
Enrico Letta ringrazia il suo killer Matteo Renzi. Michele Serra si rilancia fra le braccia del traditore Beppe Grillo. E Concita De Gregorio elogia perfino le cariatidi diccì pur d'infamare i leghisti. Dimenticando che loro, per lo meno, i voti li hanno ancora.Hanno scambiato il 20 di agosto con l'8 settembre o, peggio, con il 25 aprile. Li vedi in televisione e senti che avrebbero voglia di strapparsi le mutande per la contentezza, sciabolano bottiglioni di champagne, bramano di lanciarsi per le strade e tirare giù le statue di Saddam Hussein appena caduto. Solo che il Saddam della situazione è Matteo Salvini, e di statue in giro non ne ha lasciate (per fortuna), al massimo qualche selfie. È imploso un governo, e nemmeno del tutto, e le catacombe si sono spalancate: sentite che miasmi esalano. Capita, sotto il sole del 20 agosto, d'imbattersi nel tweet del professor Enrico Letta, che si lascia andare alla tifoseria più sfrenata: «Ci ho sperato ma mai avrei immaginato regalo di compleanno migliore. Governo che si dimette e Salvini a casa. Grazie!». Strani contorcimenti della storia: Letta esulta proprio mentre torna in auge Matteo Renzi, cioè l'uomo che gli ha rifilato un cetriolone da manuale («Stai sereno!», e intanto da dietro armeggiava...). Ma funziona così, in questi giorni. La crema progressista si dà ai bagordi della Liberazione, senza aver vinto la guerra, anzi senza nemmeno averla combattuta. Gad Lerner in versione Bdsm gode nel vedere Salvini «pubblicamente preso a schiaffi» da Giuseppe Conte. Laura Boldrini s'è rifatta la messa in piega ed è pronta alla pugna contro «la peggiore destra di sempre». Michele Serra non vede l'ora di limonare con il suo vecchio sodale Beppe Grillo, e scrive: «Nessuno può affermare che una maggioranza giallorossa sarebbe più assurda o stramba o “contronatura" di quanto sia stata la maggioranza gialloverde». Massì: tout est pardonné. Ammazziamo il vitello grasso, poi tutti a brindare a casa di Claudio Cerasa, dove la congrega del Foglio offre «risate, spumante». Spumante quello della Lidl, ovviamente, per inaugurare il nuovo austero corso filogrillino. Se lo farà andare bene persino l'Elefantino festante. E se qui è la festa, figuriamoci se può mancare Concita De Gregorio, l'anima di ogni party come si deve. L'editorialista di tacco di Repubblica - al solito - deve distinguersi dalla massa. Dunque, mentre gli altri s'abbandonano all'orgia dell'entusiasmo, lei è comunque schifata. Chissà, forse è che a furia di arricciare il naso poi non riesci più a farlo tornare normale. Per l'occasione, la nostra si è esibita in una digressione psichiatrica. Del resto bastano un paio d'occhiali sapiosexual e l'aria da intellettuale e ti danno l'abilitazione da psicoterapeuta, come a Claudio Foti. Concita si esercita sulla «psiche dei dilettanti», che sarebbero Salvini e il suo ventre. Il suo articolo è più apocalittico dell'ultimo Giovanni Testori, un carnevale alla fine del mondo. La crisi politica diventa «un last minute show di giocolieri di strada. [...] Improvvisano, si regolano alla mezza giornata. Lo vedi nei volti desolati dei vecchi funzionari delle Camere, avvezzi alle regole del sacrificio e al decoro che danno senso all'istituzione, allo Stato». Addirittura: le istituzioni, lo Stato, signora mia, una parrucca, presto! Sarà mica che la De Gregorio si è scoperta democristiana? Serra diventa grillino e lei lo vuol superare al centro? Il dubbio viene, specie quando si legge questo brano di Concita: «Bisogna ormai rivolgersi a Rino Formica, a Paolo Cirino Pomicino per sentire parole sensate, analisi attendibili». Il problema, ci spiega l'illustre editorialista, è la «tenuta psichica» dei «dilettanti» (ancora per poco) al governo. «Gli attori sulla scena della crisi si distinguono tra quelli che hanno fatto pratica di freddezza e di pazienza, qualità indispensabili alla professione, e quelli che no», sentenzia la Psicoconcita. Ah, che piacere l'elogio della Prima Repubblica, della ferraglia democrista, dei mezzemaniche annidati nel Palazzo: loro sì che sanno come va il mondo, mica questi quattro pezzenti di leghisti. Ed è qui che, come sempre, la sinistra si frammenta. Divisa fra quelli che i grillini fanno schifo ma non troppo e quelli che fanno schifo e basta (ed è un po' la faglia che squarcia tutto il Pd, partito schizofrenico nonostante le cure della psicologa di fiducia di Repubblica). Unita però dal comune senso di trionfo per l'eliminazione del ministro dell'Inferno. Il tutto - va senza dirlo - trascurando qualche piccolo particolare. Primo: saranno pure in piena revanche, gli utili progressisti. Ma non è che godano di un larghissimo consenso presso il popolo italiano. Secondo: Salvini non è ancora morto, e lui un po' di voti ancora in saccoccia ce li ha. Quindi forza con le bottiglie e i petardi, ragazzi. Perché se poi il Truce metti sfiga che torna, si ride un po' meno.
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Dario Franceschini (Imagoeconomica)
L’ex ministro dem: «La maggioranza solleva odio». Walter Verini (Pd): «Sconcertante».
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Il portavoce della Santa Sede riferisce la posizione di Leone XIV, comunicata al nuovo ambasciatore Usa in Vaticano: «La violenza politica lo preoccupa, e pensa sia necessario astenersi dalla retorica e dalle strumentalizzazioni che portano alla polarizzazione».
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Il presidente della Repubblica ricorda Willy Monteiro Duarte e tra le righe manda un messaggio ai progressisti esagitati: datevi una regolata. Ma non ce la fanno: se a morire è un loro avversario, fioccano i distinguo e persino le giustificazioni.