2024-04-16
«Troppi regali alla Cina. Ora Bruxelles imbocchi la neutralità tecnologica»
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
L’assessore lombardo Guido Guidesi: «C’è grande confusione nel settore automotive. Che assist a Pechino con il solo elettrico, puntiamo sull’innovazione».La neutralità tecnologica, dal punto di vista industriale, è la chiave di volta per una rivoluzione verde intelligente. «Questo vuol dire utilizzare l’ingegno delle imprese, delle filiere, delle università e della ricerca per raggiungere gli obiettivi ambientali con tutte le possibilità di trazione; ci sarà una mobilità fatta di elettrico, sì, ma anche una fatta del motore endotermico, alimentato a biocarburanti, e anche dall’idrogeno». Queste le parole di Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia.Il principio della neutralità tecnologica è stato approvato nel documento finale redatto al termine del G7 dei ministri dei Trasporti in relazione alla transizione verde. Un concetto che le appartiene molto, visto il percorso che sta portando avanti da diversi anni in Regione Lombardia, soprattutto sul tema dell’automotive. «Siamo molto contenti di questa cosa perché, quando siamo partiti nel tentativo di voler riaprire razionalmente e con certificazioni scientifiche il dibattito (sulla transizione verde, ndr), il nostro focus non era quello di eludere gli obiettivi ambientali (stabiliti dall’Ue, ndr) ma raggiungerli attraverso la libertà d’azione. La neutralità tecnologica è uno dei requisiti principali all’interno di un mercato. Il fatto che il G7, dopo due anni dal lavoro iniziato in Regione Lombardia, abbia formalizzato un documento che parla di neutralità tecnologica nel settore automotive, ci rende assolutamente orgogliosi». Automotive che, però, sta subendo le politiche ideologiche dettate dell’Ue in tema di transizione verde: in che situazione si trova, dunque, questo settore? «In uno stato di estrema confusione. La confusione è dovuta a delle indicazioni irrazionali e irrealistiche della Commissione europea rispetto al tema del solo ed esclusivamente elettrico. Il mercato non si può permettere di avere un’unica soluzione. È una situazione di estrema iniquità, visto che non tutti i consumatori si possono permettere un’auto elettrica. L’automotive ha fatto la fortuna economica dell’Europa ma, al momento, l’unica cosa certa è ciò che fin qui ha fatto l’Europa, cioè un assist clamoroso all’economia cinese».C’è, dunque, un possibile rimedio ad anni di politiche poco lungimiranti portate avanti dalla Commissione Ue o, secondo lei, è già troppo tardi? «Non è troppo tardi ma abbiamo davvero poco tempo per cambiare la situazione. Le risorse che sono state messe sull’elettrico sono tantissime e possono essere usate sullo sviluppo di una mobilità in piena neutralità tecnologica. Una parte di quelle risorse noi le vediamo investite, per esempio, nell’innovazione tecnologica che può dar vita a miglioramenti anche dal punto di vista della sicurezza dei mezzi del futuro. Il punto è che noi vediamo una pluralità di trazioni, cioè tante possibilità di mobilità, non solo l’elettrico».Come vorrebbe che fosse, quindi, il futuro dell’automotive? «Lo vedo in un continente senza ideologie. Il messaggio deve essere questo: caro cittadino europeo, muoviti come vuoi, l’importante che non inquini. Questo si traduce in una neutralità tecnologica dal punto di vista industriale, che vuol dire utilizzare l’ingegno delle imprese, delle filiere, delle università e della ricerca per raggiungere gli obiettivi ambientali con tutte le possibilità di trazione: elettrico, idrogeno, biocarburanti, ecc. Tutto ciò che servirà e sarà utile per muoversi in maniera sostenibile, insomma, salvaguardando però due fattori: l’economia, dal punto di vista della salvaguardia delle aziende e dei posti di lavoro, e la possibilità di spesa dei consumatori. L’auto non deve essere un privilegio ma una possibilità accessibile a tutti i cittadini europei. Noi su questo stiamo lavorando da due anni e abbiamo trovato nel governo, come si vede in questi giorni, un alleato».Neutralità tecnologica che risulta essere fondamentale per il futuro dell’automotive e per mettere in piedi una transizione verde intelligente. «Sì, assolutamente sì. Io non ho mai opposto questo quesito alla Commissione, ma se noi domani dovessimo inventare un motore per un’auto che anticipa i tempi dal punto di vista degli obiettivi ambientali, non potremmo svilupparla perché è stato deciso che solo l’elettrico raggiunge quegli obiettivi. Questo vuol dire limitare completamente la ricerca, l’innovazione e tutto quello che può anticipare i tempi e che viene espresso grazie alla capacità, all’ingegno e al capitale umano».Quando si parla di automotive non si può non pensare a Stellantis, ai legami che questa realtà aveva con il nostro Paese e alla situazione attuale non favorevole per diversi stabilimenti italiani. «Parliamo di un’azienda che è stata italiana e che non lo è più. Una parte di produzione è ancora in Italia ma, purtroppo, non fa più lavorare la filiera della componentistica italiana e questo è un dato un dato di fatto. Oggi siamo in questa situazione. Prendo atto del fatto che non abbiamo più un costruttore italiano, abbiamo un costruttore francese che qualcosa fa ancora in Italia, non facendo però più lavorare le imprese italiane».
lUrsula von der Leyen (Ansa)