2024-01-09
«Ho perso il lavoro perché amavo Zenga»
La conduttrice e attrice Marina Perzy: «In pochi mesi abbiamo bruciato tutte le tappe, tornai alla “Domenica sportiva” soltanto sei anni dopo. Iniziai a “Portobello” e oggi sono ancora in Rai: preparo i programmi per il settantesimo. Ho “accompagnato” Sordi in paradiso».Come da sua auto-definizione, Marina Perzy è un’anima rock. Giovanissima, fece la modella. In Rai, dopo gli inizi come telefonista a Portobello, dal 1978 al 1983, ha inanellato ruoli memorabili accanto a Corrado (a Domenica in, Gran Canal e Fantastico 3), conducendo anche, con Claudio Cecchetto, un Festivalbar. Al principio degli anni Novanta divenne diva del mondo del pallone. È stata la prima donna a condurre la Domenica sportiva, con Gianni Minà. Milanese, classe 1955, manifesta verve comica e indole eclettica. Ha fatto l’attrice di teatro, cinema e fiction tv, la cantante pop, la conduttrice radiofonica, persino la pilota di rally, a livello agonistico. Irrequieta e audace, insomma, e sempre attratta dal mistero del destino e di chi incontriamo, se ci va bene angeli. Vive a Milano, ma sovente è a Roma.A cosa sta lavorando? «Sto partecipando alla preparazione di programmi per i 70 anni della Rai, tornerò a Rai 2. Sono entrata a 19 anni, a Portobello. Con Tortora ho lavorato alla prima edizione, in bianco e nero, e alla seconda, a colori. Ho sempre cose da proporre, format televisivi, podcast. Sto scrivendo un libro, Molte donne in una sola vita…».Come fu l’esperienza con Corrado a Domenica in 1978-79? «Ero piccola, tutto nuovo, il battesimo. Rivedendomi, facevo tenerezza, ero proprio timida. Corrado mi ha insegnato un mestiere. Mai sentito cose strane su di lui, ad esempio nei riguardi delle donne... Lo ricordo come un simpatico papà. Giocava, mi prendeva in giro. Ho incontrato i più grandi in un botto: Rino Gaetano, Gianni Morandi, Franco Califano. C’eravamo io, Solenghi, la Mazzamauro… Facevo l’attrice in diretta. Se ci penso ora, eravamo degli incoscienti, tutti».E il provino? «Nei camerini di Portobello imitavo Jerry Lewis e Sandra Mondaini per far ridere le altre telefoniste. Mi sentì un autore, Popi Perani: “Ma lei non vuole fare il provino per Secondo voi con Pippo Baudo il sabato sera?”. Al provino c’erano Grillo, Solenghi, Fioretta Mari, Teresa De Sio, tutti in erba con la loro valigetta. Presero Tullio, Grillo, la Mari e fecero Secondo voi, con Jinny Steffan, che Baudo prese al posto mio. Poi rivedono il provino e mi prendono a Roma per Domenica in al posto di Dora Moroni dopo l’incidente con Corrado, che all’inizio era convalescente e aveva il bastone».Al Centralone di Portobello voi ragazze pensavate di diventare famose? «Di quelle della prima edizione, io e Paola Ferrari siamo decollate. Sono certa che, se lo chiedo a Paola, con cui mi sento ancora, nessuna di noi, in quel momento, se l’aspettava».Eravate retribuite adeguatamente? «Eravamo pagate bene. E venivano versati i contributi. Adesso guadagnano solo alcuni. Allora anche il pubblico era pagato».Nella sua prima Domenica sportiva si sentiva valorizzata da Minà oppure valletta? «Ho voluto molto bene a Gianni, che conoscevo dagli anni Ottanta. Lui era più su sé stesso, sempre al telefono o affannato, faceva duecento cose insieme, calcio, box, Fidel Castro, Maradona… Cercava di farmi dei complimenti, ma mi confrontavo con un mondo di uomini, Agroppi, Panatta. Misero la Parietti a Telemontecarlo e io lì. Sdoganai la minigonna alla Domenica sportiva. Quando dovevo dire la schedina, era come una liturgia, come dovessi recitare Shakespeare, se sbagliavo tono mi uccidevano».Ma già prima era appassionata di calcio? «Beh, diciamo che ero già interista (ride). Alla Domenica sportiva non si poteva mai dire per che squadra tifavi. Prima, negli anni Ottanta, giravano poster di me con pantaloncini e maglia dell’Inter».Come no, quelli del Guerin Sportivo.«Ce l’ho il poster, mi faccio ridere, bionda con i calzettoni le scarpe da calcio. Comunque ho anche una seconda e terza squadra».Quali? «La Sampdoria, perché nell’anno dello scudetto con Vialli e Mancini andai a Genova con Gianni per condurre la festa, e poi il Napoli. L’azzurro c’è sempre».La sua relazione con Walter Zenga, allora portiere dell’Inter, generò un putiferio. Come vi conosceste? «Negli anni Ottanta avevo questa casa in centro a Milano, lo portò un amico giornalista, un pomeriggio. Io non ci pensavo neanche. Poi seppi che lui uscì dicendo: “Lei è la donna della mia vita”. Era guascone, simpatico, un po’ matto. A me i matti sono sempre piaciuti, quindi…».Quanto è durata la storia? «Non è tanto il tempo, ma l’intensità. Nel giro di pochi mesi abbiamo bruciato tutte le tappe, però io questa storia l’ho pagata un prezzo altissimo».L’allontanamento dalla Rai con successiva riabilitazione… «Tornai alla Domenica sportiva sei anni dopo. Maria Grazia Cutuli, su Epoca, mi fece una bellissima intervista».Come andarono le cose, in realtà? «In quegli anni, se una donna dello spettacolo aveva una storia con un calciatore, sembrava fosse un Ufo e quindi il direttore della Notte, Pietro Giorgianni, che ora è morto ma si comportò davvero da stronzo, fece partire lo scandalo. L’Inter sapeva della nostra storia. C’era il fermo partite di Pasqua. Un portiere della Nazionale aveva la febbre e Zenga sarebbe stato convocato per la prima volta. Non si trovava, era da me. Noi non facemmo nulla di male. La Notte era uscita a nove colonne dicendo che Walter Zenga aveva perso la Nazionale per colpa mia. Bastava chiamare l’Inter».Ci fossero stati i cellulari… Zenga era sposato? «Sì, con la prima moglie. Avevo una casa dove saremmo andati a vivere, lui arrivò al divorzio. Forse ci saremmo lasciati comunque, altre oggi avrebbero cavalcato l’onda. Fui convocata dall’Inter di Pellegrini, i giornali non mollavano, ci ho rimesso il lavoro, dopo si sono messe tutte con un calciatore».Lo sente ancora? «No, non ci siamo più sentiti, ma ne ho preso le difese anche perché so che ha avuto un’infanzia non facile».Ebbe una storia anche con il campione del mondo di off-shore Stefano Casiraghi, che poi sposò Carolina di Monaco e morì nell’incidente con il catamarano nel 1990… «Un signore, molto più grande, di testa, della sua età. Lo conobbi a Milano quando cercavo casa, aveva una società immobiliare. È uno di quelli che forse… Ma ero un po’ imprendibile. Era un protettivo, mi avrebbe sistemato, mi diceva: “Devi pensare a tuo figlio”. Ma avevo sempre la testa su Lavezzi (Mario Lavezzi, cantautore, ndr.). Le cazzate si fanno, tante volte ho pensato che, se avessimo proseguito, non sarebbe morto…».Lei si maritò a 19 anni, nel 1974, con Roberto Perzy, allora calciatore della Primavera dell’Inter, da cui ha avuto il suo unico figlio. Dopo il divorzio ha più pensato al matrimonio? «Lui, poi, si è risposato e ha fatto quattro figli. Non so se ho fatto bene o male, perché me l’hanno chiesto di sposarmi. L’ultimo rapporto è durato 14 anni, non è famoso, siamo amici. Ho fatto finire anche questo. Ho ancora l’ansia del vivere, ma mi rendo conto che la testa è quella lì, non ho pensato al tempo che passava, ma sempre al day by day… Sono ex pilota di rally, so guidare».Spericolata? «No, ma ho una guida sportiva, questo sì (ride). In macchina con me tutti mi dicono che si sentono sicuri. Sono gli altri che mi fanno paura, perché guidano male, non me».Che auto ha? «Bmw. Anni fa ho avuto anche la moto. Nell’anima sono rock».Com’è il rapporto con suo figlio, Pier Roberto? «Roby ha 48 anni, ora si è messo nel mercato immobiliare, ma è un creativo. È la mia famiglia, io e lui siamo la famiglia, non è che ne abbiamo altre. Quando facevo i poster avevo già questo bambino, l’ho cresciuto da sola, non mi hanno mai mantenuto, mai assegni dal padre».Com’era da bambina? «Sempre con questa faccia d’angelo. Mi facevano fare l’angioletto e la Madonna, mai il diavoletto, eccetto dalle suore, soffrivo molto, come adesso. A 9 anni non ho più potuto vedere mia madre, le scrivevo mega-lettere. Mio padre era prepotente. Non che abusasse di me eh, ma vietava. Uscii di casa combattendo con lui. Forse era geloso, avrebbe voluto un maschio. Era siciliano, mia madre del nord. M’impose di fare le magistrali, io avrei voluto studiare arte a Brera. Altre sarebbero finite dallo psichiatra, io forse ho avuto una stella sopra la testa…».L’ha perdonato? «Sì, già quand’era in vita, andavo a trovarlo. Non ho perdonato quelli della nuova famiglia. Non mi hanno chiamato e non l’ho potuto salutare. Mia madre è mancata nel 1988, mio padre 3 anni dopo».Ha fatto un bel programma su Radio 101, Angeli nella notte. Chi sono gli angeli? «Esistono gli angeli, esseri di luce, ma possono essere anche persone fisiche che incontri in un momento preciso in cui hai bisogno di una risposta. È come se qualcuno ci sentisse. Ho avuto magie bellissime. E poi i sogni…».Uno che l’ha colpita? «Alberto Sordi, che non ho conosciuto. Non sapevo che stava per morire. Lo sogno giovane, in bianco e nero. Gli stavano chiedendo dell’addio alla lira. Mi ritrovo tra i tetti di Roma. Tutti trafelati e vestiti di bluette. Dicevo: “Non ho un vestito adatto”. “Tu puoi entrare, sei un’attrice”. Stavano sorridendo e organizzando una festa. Mentre mi svegliavo, la stanza era piena di angeli in volo. Poi accendo la radio in macchina: “È morto Alberto Sordi”. La festa del sogno era come fosse per accompagnarlo in paradiso».Cosa vorrebbe dalla vita, ora? «Lavoro, in primis. Ed essere compresa per quella che sono. Nel 2012, quando mi hanno operato, ho rischiato la vita. Un oroscopo diceva che, dopo 12 anni, c’è il riscatto (sorride). E l’amore».