2024-04-28
L’Ue indaga in ritardo sulle turbine cinesi. L’allarme Usa: «Le gru di Pechino ci spiano»
Gru cinesi in costruzione nello stabilimento della Zpmc di Changxing (Getty Images)
L’Europa accende i fari sui contributi statali all’eolico. Intanto, Biden ha bandito dai porti le strutture Zpmc, presenti anche qui.Dopo gli scanner cinesi negli aeroporti, Bruxelles mette nel mirino le turbine eoliche. Come abbiamo scritto venerdì scorso, l’Ue ha messo sotto inchiesta Nuctech, società controllata dallo Stato cinese che produce scanner per i controlli in aeroporti, porti e stazioni e che ha vinto 160 gare in Europa. Nuctech è stata estromessa dagli Usa per timori legati alla sicurezza e Bruxelles sospetta che l’azienda possa aver ricevuto sovvenzioni estere che potrebbero distorcere il mercato interno. I fari si accendono però anche sulle turbine, come dimostra una stretta sul fronte degli incentivi. Facciamo una premessa: il regolamento sulle sovvenzioni straniere (Foreign subsidy regulation, in breve Fsr), entrato in vigore il 12 luglio 2023, è stato concepito per contrastare le distorsioni nel mercato interno dell’Unione europea attribuibili agli aiuti finanziari concessi alle imprese che operano nell’Ue da governi extra Ue. Ebbene, il 9 aprile, la Commissione europea ha avviato la sua prima indagine d’ufficio ai sensi dell’Fsr nel settore delle turbine eoliche. L’obiettivo è quello di determinare se i produttori cinesi che vendono in Bulgaria, Francia, Grecia, Romania e Spagna beneficiano di sussidi esteri che distorcono il mercato interno. Questa indagine arriva subito dopo le indagini approfondite a seguito di notifiche in casi di appalti pubblici relativi a locomotive per treni e pannelli solari, rispettivamente il 16 febbraio e il 3 aprile. La Ue è in ritardo rispetto ai principali partner commerciali nella produzione di chip per computer, pannelli solari, turbine eoliche e anche veicoli elettrici. Come dimostra anche la raccomandazione che arriva dalla Corte dei Conti europea sul ritardo dell’industria europea delle batterie rispetto ai concorrenti asiatici che rischia di non far raggiungere i target al 2035 fissati da Bruxelles in termini di utilizzo di auto elettriche. Di qui la necessità di nuove misure legali per combattere quella che percepisce come concorrenza sponsorizzata dallo Stato. Non essendo riuscita a stabilire una quota significativa di pannelli solari prodotti nella Ue nel mercato interno (meno del 3%), la Commissione non vuole che la storia si ripeta nel settore delle turbine eoliche. In ballo, però, c’è anche un problema di sicurezza e di intelligence che riguarda i prodotti cinesi. A fine febbraio il presidente Usa, Joe Biden, ha deciso di avviare un’indagine sulle tecnologie utilizzate nelle auto e nei camion elettrici connessi a Internet e provenienti dalla Cina, sulla base dell’ipotesi di minacce alla sicurezza nazionale per l’invio di informazioni sensibili a Pechino. Perché oggi un’auto intelligente, soprattutto se ha a bordo le cosiddette «black box», raccoglie e fornisce ai vari attori interessati (dalla casa produttrice, all’assicurazione, al noleggiatore) una miriade di dati: geolocalizzazione, velocità, consumi, comportamento di guida, ma anche statistiche nell’utilizzo di contenuti del sistema di infotainment, numero di persone trasportate, carichi, eccetera. Senza dimenticare i sensori e telecamere che monitorano anche parzialmente l’ambiente esterno. Non solo. Già a marzo 2023 un’inchiesta del Wall Street Journal aveva rivelato che i funzionari Usa sono sempre più preoccupati che le gigantesche gru di fabbricazione cinese che operano nei porti sparsi nel Paese, compresi quelli utilizzati dai militari, possano fornire a Pechino un possibile strumento di spionaggio. Alcune fonti del Pentagono hanno paragonato le gru ship-to-shore realizzate dal produttore cinese Zpmc a un «cavallo di Troia» perché contengono sensori sofisticati in grado di registrare e tracciare la provenienza e la destinazione dei container, suscitando preoccupazioni che la Cina possa acquisire informazioni sul materiale spedito dentro o fuori gli Stati Uniti per supportare le operazioni militari americane in tutto il mondo. Le gru potrebbero anche fornire un accesso remoto a qualcuno che cerca di interrompere il flusso di merci. A fine febbraio di quest’anno Biden ha firmato un ordine esecutivo, seguito da una serie di procedure federali obbligatorie, per aumentare la sicurezza informatica dei porti americani, rafforzando l’autorità del Dipartimento della Sicurezza Interna e della Guardia Costiera per affrontare il cyber risk nel settore marittimo. Il Comitato per la Sicurezza Nazionale della Camera Usa afferma di aver scoperto uno schema di installazioni di dispositivi sospetti sulle gru Sts di costruzione cinese presenti in quasi tutti i porti container americani. Sarebbero state scoperte decine di gru con modem non identificati collegati ai loro sistemi elettronici. Vedremo se la stretta della Ue si allagherà anche alle gru. Di certo, la Cina produce quasi tutti i nuovi container di spedizione del mondo, Zpmc afferma di controllare circa il 70% del mercato globale delle gru e di aver venduto le sue attrezzature in più di 100 paesi. Le enormi gru, gestite tramite software di fabbricazione cinese, vengono generalmente consegnate completamente assemblate ai porti. Zpmc opera anche in Italia con una srl creata nel 2017 che ha sede a Vado Ligure (Savona) ed è stata scelta da Apm Terminals quale partner strategico per i servizi di assistenza continuata del nuovo terminal container Vado Gateway. Inoltre, Pechino ha un importante servizio di raccolta dati sulle spedizioni chiamato Logink, utilizzato anche in Italia nei porti di La Spezia e Marina di Carrara.
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