2025-01-09
Harakiri Ue: 1,5 miliardi a Tesla e ai cinesi
Per rispettare i limiti sulle emissioni stabiliti dal Green deal ed evitare le multe del 2025, molte case europee acquisteranno certificati verdi da chi produce più auto elettriche: Musk e Volvo (gruppo Geely). Renault attacca: l’Europa si sta indebolendo.Di una cosa si può essere ben sicuri: se c’è un modo per farsi male da soli, l’Europa difficilmente se lo lascerà scappare. E se si tratta del dossier automotive, la vocazione autolesionistica di Bruxelles raggiunge vette epiche. L’ulteriore conferma è arrivata dalla normativa che dal 2035 imporrà lo stop ai motori a combustione interna diesel e benzina. Mille volte si è parlato dei danni che un limite temporale stringente sta provocando al settore e al suo indotto in termini di compressione dei volumi e dei posti di lavoro, ma qui siamo oltre. Per settimane soprattutto La Verità ha spiegato che si è formato un asse di 15 Paesi Ue, capitanati dall’Italia, che chiedeva di rivedere i limiti sulle emissioni previsti dal regolamento CO2 delle nuove auto. Per il 2025, i paletti imposti dall’Europa prevedono un taglio del 15% delle emissioni rispetto al 2021. Obiettivo impossibile da raggiungere perché vorrebbe dire che un quinto delle auto vendute sarà elettrico. E visto che il mercato dei veicoli a batteria latita e che siamo sotto quota 15%, va da sé che a breve scatteranno le sanzioni. Parliamo di 95 euro di multa per ogni grammo di CO2 che superi il tetto: secondo le stime Acea (l’associazione dei costruttori di auto europei), un salasso che supera di poco i 15 miliardi di euro. C’è ancora una speranza che il pressing della coalizione dei «volenterosi» possa raggiungere l’obiettivo di congelare le multe e rinviare al prossimo anno il rispetto dei limiti previsti per il 2025, ma le ultime uscite del commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra, hanno decisamente smorzato gli entusiasmi. Il nuovo telebano del Green deal ha spiegato che «l’eventuale modifica delle norme sui target ambientali per il 2025 causerebbe una distorsione delle condizioni di parità e porrebbe i produttori che si sono detti fiduciosi della possibilità di conseguire i propri obiettivi in una posizione di svantaggio competitivo».Sarà, certo che la strada che adesso sta prendendo corpo rischia di falsare ancor di più la concorrenza tra le case dell’automotive. Si stanno infatti formando dei consorzi di produttori con l’obiettivo di evitare le multe. Le case più in difficoltà con la vendita di auto elettriche, infatti, potrebbero acquistare i certificati verdi dalla case che invece riescono a produrre e a piazzare sul mercato più veicoli a batteria. Rientrando così nei paletti del Green deal Ue. Una sorta di gioco delle tre carte.Come sono composti questi consorzi? Da una parte c’è la Tesla di Elon Musk che farà gruppo con altri cinque produttori, tra cui Stellantis, Toyota, Ford, Mazda e Subaru. Dall’altra Mercedes-Benz, Volvo, Smart e Polestar che stanno formando una seconda «squadra».Secondo i calcoli della banca d’affari Ubs, se i numeri dovessero restare questi, solo nel 2025 Tesla potrebbe incassare dagli altri produttori del suo pool più di un miliardo di euro grazie alla vendita dei certificati, mentre Volvo (fa parte del gruppo cinese Geely come Polestar e Smart) supererebbe i 300 milioni di incassi. Parliamo di stime e di un processo in fase avanzata, ma se dovesse andare in porto vorrebbe dire che l’Europa per non sospendere o rinviare le norme che si è auto-imposta sta regalando ai suoi concorrenti - Tesla, ma soprattutto il produttore cinese Geely - circa 1,5 miliardi di euro. Una follia. Anche perché i dati non sono affatto definitivi. Le case automobilistiche che volessero unirsi al team Tesla hanno tempo fino al 5 febbraio, mentre la data da segnare con il circoletto rosso per chi ambisce a entrare nella squadra cinese di Geely è quella del 7 di febbraio. Insomma, il regalo Ue potrebbe essere anche più sostanzioso. Tant’è che i produttori più assennati non hanno perso tempo e hanno evidenziato il danno che l’Europa si sta infliggendo. Renault per esempio. Il gruppo francese ha confermato che si impegnerà a rispettare le più severe norme Ue sulle emissioni di CO2, ma ritiene che le case automobilistiche che mettono in comune le loro emissioni potrebbero indebolire l’industria europea. Proprio per questo Parigi è tornata in pressing su Bruxelles. «Senza una posizione chiara da parte della Commissione», ha sottolineato l’azienda, «i produttori sono costretti a prendere decisioni controproducenti come l’acquisto di crediti dai concorrenti. Tutto ciò sta portando all’indebolimento dell’industria Ue». Decisamente più duro il ministro italiano Adolfo Urso. «Per sfuggire alla tagliola delle multe», ha evidenziato il titolare dell’Industria che da mesi si sta prodigando per una revisione delle regole Ue, «le case hanno tre vie, tutte suicide: ridurre la produzione di auto endotermiche per scendere sotto la proporzione fissata tra vetture elettriche vendute e auto endotermiche; aumentare la vendita di auto elettriche nella propria rete, certificando e vendendo le auto importate dalla Cina, o comprare le quote di crediti CO2 da Tesla e altri attori. In ogni caso si accelera la crisi della produzione europea». Intanto con Stellantis si ricomincia da dove c’eravamo fermati nel 2024. L’azienda ha infatti annunciato che dal 3 al 16 febbraio partirà un nuovo periodo di cassa integrazione ad Atessa. Coinvolti 1.500 lavoratori. E meno male che i furgoni rappresentavano la «parte» messa meglio della filiera.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)