2023-06-07
Utero in affitto, ma non solo: i deliri del pride
Autodeterminazione di genere, sdoganamento del «sex work» e di «sessualità non convenzionali» pericolosamente ambigue. Il manifesto dell’evento arcobaleno di Roma è esplicito. E la Regione doveva leggerlo prima di cadere nella trappola del patrocinio.Forse la morale di questa surreale pantomima sul Roma pride è che, prima di concedere il patrocinio a una manifestazione bisogna leggere i documenti politici prodotti da chi li organizza. Purtroppo, però, non si fa quasi mai. Si preferisce fermare il pensiero alle banalità superficiali, si prendono per buoni i discorsetti da imbonitori sull’amore e la libertà, e il risultato è che ci si fa fregare. Funziona così da molto tempo: gli attivisti di ogni ordine e grado inventano formulette buone per il largo consumo che puntualmente vengono riprese da tutti i giornali e da tutti i politici e che servono a mascherare i veri obiettivi delle varie organizzazioni. Lo fanno i militanti green, si riempiono la bocca di belle parole sulla difesa della natura salvo poi proporre nemmeno troppo surrettiziamente un nuovo e più mortifero paradigma economico. E ovviamente lo fanno gli attivisti arcobaleno: parlano di amore, rispetto, tolleranza eccetera, ma in realtà sostengono la manipolazione e la mercificazione dell’umano. Per rendersene conto basta leggere, appunto, il manifesto del pride. Cosa che, con tutta evidenza, fino a ieri nessuno si è preso la briga di fare, a destra come a sinistra. E poiché nessuno lo ha letto è esplosa la pagliacciata di cui da un paio di giorni si discute. Il contesto è noto. La Regione Lazio, guidata da Francesco Rocca, ha concesso il patrocinio alla manifestazione arcobaleno. Qualcuno, tra cui gli esponenti di Pro vita, si è premurato di far notare che tra le rivendicazioni del pride c’è anche lo sdoganamento della maternità surrogata. A quel punto, la Regione ha ritirato l’appoggio istituzionale alla sfilata. Come prevedibile, a sinistra si sono scatenati. Secondo Alessandro Zan del Pd il disegno della destra è chiaro: «Rendere impossibile la vita alle persone Lgbt». Secondo Ivan Scalfarotto di Italia viva «sui diritti civili questa destra ha superato la linea invalicabile». Più o meno da ogni parte sono piovute accuse di omofobia, oscurantismo, barbarie e altre atrocità. Già questo atteggiamento è emblematico della mistificazione che regna sovrana. Dove sarebbero, di grazia, i diritti violati? E in che modo si renderebbe impossibile la vita agli omosessuali? Fino a prova contraria, il gay pride non è stato vietato. Semplicemente, sulle locandine potrebbe non comparire il logo della Regione (che, per giunta, gli attivisti hanno dichiarato di voler lasciare, fregandosene della retromarcia di Rocca). Inoltre - fatto non secondario - non esiste alcun «diritto» a far nascere bambini a pagamento strappandoli poi alle loro madri biologiche: l’utero in affitto è un reato, e sarebbe un reato persino propagandarlo. Chi frigna per presunte libertà negate è semplicemente patetico. Primo perché, lo ripetiamo, non è stata negata alcuna libertà: è stato concesso un patrocinio gratuito e condizionato, cioè legato al rispetto di alcune condizioni che evidentemente non sono state rispettate. Secondo perché a frignare sono associazioni che fino a oggi hanno esibito una intolleranza inaccettabile. Sono pronte ad attaccare violentemente chiunque non approvi in toto il loro pensiero, e sono sempre in prima linea a invocare la mordacchia. Giova ricordare, a tale proposito, che i manifesti di Pro vita contro l’aborto e persino quelli contro la surrogata vengono costantemente rimossi perché giudicati offensivi. L’ultima censura l’ha messa in atto proprio pochi giorni fa il Comune di Roma. Ebbene, non ci risulta che in quel caso qualcuno si preoccupi della «libertà negata». Insomma, riguardo al pride romano non c’è stata alcuna violazione: semmai c’è una scelta legittima della Regione, condivisibile nella forma e nella sostanza, esattamente come la decisione analoga presa dalla Regione Lombardia che a sua volta ha negato il patrocinio al Milano pride. Ieri Francesco Rocca - forse nel tentativo di rispondere alle accuse di omofobia - ha voluto aprire spiragli di trattativa. «Nicola Colamarino (portavoce del pride e presidente del circolo Mario Mieli, ndr) chieda scusa per la strumentalizzazione e la manipolazione, e immediatamente ridaremo il patrocinio», ha detto Rocca. «Non c’è spazio di mediazione per l’utero in affitto», ha aggiunto. «Il gay pride dovrebbe essere la festa di tutti, io mi ero raccomandato di non rivendicare posizioni che potessero essere lesive della morale comune». Manco a dirlo, gli organizzatori della sfilata gli hanno risposto picche: «Chiaramente non ci sarà nessuna scusa rispetto alle affermazioni di Rocca da parte del Roma pride», ha detto all’Ansa Colamarino. «Nessuno ha manipolato nessuno. Abbiamo solo fatto una richiesta formale alla Regione Lazio e loro hanno risposto con la concessione a titolo gratuito del patrocinio. Non c’è stata un’interlocuzione precedente. Forse probabilmente dovevano un po’ capire e conoscere quali erano le nostre istanze - che poi sono le stesse da anni - prima di accordare il patrocinio». Beh, su questa seconda parte il portavoce del pride non ha tutti i torti. Forse sarebbe stato il caso di leggere prima il manifesto politico della manifestazione, che è sostanzialmente identico a quelli degli ultimi anni. In quel documento, le istanze contestabili non riguardano soltanto l’utero in affitto. Ad esempio, nella parte dedicata ai trans, viene richiesta «l’approvazione di una legge sulla piena autodeterminazione delle persone trans, che prenda a modello quelle più avanzate esistenti nel mondo». Nei fatti, gli attivisti chiedono il riconoscimento del self id, cioè la possibilità di essere riconosciuti come maschi, femmine o «non binari» in base a una semplice autodichiarazione. Tradotto: per essere riconosciuti come donne dovrebbe bastare definirsi donne. Ecco perché si pretende l’adozione della «carriera alias» in tutte le scuole e in tutti i luoghi di lavoro. La giunta regionale di centrodestra approva queste richieste? In teoria non dovrebbe. Sarebbe curioso capire, poi, se tutta la sinistra le approvi. I leader del Pd che hanno annunciato di voler sfilare al pride condividono la richiesta dell’autodeterminazione di genere? Se è così, farebbero bene a spiegarlo alle numerose femministe (etero e lesbiche) che da anni la osteggiano pur non essendo di destra. E ancora. Sono favorevoli destra e sinistra alla modifica della legge sul cambiamento di sesso in modo da eliminare tutte le valutazioni mediche? Sono favorevoli alla liberazione del cosiddetto «sex work» (eufemismo per indicare la prostituzione e le sue varie sfumature)? Sarebbe interessante saperlo. Infine sarebbe interessante pure conoscere l’opinione degli esponenti della destra e della sinistra sulla lettera K. Un tempo, infatti, esistevano i movimenti di gay e lesbiche, mentre oggi esiste la «comunità LGBTQIAK+». La K in questione sta per «comportamenti e orientamenti kinky», ovvero forme di sessualità «non convenzionali». Scrivono gli attivisti del Roma pride: «La sessualità è rivoluzionaria ogni volta che è vissuta con consapevolezza e rispetto del consenso di tutte le parti coinvolte. Rifiutiamo - come del resto da anni fa la comunità scientifica - la patologizzazione delle sessualità non convenzionali, degli scambi di potere consensuali e lottiamo contro tutte le stigmatizzazioni e discriminazioni che quotidianamente colpiscono chi non pratica sessualità etero-normate». Non vogliamo certo muovere accuse infondate, ma questo discorso sulla sessualità non convenzionale e il consenso appare un po’ scivoloso. Perché la stranezza non dovrebbe essere un fatto politico ma si può senz’altro accettare, come no. Il problema è che la strada che, dalla lettera K, conduce alla lettera P non è poi così lunga, e occorre prestare molta attenzione. In ogni caso, era tutto scritto lì, nero su bianco. Basta leggere, riflettere e decidere di conseguenza. Lo ha ribadito persino Scalfarotto: il pride è sempre una manifestazione politica. E chi pensa che si tratti di una festa dell’amore e della libertà è una vittima (colpevole) della propaganda.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.