
Il centrodestra prende la città di Mps per un soffio. Decisiva la Margherita, che ha boicottato il Pd dopo l'ingerenza del Giglio magico sulle alleanze.Luigi De Mossi è da ieri, oltre che l'avvocato avversario dell'operazione Antonveneta, anche sindaco di Siena. Il primo non espresso dalla sinistra da quando esiste la Repubblica italiana. La sua vittoria appare come un miracolo in una Regione rossa coma la Toscana. Se però si gratta la crosta dell'analisi più semplicistica e ci si astrae dalla situazione nazionale (débâcle complessiva del centrosinistra) si comprende che il miracolo compiuto da De Mossi, spinto dalla Lega, si basa anche su un autogol del centrosinistra. Il candidato ha avviato la sua corsa a primo cittadino di Siena sventolando la bandiera di Mps, ma con un messaggio completamente diverso dal Pd. Il primo ha detto da subito che la politica dovrà stare lontana dalla banca, il secondo schieramento ha invece strizzato l'occhio a tutti coloro che ancora speravano che la sinistra potesse contare qualcosa o addirittura influenzare l'istituto. Poi De Mossi è riuscito a compattare il centrodestra e ha portato a casa al primo turno 6.400 voti. Le ultime due settimane sono state movimentate. Innanzitutto si è mosso il Pd romano. Walter Veltroni, padre nobile dei Ds, ha premuto perché il sindaco uscente Bruno Valentini (Pd) si apparentasse con Pierluigi Piccini (ex Ds negli anni Duemila, ex sindaco di Siena ed ex manager di Mps) che al primo turno aveva ottenuto più del 20%. L'accordo (anticipato dalla Verità) si concretizza la scorsa settimana. Peccato che per diventare efficace avrebbe necessitato di una terza gamba. Cioè, dell'appoggio anche della lista civica guidata da Alessandro Pinciani di area Margherita. A far saltare tutto, giovedì scorso, ci pensano però due big renziani. Stefano Scaramelli, segretario regionale dem, e Luca Lotti, che non necessita di job title, hanno pensato bene di aggiunger il proprio addendum all'accordo di veltroniana impronta. Hanno chiesto che Piccini rientrasse con tutte e due le gambe nel Pd. E questa cosa ha fatta infuriare l'area della Margherita che si è opposta e ha sottratto i propri voti alla coalizione di Valentini. Risultato finale, De Mossi domenica sera ha vinto con 12.065 voti contro gli 11.687 incassati dall'avversario. Ha praticamente raddoppiato il risultato e il motivo è semplice. Ha mantenuto i voti provenienti da Forza Italia, Fdi e Lega. Ha racimolato un po' di consensi tra i 5 stelle (i rimanenti grillini si sono astenuti) e strappato all'incirca 3.000 voti dalla sinistra. Per esattezza dall'area dei Ds e della Margherita. In pratica una buona fetta di centrosinistra. Il ruolo di Lotti e della segreteria regionale in questo disastro sarà da analizzare ancor più in futuro. Intanto il capoluogo toscano ha dato un segnale chiaro. Non ha perdonato al Pd il fatto di aver perso una banca. Non solo di non averlo ammesso, ma anche di aver perseverato nei propri errori. A questo punto il neo sindaco si trova con grosse responsabilità. A breve cambieranno i vertici di Mps e la banca si sta preparando alle nozze. Potrebbe essere addirittura una banca straniera (Il Giornale ha scritto del Credit Agricole) ancor più di un istituto italiano, ma la strada è tracciata. Inoltre il 2019 sarà l'anno del consolidamento delle fondazioni bancarie. Che succederà a Rocca Salimbeni? Durante tutta la campagna elettorale De Mossi ha spiegato che non sarà mai un sindaco-banchiere. Il suo staff spiega che in questi giorni si occuperà soltanto del Palio. Poi da luglio riorganizzerà senza traumi il Comune. Nuove nomine ma in armonia con gli attuali dipendenti. Infine, chiederà che la fondazione di Mps si torni a occupare esclusivamente di terzo settore. A chi gli ha chiesto come si comporterà in caso di vendita a stranieri di Mps, la risposta è: «L'importante è solamente tutelare i posti di lavoro». Lo slogan della destra locale è stato: «Dopo 75 anni la dittatura del sorriso della sinistra a Siena è giunta al termine». Il motto è stato più azzeccato che mai. Si è chiuso un ciclo storico. Adesso però è tutto da ricostruire. Siena appare ancora frastornata, consapevole di aver perso la banca, il pilastro che l'ha tenuta in piedi per circa cinque secoli. Dovrà costruirsi una nuova spina dorsale. È una sfida mica da ridere.
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