2019-05-26
I Conticini investono 800.000 euro in un grande albergo
I parenti di Matteo Renzi, già nella bufera per i soldi svaniti dell'Unicef, hanno puntato su una società di hotel, usando pure conti offshore. Puntava a diventare un grande immobiliarista, Alessandro Conticini. Su un investimento complessivo di 33 milioni di sterline, per la costruzione di un hotel resort a Edimburgo, in Scozia, il parente della famiglia Renzi, indagato per appropriazione indebita e riciclaggio, aveva sottoscritto infatti un prestito obbligazionario di 575.000 sterline (pari a 800.000 euro). A scoprirlo sono stati i militari della guardia di finanza e gli 007 dell'Unità informazione finanziaria di Bankitalia setacciando i conti correnti dell'uomo, segnalato fin dal 2012 per alcune operazioni bancarie sospette per centinaia di migliaia di euro. Prima di addentrarci però nei particolari finanziari della manovra che gli avrebbe consentito di diventare azionista dell'hotel scozzese, è il caso di lanciare uno sguardo alla struttura ricettiva, basandoci proprio sulle carte allegate all'inchiesta di Firenze. Di una in particolare, battezzata «Intercredit agreement», stipulata tra Alessandro Conticini e la «Red Friar Private Equity limited», la società che aveva avuto il compito di raccogliere i soldi sul mercato per poi trasferirli alla «Hanover leisure Fountainbridge», che avrebbe materialmente realizzato l'opera.L'albergo su cui aveva messo gli occhi Conticini si chiama «Urban Villa» e conta 194 camere-suite «long term» con servizio lavanderia e cucina in camera. Ciò significa che l'hotel offre una formula di permanenza lunga. Soggiorni di almeno un mese per uomini d'affari e professionisti costretti a pernottare più settimane nella capitale scozzese. L'albergo ha sei piani con ristorante, parcheggio da 45 posti auto e numerosi punti ove mangiare e bere, cui aggiungere anche un roof bar di lusso. Una piccola oasi di tranquillità nel cuore della capitale, a pochi passi dai mezzi di trasporto e dal centro conferenze. L'area prescelta è quella del distretto finanziario di Edimburgo, 6.000 metri quadrati nel quartiere di Fountainbridge. Nello schema di precontratto che gli obbligazionisti, Erica Jafari e Charles Cresser, hanno proposto al fratello del cognato di Matteo Renzi c'è anche un piano economico-finanziario stilato con una previsione di apertura nel 2018, indicazione che però è slittata a data da destinarsi per alcune difficoltà sorte nel frattempo. Secondo i calcoli dei costruttori messi nero su bianco nel precontratto, «Urban Villa» dovrebbe portare - a regime - a un fatturato di quasi 6 milioni di sterline all'anno con un profitto (detratti costi fissi e variabili) di oltre 3,1 milioni di sterline. Con questo trend di crescita, Conticini sarebbe rientrato dell'investimento in meno di 10 anni e avrebbe iniziato a guadagnare cifre importanti, nell'ordine di decine di migliaia di sterline, dall'undicesimo anno in poi. Invece, succede che appena quattro mesi dopo aver autorizzato il bonifico di 575.000 sterline alla «Red Friar» (settembre 2015) sempre Conticini chieda la rescissione del contratto e la restituzione dei soldi, che vengono riaccreditati sul suo conto nel gennaio 2016. Gli investigatori non spiegano perché decida di rinunciare all'iniziativa, probabilmente aveva ritenuto più interessanti gli investimenti, questi sì realizzati, in Portogallo e in Francia, dove di lì a poco acquisterà due ville e un palazzetto per la costruzione di quattro loft extralusso da 1 milione di euro l'uno.Le fiamme gialle di Firenze sono state impegnate mesi a ricostruire i passaggi bancari che hanno consentito a un normale volontario della Cooperazione internazionale - che nel 2002 dichiarava 935 euro di reddito - di diventare ricco con i soldi destinati ai bambini africani. Come raccontato da Panorama questa settimana, Conticini ha distratto dai conti delle sue associazioni umanitarie - prima la Play Therapy Africa e poi la International development association - milioni di euro per finanziare spese «personali» e «familiari» oltre che per investimenti di varia natura. Come l'extended stay hotel «Urban Villa», appunto. La cui provvista finanziaria da 595.000 sterline era stata alimentata, scrivono i finanzieri, dal «disinvestimento di prodotti finanziari e relativi interessi», per un ammontare di 2,250 milioni di euro, «precedentemente acquistati mediante l'impiego di risorse finanziarie derivante dalle varie organizzazioni umanitarie». Soldi stornati per sottoscrivere «il prestito obbligazionario» emesso dalla Red Friar «teso a sua volta a finanziare», come detto, la «Hanover leisure Fountainbridge» (mutuatario) per la realizzazione dell'albergo-resort. Studiando il precontratto, gli inquirenti non hanno potuto fare a meno di notare che «il prodotto finanziario strutturato», scelto da Conticini, è «regolato dalla legislazione del Guernsey», una piccola isola nel canale della Manica ritenuta «il paradiso fiscale più efficiente d'Europa» e rientrante nei paesi della black list internazionale. Non una novità per Conticini che, raccontano sempre le carte dell'indagine in cui è coinvolto insieme ai fratelli Luca e Andrea (quest'ultimo marito di Matilde Renzi, sorella di Matteo), aveva aperto conti correnti un po' ovunque, nelle località off-shore. Paradisi fiscali come Capo Verde, Seychelles, Nassau, Bahamas, Saint Lucia, Guyana e Trinidad e Tobago. Località che hanno pochi punti in comune con la beneficenza.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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