappresenti la scelta migliore per chi vuole far crescere la propria pensione.Ciononostante, la previdenza integrativa italiana stenta davvero a decollare, anche se ogni anno il numero di iscritti aumenta. Si tratta di una impostazione culturale dura a morire, complice anche la crisi economica che produce stipendi sempre più bassi. A settembre del 2019, data dell'ultima rilevazione Covip, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari hanno raggiunto il numero di 9 milioni; al netto delle uscite, la crescita dall'inizio dell'anno è stata di 262.000 unità (+3%). A tale numero di posizioni, che include anche quelle relative a coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che la Covip stima in 8,19 milioni di individui.Nei fondi negoziali si sono registrate 119.000 iscrizioni in più (+4%), portando il totale delle posizioni a fine settembre a 3,12 milioni. Nelle forme pensionistiche di mercato offerte da intermediari finanziari, i fondi aperti sono arrivati a 1,52 milioni di posizioni, crescendo così di 58.000 unità (+3,9%) rispetto alla fine dell'anno precedente. Nei Pip «nuovi», quelli nati dopo la riforma del sistema previdenziale in vigore dal 2007, il totale degli iscritti è di 3,36 milioni; la crescita nel semestre è stata di 85.000 unità (+2,6%). Nei fondi preesistenti le posizioni all'ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di giugno, sono state pari a 652.000.Per le forme pensionistiche complementari l'andamento complessivo dei mercati si è tradotto in rendimenti positivi nel 2019. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato il 6,4%. Il 7,2% e il 9,4%, rispettivamente, i fondi aperti e i Pip di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, il risultato è stato inferiore (1,3%).Con un orizzonte di più ampio respiro, nel periodo da inizio 2009 a fine dicembre 2018 (dieci anni), il rendimento medio annuo composto è risultato pari al 3,7% per i fondi negoziali, al 4,1 per i fondi aperti, al 4 per i Pip di ramo III e al 2,7% per le gestioni separate di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del Tfr è stata del 2%.Consultique, società di consulenza finanziaria indipendente, ha stilato per La Verità la lista di tutti i fondi pensione aperti disponibili sul mercato italiano classificando ogni prodotto per rendimento a uno, tre e cinque anni. Dalla classifica si capisce chiaramente che i prodotti azionari hanno decisamente la meglio su quelli obbligazionari. Il fondo aperto che ha reso di più negli ultimi cinque anni è quello di Allianz, l'Insieme linea azionaria, che ha reso il 35,3%. Lo stesso prodotto ha reso il 24,6% in tre anni e l'8,16% da inizio 2019.In seconda posizione troviamo l'Hdi azione di previdenza linea dinamica. Il rendimento a cinque anni è stato del 34,59%, mentre a tre anni la crescita è stata del 22,14% e a un anno dell'11,81%. Il fondo Gustiniano linea azionaria di Intesa Sanpaolo previdenza sim si aggiudica il terzo posto con un rendimento a cinque anni del 31,2%, risultato più che positivo confermato anche dall'andamento a tre anni (+22,1%) e a un anno (+11,8%).Anche l'Arti e mestieri linea crescita 25+ di Anima ha fatto bene con una crescita del 31,1% (+20,9% in tre anni e +5,8% nel 2019). Al quinto posto tra i migliori fondi pensione troviamo il Credit agricole vita linea dinamica, cresciuto del 30,9% in cinque anni, del 21,1% negli ultimi tre e dell'8,8% negli ultimi 12 mesi. Poiché, insomma, si tratta di prodotti il cui orizzonte di investimento è molto lungo, rischiare un po' paga sempre. Al contrario, tutti i prodotti conservativi hanno offerto rendimenti negativi o prossimi allo zero.L'Axa conservativo, ad esempio, negli ultimi 60 mesi ha perso il 3,5%, negli ultimi 36 mesi il 2,6% e in 12 lo 0,86%. Ha il segno meno anche l'Arti e mestieri linea garanzia 1+ di Anima. In cinque anni la perdita è stata del 2,13% al netto di costi e fiscalità. Non è andata meglio nemmeno negli ultimi 36 mesi (-1,8%) e negli ultimi 12 (-0,31%). Il fondo aureo garantito di Bcc risparmio e previdenza ha ceduto l'1,8% in cinque anni, l'1,61% negli ultimi tre mentre si è mostrato in parità (+0,02%) nell'ultimo anno. In difficoltà anche il Previdenza per te di Axa Mps linea garantita che ha perso l'1,8% in cinque anni, lo 0,36% in tre e l'1% negli ultimi 12 mesi. Al quinto posto tra i prodotti con il minor rendimento c'è l'Ubi previdenza di Aviva, linea garantita. In questo caso la perdita è stata dell'1,8% in cinque anni, dell'1,4% negli ultimi tre. A un anno, invece, c'è stata una crescita dello 0,56%. Chi non rischia almeno un po', insomma, ha come unica certezza quella di non vedere crescere il proprio gruzzolo. !function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.






