2020-12-06
I bonifici dalla Cina all’azienda di bibite. La pista ecuadoriana nel mascherina-gate
Dayanna Andreina Solis Cedeno
La ditta gestita da padre e figlia sudamericani ha incassato 3,8 milioni di commissioni. Si muove anche l'Antiriciclaggio.Nell'inchiesta della Procura di Roma che sta indagando sul giornalista imprenditore Mario Benotti, accusato di traffico di influenze illecite, c'è un personaggio dal profilo sfuggente che, però, spunta ripetutamente nelle carte. Si tratta dell'ecuadoriano trapiantato in Italia, Jorge Solis, e della figlia Dayanna Andreina. La loro azienda, Guernica srl, viene citata nel decreto di sequestro dei pm capitolini perché, così come per la Microproducts It srl di Benotti, «non compare in alcuna lettera di commissione».Ma cerchiamo di inquadrare meglio i due protagonisti sudamericani della nostra storia. Scorrendo i loro profili Facebook si scopre che la ragazza, 22 anni, studia cinema a Roma. Nella didascalia della foto profilo, scrive in spagnolo qualcosa che suona più o meno così: «Ci sono occhi che illuminano certe scintille che accendono pistole che rompono i teschi». Guardando anche le immagini pubblicate su Instagram si scopre che la ragazza ama farsi ritrarre e viaggiare: tra le mete raggiunte, grandi metropoli come Parigi, ma anche borghi italiani tra cui Bomarzo (celebre per il parco dei mostri) e Bagnoregio. Nella breve descrizione su Facebook, papà Jorge racconta invece di essere un libero professionista, sposato, originario di Manta dove ha frequentato la locale università. Nell'immagine social condivide uno scatto in bianco e nero, dal tono natalizio (sullo sfondo è presente un albero pesantemente addobbato), con l'altro figlio. Il ragazzo che 48 ore fa ci aveva detto solamente che avremmo trovato il padre «forse il giorno seguente (ieri per chi legge, ndr)», salvo poi chiudersi in un ostinato «non so nulla». Prima di andarcene gli avevamo chiesto infine un numero di telefono del genitore: «Ha il cellulare rotto» era stata la sua unica concessione.Ieri prima dell'ora di pranzo abbiamo suonato di nuovo al citofono della villetta che si trova in un'area residenziale di Marina di Ardea-Tor San Lorenzo. Il cane di famiglia ha iniziato ad abbaiare, placandosi un po' solo dopo le presentazioni di rito. Solis ci ha concesso una manciata di minuti ma solo per ripetere più volte soprattutto in spagnolo e quasi mai in italiano: «Non voglio parlare con nessuno».Abbiamo accennato allora ai 3,8 milioni. «Non so niente. Voi siete giornalisti, parlate con la Procura». Poi il rimprovero: «Per favore non gridate che disturbate gli altri. Sapete che siete dei gran maleducati, venite a suonare a casa mia». E quindi la stoccata: «Chiamo i carabinieri». Gli abbiamo fatto notare che eravamo fuori dalla sua proprietà, lontani circa una decina di passi e separati da un muro alto almeno un metro e mezzo. «Per me potete stare lì tutto il giorno», ha detto sbrigativo. Allora, abbiamo avvicinato due amici nei paraggi. Dopo aver appreso che l'amministratore di fatto di Guernica srl è sotto inchiesta per un affare da 3,8 milioni di euro, uno ha sentenziato: «Bravo lui. Lo dico in maniera ironica», ha voluto però chiosare.Poco dopo abbiamo incontrato una coppia di mezza età. «Si sono trasferiti qui da tre o quattro anni. Lui è una persona solare, anche i figli quando li incontriamo salutano sempre, al contrario della moglie che è molto riservata. La sua villetta, la nostra ed altre quattro hanno in comune un pozzo. Quando c'erano da sborsare i soldi per le spese di gestione non ci sono stati problemi». Qual è il tenore di vita della famiglia? «Si vestono bene, specialmente i ragazzi. Solo una cosa», l'uomo ha inteso specificare, «non mi riesco a spiegare come faccia a cambiare una macchina al mese». Gli abbiamo rivelato, allora, dell'inchiesta a carico di Solis. Il nostro interlocutore ha riflettuto qualche istante e si è detto sorpreso perché lo ha visto «tinteggiare più volte l'abitazione, dato che spesso riceve delle persone che guardano la casa». Perché? «L'immobile è stato messo all'asta (pare per circa 148.000 euro, ndr), come altre unità immobiliari di questa via. Infatti è capitato che per sbaglio le persone contattino me». A questo punto, abbiamo provato a tornare alla carica con il gestore di Guernica. Peccato però che la Range Rover nera fosse sparita dal cortile. Abbiamo aspettato fino alle 14, quando insieme alla moglie è tornato dal supermercato. Gli abbiamo domandato ancora se conoscesse Benotti o Andrea Tommasi, l'imprenditore che ha incassato i milioni di euro per le maxi commesse cinesi. Nessuna risposta, solo il pollice alzato verso la camera del nostro cellulare. Una manciata di secondi dopo, in uno spagnolo troppo veloce, si è lamentato di qualcosa a proposito della nostra mascherina. Non ha voluto rivelare neanche il nome del suo avvocato. È entrato a casa ed è sparito.E ora parliamo un po' della loro «creatura». Oltre che nel decreto dei pm, Guernica srl è la protagonista anche della segnalazione che i risk manager bancari inviano, nell'agosto scorso, all'Unità di informazione finanziaria di Bankitalia. Una «radiografia» a tutto tondo sulla gestione della società e sulle opacità che la caratterizzano.Costituita il 28 marzo 2018, Guernica è «formalmente attiva nel commercio al minuto di bevande, olii e altri prodotti alimentari». Socio unico e amministratrice è, come detto, Dayanna Andreina Solis Cedeno. Nel documento è bollata come «mero prestanome» non potendo la giovane contare su alcuna «pregressa esperienza imprenditoriale» in grado di giustificare il successo dell'impresa. Infatti, annotano i dirigenti dell'istituto di credito che inviano l'esposto all'Antiriciclaggio, da maggio 2020 - quindi alla fine della prima ondata della pandemia - l'azienda ha incredibilmente preso a «registrare ingenti afflussi di denaro dalla Cina». In particolare l'attenzione si è concentrata su 4 bonifici per complessivi 1.800.000 euro «disposti dalla Wenzhou light industrial products arts & crafts import & export co ltd». Una grossa realtà cinese che si occupa della lavorazione di «materiali importati» e di «esportazione di prodotti finiti quali scarpe, vestiti, attrezzature mediche, borse, custodie, articoli fissi e per ufficio, articoli sportivi, apparecchi elettrici a bassa tensione, occhiali, accendini, hardware, stoviglie in acciaio inossidabile...».I pagamenti sono stati liquidati nonostante evidenti errori nelle fatture che presentavano una data incompleta, «con mese e anno» ma «non con il giorno», e comunque riconducibili a generiche «commissioni» che non collimavano «con l'attività svolta». Un giro d'affari – si legge nella segnalazione – «sproporzionato rispetto al capitale sociale versato» e alla stessa organizzazione societaria.Guernica non ha dipendenti e conta un attivo immobilizzato di 18.000 euro a fronte di un fatturato, nell'anno della costituzione, di appena 5.000 euro per circa 53.000 euro di «debiti consolidati» (mentre il bilancio 2019 al momento della «denuncia» non era ancora stato depositato). La sede, infine, «posta in prossimità di un cavalcavia», peraltro senza insegne né «segni esterni», non appare particolarmente funzionale per impegni di tipo operativo su vasta scala, dati i volumi d'affari.Ma ritorniamo al tesoretto incassato da Guernica srl. I risk manager bancari hanno ricostruito pure come la ditta ha speso quel che ha ricevuto dalla Cina. Circa 52.000 euro sono stati bonificati a una concessionaria d'auto di Roma per una Range Rover Evoque, probabilmente la stessa con cui Jorge è andato al supermarket. Analoga somma è stata girata come «pagamento» a tale Francesco L. di cui si ignorano ruolo e motivo della pretesa. Circa 11.000 euro hanno coperto la liquidazione di «consulenze» per lo più riferite a persone fisiche. Tra le uscite registrate dal conto della Srl ci sono pure 230.000 euro che la stessa amministratrice, Andreina Dayanna Solis Cedeno, si è riconosciuta come «restituzione prestito socio». Causale che gli 007 della banca non hanno potuto vivisezionare alla luce «dell'assenza di aggiornata documentazione di bilancio». Quel che resta, circa 1.439.000 euro sono stati, invece, messi al sicuro su un altro conto della società. Insomma, quasi al sicuro.