2018-10-16
«Ho messo all’asta Renzi ma lo vogliono solo i cinesi»
L'ex premier fa conferenze in Asia per 20.000 euro: «È il più caro fra gli italiani». Un senatore in attività va a Pechino? «Lo fa nel weekend per non saltare votazioni». Marina Leo, simpaticissima e affascinante imprenditrice napoletana, è socia e direttrice per l'Italia di Celebrity speakers, una delle più importanti aziende che organizza conferenze a pagamento.In vetrina ci sono personaggi italiani come Maria Grazia Cucinotta, Oliviero Toscani, Paolo Scaroni, Pierluigi Collina, Bebe Vio, Oscar Farinetti. Giornalisti, scrittori, economisti e persino un futurologo. Ma l'unico politico è il senatore del Pd Matteo Renzi. Benvenuti alla fiera degli oratori nostrani, quelli che vanno a parlare (quasi) di qualsiasi cosa. Purché ben pagati. Nella lista di Celebrityspeakers.it sono tutti presenti con foto, scheda di presentazione e tariffario. L'ex premier, come ha rivelato ieri Il Giornale, viene esposto con la mano gesticolante e le caratteristiche dell'articolo. Alla voce «cosa offre» scopriamo che mette a disposizione «la sua esperienza di amministratore locale e quella di leader nazionale che gli ha permesso di partecipare da protagonista ai consessi più importanti (assemblea Onu, Consiglio europeo, G7, G20)» e che ciò «gli consente di avere un doppio punto di vista: quello dei cittadini e quello dei leader mondiali». Mica cavoli. Dalla scheda scopriamo anche che «ha modernizzato l'Italia con una serie di riforme nel campo dei diritti civili attese da decenni» e che «ha guidato il Paese nell'uscita dalla recessione economica». Un italiano potrebbe restare perplesso, ma per fortuna i compratori sono quasi tutti cinesi. Il bugiardino non è terminato: «È considerato unanimemente un abile comunicatore». Estasiati dalla descrizione abbiamo cliccato sull'opzione «come prenotarlo?». Ci ha risposto da Rotterdam, dove vive, Marina Leo, simpaticissima e affascinante imprenditrice napoletana con un passato da insegnante di lingue, interprete e traduttrice. Lavora da 12 anni nel mondo dei conferenzieri a pagamento ed è socia e direttrice per l'Italia di Celebrity speakers, una delle più importanti aziende del settore, con quartier generale in Inghilterra. Porta in giro per il mondo premi Nobel, politici, sportivi di caratura internazionale. Passa giorni con loro e li conosce da dietro le quinte. Per esempio adora Joseph Stiglitz e detesta Jacques Attali, che per farsi perdonare la sgarbatezza le ha inviato dei profumi. Il telefono della Leo squilla: «Pronto».Buongiorno, questa mattina quanti vi hanno già chiamato per prenotare Renzi? «Che domanda… Renzi per la verità non ha molte richieste dall'Italia. Uno che lo vede in tv da mattina a sera perché dovrebbe cercarlo? Però stiamo lavorando molto con la Cina. Ci siamo già stati due volte, la prima a maggio, e ci torneremo il 27 ottobre».Vi ha chiamato qualcun altro? «Da Dubai. Renzi il 23 e il 24 marzo farà il relatore a un convegno sull'educazione organizzato dalla Varkey Foundation. Per ora non abbiamo in agenda nessun altro appuntamento fissato».Prima di Renzi ha contattato altri politici? «Ho bussato alla porta di Romano Prodi e di Mario Monti, quando era rettore della Bocconi. Mi hanno ascoltato ma alla fine non abbiamo avviato nessuna collaborazione».Il primo politico che è entrato nella scuderia?«Forse proprio Renzi». Quanto costa ingaggiarlo?«In questo momento 20.000 euro, ma dipende anche dalle zone. In Italia teoricamente potrebbe bastare una cifra inferiore. Poi dipende dal cliente, se è una grande banca o una multinazionale possiamo domandare anche di più».Son tanti 20.000 euro per circa 40 minuti di discorso.«Sembrano tanti, ma la metà se ne va in tasse e lo speaker deve pagare le persone che mettiamo a disposizione, in quei soldi c'è pure il compenso dell'agenzia. Renzi deve stipendiare anche una segretaria che mi affianca e comunque è il politico che prende meno».In definitiva quanto rimane in tasca ai conferenzieri?«Circa il 30%, ma non sono sicura».Potrei invitare Renzi a un evento organizzato da me?«Teoricamente sì». Anche al mio compleanno?«No, non verrebbe mai. Ma neanche io lo manderei».L'ex premier ha posto paletti? «No, faccio già io da filtro. Per esempio non lo manderei a parlare a una convention di produttori di armi. Io non lavoro con speaker contrari ai miei principi etici». Quali sono questi principi?«Ho le mie idee, ho votato i radicali e per esempio non prenderei mai con me uno della Lega o Berlusconi. Quest'ultimo me lo hanno chiesto, avrei guadagnato tanto, ma non ho nemmeno provato a contattarlo».Quali sono i politici più pagati? «Gli ex presidenti americani, da 250.000 in su». Per essere invitati i governanti devono aver terminato il mandato?«Non possono essere ingaggiati mentre sono in carica». Ma Renzi è in attività…«Quando è andato in Cina è stato molto criticato perché è senatore e avrebbe potuto saltare delle votazioni, ma lui va nei weekend, quando non ha impegni istituzionali».Qual è il momento ideale per fare il conferenziere?«Un politico vale molto di più appena ha lasciato l'incarico. Quando la gente si dimentica di loro, crollano i prezzi». Qual è l'oratore italiano più caro in questo momento?«Forse proprio Renzi».E qual è il connazionale più gettonato?«Oscar Farinetti. È un relatore bravissimo anche se sa 100 parole d'inglese e per questo fa ridere. A un grande evento internazionale è stato premiato come il miglior speaker in assoluto».Il fondatore di Eataly a quanto viene via?«Poco… 12-13.000 euro».Come ha agganciato Renzi?«Chiesi a Farinetti di mettermi in contatto con lui, visto che sono amici».Ci ha messo tanto a convincerlo?«Assolutamente no».Perché l'ha cercato?«Mi piaceva come personaggio, aperto e dinamico. È veloce nel parlare, ma non necessariamente di politica. In Cina ha discusso di big data, di blockchain. A Pechino, invitato da un mio cliente, ha parlato anche della Via della seta e quindi dei rapporti Europa-Cina, nei settori dell'università, del lavoro, dell'energia, e questo è stato il discorso forse più politico. Tra 11 giorni parlerà di branding innovation a Chongqing nel Sichuan». Ha qualche aneddoto?«È molto preso dalle sue cose. Mentre viaggia scrive, legge, ha l'agenda piena. Non è molto rilassato, è flessibile con le richieste, anche simpatico, però a livello personale non c'è molto da raccontare, ha slot strettissimi. Altri sono più distesi».In passato qual è stato l'italiano più «prenotato»?«In assoluto in tutta la nostra agenzia a livello mondiale è stato l'ex arbitro Pierluigi Collina. In Georgia ha ricevuto vere ovazioni, c'era la fila per gli autografi».Chi non ha mai accettato di fare conferenze a pagamento?«Umberto Eco. Lo abbiamo cercato tutti quanti per anni, ma non ha mai detto di sì».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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