2020-11-11
I dem foraggiati da Big Pharma. Oltre un milione proprio da Pfizer
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Joe Biden (Joshua Roberts/Getty Images)
È scontro politico negli Stati Uniti sul vaccino. Donald Trump è convinto che l'annuncio di Pfizer sia avvenuto a orologeria, per aiutare elettoralmente Joe Biden. «Come dico da tempo», ha twittato ieri il presidente in carica, «Pfizer e gli altri avrebbero annunciato un vaccino solo dopo le elezioni, perché prima non avevano il coraggio di farlo. Allo stesso modo, la Fda avrebbe dovuto annunciarlo prima, non per scopi politici ma per salvare vite umane!».Ben differente la posizione del Ceo di Pfizer, Albert Bourla, che in un'intervista ha negato che l'annuncio sia avvenuto in base a considerazioni di natura politica. E' indubbiamente difficile dimostrare in modo inequivocabile che il colosso farmaceutico abbia agito, tenendo conto delle dinamiche elettorali. Non si può tuttavia non sottolineare la stranezza della tempistica, visto che l'annuncio del vaccino è arrivato circa quarantotto ore dopo che la Cnn aveva assegnato la Pennsylvania a Biden, «incoronandolo» così vincitore delle ultime presidenziali. Eppure, al di là di questa considerazione, ci sono altri elementi che meritano di essere presi in esame. Cominciamo col ricordare che – specialmente negli ultimi mesi – Trump abbia intrattenuto relazioni particolarmente tese con Big Pharma: non solo si sono verificati battibecchi proprio sulla questione del vaccino, ma –a settembre– il presidente ha siglato un ordine esecutivo, volto a ridurre il costo dei medicinali. Un provvedimento che è stato duramente criticato dai colossi farmaceutici. In secondo luogo, vale forse la pena guardare a chi – nel corso dell'ultima campagna elettorale – Big Pharma ha deciso di dare la maggior parte dei propri contributi economici. Ed è qui che si rivelano particolarmente illuminanti i dati riportati dal Center for Responsive Politics: centro di ricerca apartitico con sede a Washington, che si occupa di tracciare i finanziamenti elettorali negli Stati Uniti attraverso il sito web Open Secrets. Ebbene, secondo l'istituto, nell'ultimo ciclo elettorale la preferenza di molti colossi del settore «Pharmaceuticals/Health products» si sarebbe nettamente orientata verso il Partito democratico.A livello generale, Big Pharma avrebbe versato un totale di 32,6 milioni di dollari all'asinello, a fronte di 19,8 milioni riservati all'elefantino: fatta eccezione per i cicli elettorali del 2008 e del 2010, si tratta della prima volta dal 1990 che i giganti del farmaco hanno dato più contributi ai democratici rispetto ai repubblicani: con la differenza che, nel 2008 e nel 2010, il vantaggio dei dem era inferiore ai 2 milioni di dollari. Entrando nello specifico dei singoli candidati presidenziali, Open Secrets riporta che il più finanziato dalle grandi aziende farmaceutiche sia stato Joe Biden con circa 6 milioni di dollari, seguìto – al secondo posto – da Trump con poco meno di 2 milioni. E' interessante a tal proposito un paragone con il 2016, quando Hillary Clinton ottenne da Big Pharma quasi 3 milioni e Trump 438.000 dollari. Una bella differenza dalle presidenziali del 2012, allorché il democratico Barack Obama e il repubblicano Mitt Romney erano sostanzialmente appaiati a quota 2.400.000 dollari. Tutto questo evidenzia che, pur essendo sovente dipinto come un acerrimo nemico della sanità pubblica, il presidente in carica non abbia mai granché riscosso le simpatie della grande industria farmaceutica. Coloro che invece della sanità pubblica dovrebbero essere i paladini sono stranamente foraggiati proprio da Big Pharma.Ma non è tutto. Perché il sito Open Secrets si è occupato anche di analizzare le principali aziende farmaceutiche che hanno versato contributi elettorali quest'anno. Su 20 società riportate, soltanto tre (Boston Scientific, Eli Lilly e Amgen) hanno dato ai repubblicani la quota maggioritaria dei propri finanziamenti (in media il 53% per cifre complessive non superiori a 1.400.000 dollari). Tra le aziende che invece hanno conferito maggiori contributi ai democratici figurano Pfizer (che ha riservato all'asinello il 59,2% delle proprie elargizioni totali, pari a circa 2.226.000 dollari) e Merck (che è invece a quota 57,8% del suo milione di dollari complessivo). Quella stessa Merck di cui –secondo quanto riferito dal New York Times in agosto – il marito di Kamala Harris, Douglas Emhoff, è stato in passato rappresentante legale per conto di Dla Piper. Tra l'altro, era luglio 2019 quando il sito The Intercept rivelò che la Harris (all'epoca candidata alla nomination democratica) avesse ricevuto donazioni da alti esponenti di alcune ditte farmaceutiche (tra cui la stessa Pfizer): un elemento che suscitò un certo imbarazzo alla senatrice. Va detto che non fossero cifre astronomiche, ma si tratta di un fattore che evidenzia comunque una non estraneità della vicepresidentessa in pectore nei confronti della galassia di Big Pharma. E pensare che il 31 luglio 2019, proprio la Harris - criticando durante un dibattito televisivo il piano sanitario di Biden - se la prese con le compagnie farmaceutiche, da lei accusate di fare troppi profitti! Evidentemente deve aver cambiato idea.
Getty Images
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