2021-09-12
I curricula senza pass vengono già scartati
Anche se i datori di lavoro non sono obbligati a richiedere il lasciapassare ai dipendenti, le agenzie interinali si portano avanti. E confermano: solo i candidati muniti di certificato verde ottengono il posto. Come è ormai indicato nero su bianco negli annunci.Alla fine, il green pass è finito nel curriculum dei lavoratori interinali. Sebbene non vi siano norme che obblighino i datori di lavoro a richiedere la certificazione verde o una qualche forma di garanzia anti Covid come il tampone, le aziende che hanno bisogno di forza lavoro in tempi brevi e per un periodo limitato già da tempo considerano la carta verde una «condicio sine qua non» per lavorare. Al pari della patente A o B, del possedere un'auto per spostarsi o del conoscere una lingua straniera. Si può dire, in pratica, che il mercato si sia autoregolato e abbia trovato una soluzione al caos che imperversa quando si parla di lavoro privato e green pass.D'altronde, al momento, ci sono regole da seguire solo per i clienti, non per i lavoratori che devono stare a contatto con il pubblico. Il datore di lavoro, infatti, ad oggi non ha per legge l'obbligo di controllare che la certificazione verde sia valida, né tantomeno che il professionista si sia vaccinato, né può obbligarlo a fare il tampone. Può però scegliere di chiamare a lavorare professionisti che rispecchino certi requisiti. Così facendo, il certificato verde è, di fatto, diventato obbligatorio per lavorare nel mondo degli interinali.Contattata dalla Verità, Assosomm, Associazione italiana delle agenzie per il lavoro, fa sapere che tra le linee guida consigliate agli associati c'è quella di richiedere il passaporto sanitario e che questo sia valido nel momento in cui si deve lavorare. Certo, in un ambiente privo di regole, ogni azienda fa a modo suo e, come spesso capita, quando le aziende sono più strutturate, lo sono anche gli accordi con i lavoratori.Openjobmetis, una delle maggiori agenzie di lavoro in Italia, interpellata dalla Verità, ha fatto sapere che, quando richiesto dall'azienda e dalla mansione (cioè nella maggior parte dei casi), richiede il lasciapassare verde nel curriculum, fattore imprescindibile per andare avanti nella fase di selezione. È il caso, fanno notare sempre da Openjobmetis, di uno degli ultimi annunci di lavoro pubblicati dall'azienda in cui è alla ricerca di 100 addetti alle pulizie per il polo espositivo Fiera Milano a Rho. «I requisiti per accedere alla selezione», si legge nell'annuncio, «sono l'autonomia negli spostamenti, la disponibilità a lavorare su turni diurni e notturni, feriali e festivi e il possesso del green pass per accedere al polo fieristico». Non funziona in modo troppo diverso anche nel caso di aziende più piccole, come possono essere quelle che operano nel mondo del catering. «Siamo consapevoli che non ci siano regole e quelle poche che ci sono cambiano continuamente e questo non fa bene ad alcun imprenditore», spiega alla Verità, Francesca Bellini, wedding planner e titolare de Il Castello ricevimenti, società di catering con sede a Caravaggio, in provincia di Bergamo. «Per questo abbiamo dovuto trovarci da noi una soluzione e abbiamo scelto di lavorare solo con persone che avessero il green pass. D'altronde, nel nostro caso, sono gli stessi clienti a chiedercelo», spiega. «Non possiamo inserirlo nei contratti perché per legge non siamo tenuti a chiederlo, ma nel circuito di lavoratori con cui opero ci sono solo persone con la certificazione verde. Ci è capitato, a volte che, oltre al pass, ci fossero luoghi dove operiamo in cui venisse istituita anche una zona tampone per gli ospiti. Sono, però, tutte iniziative del singolo imprenditore che non vuole problemi né con la clientela, né tantomeno con la legge. L'unica certezza è che se dovesse nascere un focolaio dove abbiamo lavorato, per noi sarebbe un problema molto grosso sia di immagine che di fatturato», spiega Bellini. Il tema della sicurezza tra i lavoratori interinali e che quindi devono essere chiamati a operare in tempi brevi è dunque molto spinoso. Va detto infatti che per ottenere un lasciapassare basta soddisfare uno dei seguenti requisiti: aver fatto anche solo una dose di vaccino, aver effettuato un tampone rapido o molecolare nelle 48 ore precedenti alla prestazione lavorativa o essere guariti da una infezione di Sars-CoV-2. Il che significa che anche una persona non vaccinata potrebbe avere una certificazione verde valida per poter svolgere un lavoro occasionale. I problemi sul tavolo però sono molteplici e nessuno del governo li ha mai chiariti. Chi paga, ad esempio, per fare un tampone che dia accesso al green pass in caso si venga chiamati a lavorare? Il professionista? L'imprenditore? Poiché le istituzioni non hanno al momento dato una risposta chiara, le agenzie di lavoro si sono attrezzate in autonomia. Può lavorare solo chi ha un green pass valido al momento della prestazione lavorativa. Chi non ce l'ha non lavora. Come, poi, la certificazione sia stata ottenuta non è affare di chi assume. Le legge, infatti, specifica che non si possa imporre la vaccinazione per i lavoratori che non l'hanno fatta, è possibile però decidere di lavorare solo con chi ha la certificazione valida. Nel caso dei lavoratori interinali, questa sta diventando la norma. Tanto che la richiesta viene messa nero su bianco già all'interno dell'annuncio di lavoro.
Fabrizio Pregliasco (Imagoeconomica)
Beppe Sala (Imagoeconomica)
Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini (Imagoeconomica)
Nino Cartabellotta (Imagoeconomica)