2021-05-28
Guerra in Toscana tra governatori rossi
Eugenio Giani ed Enrico Rossi (Ansa)
L'ex presidente accusa il successore Eugenio Giani per l'inchiesta sulle concerie di Pisa: «O è complice o è irresponsabile». Vannino Chiti, in Regione fino al 2000, chiede che intervenga Enrico Letta. Ma il Pd fa finta di niente. Una nuova indagine sulla società di igiene ambientale.Volano stracci nel Pd toscano. Dove il caso delle concerie della provincia di Pisa ha fatto da detonatore alla resa dei conti: tra «pizzini» a mezzo stampa, post sui social network, e accuse reciproche si stanno delineando gli schieramenti sul campo di battaglia. In palio, chi gestirà il potere del partito o di quel che ne resta. Perché la somma di molte debolezze non fa una forza ma ognuna di esse, con il proprio seguito, lotta per continuare a tenere le mani sul territorio. Ad alimentare l'incendio è stata la seduta di mercoledì mattina del Consiglio regionale che ha votato all'unanimità dei presenti - con la defezione della leghista Elisa Tozzi uscita dall'aula prima della conta - la legge che elimina l'emendamento approvato nel maggio scorso, finito al centro dell'inchiesta della Direzione distrettuale anti mafia che indaga sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nella regione. La norma, proposta come primo firmatario dal consigliere regionale del Pd Andrea Pieroni (indagato per corruzione), prevedeva di allentare i controlli sull'attività degli impianti di depurazione degli scarichi industriali delle concerie. Su proposta della giunta presieduta da Eugenio Giani, che all'epoca dell'approvazione del vecchio emendamento era presidente del Consiglio regionale, si è arrivati dunque alla cancellazione della norma. Al Nazareno, la segreteria nazionale guidata da Enrico Letta (nato a Pisa) per ora fa finta di nulla, tutto tace a livello di dichiarazioni ufficiali anche dalle parti dei renziani in riva all'Arno. A parla re è stato però Enrico Rossi. Per l'ex governatore della Toscana, il suo successore Giani «o è complice» di chi avrebbe voluto agevolare lo smaltimento dei reflui tossici della lavorazione delle concerie o è «un irresponsabile». E sempre secondo Rossi, Giani da presidente del Consiglio regionale non avrebbe rispettato la legge. Accuse pesantissime, per il momento lanciate attraverso i microfoni della tv regionale Telegranducato. Insomma, Giani dice che l'emendamento nel mirino della Procura fu difeso dalla giunta Rossi che risponde parlando anche di «porcheria» fatta dal Consiglio regionale allora presieduto da Giani. Va ricordato che Rossi oggi è in corsa per la candidatura alle elezioni suppletive di Siena dove si è dimesso Pier Carlo Padoan per andare a presiedere Unicredit. Il clima avvelenato che si respira nel partito però si intuisce anche dal pesantissimo j'accuse di un altro presidente di Regione nonché ex ministro per le Riforme nel governo Prodi, Vannino Chiti. In un'intervista sul Tirreno Chiti interviene per la seconda volta sulla vicenda sparando siluri contro tutti. Contro il Pd, che «ha sbagliato ad archiviare così in fretta la questione concerie. Letta dovrebbe intervenire». Contro l'intera sinistra definendo il caso concerie «emblematico di un processo di regressione» ed evocando la questione morale di Enrico Berlinguer». Chiti punta il dito su due aspetti di questa vicenda: «Uno riguarda l'azione della magistratura, che deve essere autonoma, e poi c'è una questione politica, e sulla politica il silenzio è assordante. Il partito avrebbe dovuto immediatamente aprire un confronto per spiegare cosa era successo, come si era sviluppato quell'emendamento, perché si è sostenuto e approvato in quelle condizioni, quali sono stati gli errori». Solo dopo 40 giorni dall'esplosione del caso, infatti, la segretaria del Pd toscano Simona Bonafè ha convocato una direzione e ci sono esponenti del partito, come l'ex assessore all'Ambiente Federica Fratoni che ritengono il dibattito dannoso per il distretto. «Non più tardi di cinque anni fa si sarebbero riuniti i circoli delle zone, il provinciale, il regionale, sarebbe intervenuta la segreteria nazionale», ricorda lo stesso Chiti. Che sprona Letta a parlare, «ma non perché è toscano. Perché questo è un fatto politico grande e il modo di governare in Toscana è fondante della credibilità del partito».Tra tuoni e fulmini c'è anche chi tenta di fare da pompiere (sempre a mezzo stampa) come Dario Parrini, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, originario dell'empolese valdelsa, ex sindaco di Vinci e supporter renziano, che difende su tutta la linea il Pd e il governatore Giani. E stoppa Rossi («basta attacchi scomposti, serve rispetto») assicurando che gli «anticorpi ci sono». Sarà, eppure ieri è scoppiata una nuova bufera su Alia spa, la società di igiene ambientale della Toscana: 9 tra dirigenti e funzionari sono stati interdetti dai pubblici uffici. I provvedimenti, da 3 a 12 mesi, sono stati disposti dal gip su richiesta della procura di Firenze, nell'ambito di un'inchiesta su presunti reati ambientali, relativa in particolare alla gestione di rifiuti speciali non pericolosi. Sottoposte a sequestro preventivo alcune aree dell'impianto polo tecnologico di San Donnino (Firenze), gestito da Alia. Sono stati interdetti l'ad di Alia Alessia Scappini, il responsabile di un impianto ed ex assessore all'urbanistica del Comune di Sesto, Franco Cristo, il responsabile di un secondo impianto Antonio Menelaou, il responsabile del settore smaltimento e rifiuti della Quadrifoglio Alessandro Grigioni, Francesco Tiezzi e il direttore tecnico della Torricelli spa Marino Poggi. Nell'inchiesta è indagato il dg di Alia Livio Giannotti. L'operazione scaturisce da un'indagine dei carabinieri avviata nel 2016 .