2020-09-11
Gualtieri vede due Pil ma ignora il supereuro
Roberto Gualtieri (Ansa)-
La moneta unica, salita fino a 1,19 sul dollaro, danneggia le esportazioni e riduce le commesse tedesche. Il ministro però continua a parlare di ripresa a doppia cifra pure per l'export. E la Lagarde: «Il tasso di cambio non è parte dei target della politica Bce».L'inguaribile ottimista Roberto Gualtieri insiste con il rimbalzo del Pil nel terzo trimestre. Ieri il ministro dell'Economia ha parlato di un «probabile incremento congiunturale a due cifre» agganciandosi ai dati sulla produzione industriale diffusi dall'Istat, in occasione della presentazione del rapporto di Sace sul commercio estero. Secondo Gualtieri i numeri sulla produzione industriale di luglio confermano che la ripresa dell'attività produttiva dopo le chiusure di marzo e aprile «è significativa». Poco importa se con un incremento mensile del 7,4%, che è doppio rispetto alla previsione del consensus, siamo ancora al di sotto, di 8 punti percentuali, rispetto al luglio del 2019: per il ministro «si avvalora la tesi di un forte rimbalzo». Un calcolo curioso e facile da smontare considerando che la produzione industriale interna non basta comunque a colmare le perdite precedenti (ad agosto dovremmo fare un improbabile +5,6% per pareggiare). E che, in base alle stime, nel 2020 la flessione si attesterà complessivamente all'11,3%, la più grave dal 2009. Non solo. Mentre a Roma si dibatte su come utilizzare le risorse del Recovery fund quando ancora non sono entrate in tasca (e passeranno mesi), nel secondo trimestre la stessa Istat prevede una netta contrazione congiunturale delle esportazioni per tutte le regioni italiane a causa del forte calo di aprile: -28,2% per il Sud e le Isole, -26,6% per il Nord Ovest, -23,2% per il Nord Est e -23,1% per il Centro. Nei primi sei mesi dell'anno le performance negative di Piemonte (-21,2%), Lombardia (-15,3%), Veneto (-14,6%) ed Emilia Romagna (-14,2%) spiegano i due terzi della flessione su base annua dell'export nazionale. Gualtieri sembra non voler guardare oltre i confini nazionali. La sua tesi del rimbalzo omette sempre un particolare non di poco conto: il super euro. Che si riflette sulle esportazioni extra Ue e può portare il primo partner commerciale dell'Italia, ovvero la Germania, ad approvvigionarsi meno da noi. Ieri, però, il tema è stato posto sul tavolo del dibattuto europeo dalla presidente della Bce, Christine Lagarde. Che ha lasciato invariati i tassi di interesse annunciando di voler continuare gli acquisti di debito con il programma per l'emergenza pandemica Pepp da utilizzare «per intero», ma ha incluso per la prima volta (sottolineandolo) il tasso di cambio nella sua dichiarazione introduttiva. «Nell'attuale scenario di elevata incertezza», si legge nel documento, «il consiglio direttivo valuterà con attenzione le informazioni in arrivo, inclusi gli sviluppi sul mercato dei cambi con riguardo alle sue implicazioni sull'outlook di inflazione di medio termine». Un chiaro segno di preoccupazione: «Il consiglio direttivo ha discusso l'apprezzamento dell'euro ma il tasso di cambio non è un target della nostra politica monetaria», ha detto la Lagarde nella conferenza stampa successiva alla riunione del board, aggiungendo però che Francoforte monitorerà con «attenzione» la situazione per quanto riguarda gli effetti sull'inflazione. Insomma, si sono accesi i radar sull'effetto di attenuazione dell'inflazione a medio termine sull'apprezzamento dell'euro. «E poiché il mancato raggiungimento degli obiettivi di inflazione sono già previsti, un significativo apprezzamento dell'euro non sarebbe ovviamente gradito», sottolinea Ulrike Kastens, economista di Dws. La soglia di 1,20 (ieri l'euro è salito fino a 1,1975 dollari, per poi assestarsi poco sotto 1,19) sembra diventare il livello di guardia. In vista della prossima riunione della Fed del 16 settembre è possibile che gli operatori riprovino a testare il limite. Per il resto, dalla Lagarde non è arrivata alcuna novità di politica monetaria, come largamente previsto, ma è giunta una sostanziale conferma del quadro di previsioni fornito a giugno. Riguardo all'andamento dell'economia, la presidente della Bce ha definito «forte» il rimbalzo in atto sebbene permanga un alto livello di incertezza legato in larga misura a come procederà la pandemia. A questo proposito la Lagarde ha sottolineato come la ripresa dei contagi nei mesi estive rappresenti un «vento contrario» per l'outlook di breve termine. A fronte di questa incertezza, la Bce ha pubblicato le proiezioni di tre scenari differenti per l'evoluzione dell'economia nel triennio al 2022. Nello scenario centrale, quello di riferimento, l'economia è attesa a un calo dell'8% nel 2020 (lievemente meglio del -8,7% previsto a giugno) con una ripresa al ritmo del 5% nel 2021 (da +5,2%) e del 3,2% nel 2022 (da +5,3%). Confermate invece le stime di inflazione per il 2020 e il 2022 rispettivamente allo 0,3% e all'1,3% mentre è stata migliorata dallo 0,8% all'1% quella per il 2021. Francoforte non ha dunque ritenuto di dover modificare il pacchetto di misure in atto e la maggioranza degli economisti si attende che occorrerà aspettare dicembre per quello che è considerato un probabile aumento della dotazione del Pepp.
Jose Mourinho (Getty Images)