Grillo rivuole la tv per nascondere i guai del figlio Ciro e le casse in rosso

Ha bisogno di un palcoscenico. Beppe Grillo ha fatto due conti e ha scoperto che gli manca quel magico spazio sopraelevato comprensivo di ribalta e sipario. La ribalta gli serve per tornare a far ridere, il sipario chiuso per eludere meglio lo scandalo di famiglia, quello dell'accusa di violenza sessuale al figlio Ciro e ai suoi amici da parte di due ragazze. Dopo un anno di sonno, l'inchiesta di Tempio Pausania si sta muovendo, e la direzione è pericolosa. Anche se l'alleanza con il pervasivo potere piddino ha aiutato il fondatore del Movimento 5Stelle a evitare la diffusione di scabrosi dettagli giudiziari (tipo quelli non risparmiati, perché mai, ad Alberto Genovese), il caso è di nuovo sui giornali. Serve una mossa. Serve un sipario tirato e lui davanti a catalizzare nuovamente l'attenzione.
Poiché al tempo del Covid non c'è mezzo teatro aperto, Grillo ha deciso di tornare in tv, oggi miglior palcoscenico esistente; riesce perfino a trasformare grigi virologi in allegri tuttologi. Così il papà del grillismo pensa al rientro. Lo racconta da mesi agli amici, ieri lo ha fatto capire esplicitamente il suo manager, Aldo Marangoni, all'agenzia AdnKronos. «Un ritorno non lo smentisco, anche se è prematuro parlarne. Sicuramente Beppe sta riflettendo su possibili scenari futuri, siamo in una fase di ragionamento generale, di più non posso dire». Un non identificato dirigente pubblico pentastellato, interpellato da Il Foglio, aggiunge: «Ha contatti avviati con un colosso della tv, vedremo. Da amico gli ho detto: vai, divertiti, spacca tutto e fregatene del movimento».
Sarà anche un colosso, il network che freme per dare spazio con uno spettacolo a puntate nel 2021 ai deliri terrapiattisti, antiscientifici e infelicemente in decrescita di audience di Grillo. Ma non è certamente la Rai dove è ancora in vigore un vecchio e granitico veto, dove i giornalisti avvicinatisi al movimento stanno frettolosamente rientrando nei ranghi calducci della sinistra ortodossa. E dove, da garante dei 5Stelle al governo, lui avrebbe un conflitto di interessi grande come il cavallo morente di Francesco Messina. Non è sicuramente Mediaset, a meno che Silvio Berlusconi non abbia cambiato idea rispetto a quella che «di grillini non ne assumerei mai, neppure per fargli pulire i bagni dell'azienda».
Nessun progetto è sulle scrivanie nemmeno di Amazon Prime o Netflix. Ed è improbabile che sia La7 di Urbano Cairo, attento ai conti, ai cachet e al politicamente correttissimo. Più facile Tv9 Discovery, che non è la Bbc ma ha linea editoriale e interpreti (Chef Rubio, Andrea Scanzi, Pif, Roberto Saviano, Vladimir Luxuria) molto compatibili con il pensiero grillesco.
La notizia è interessante perché Grillo, che ha 72 anni, manca dalla televisione generalista da 27. Un'assenza lunghissima dai tempi del Beppe Grillo Show trasmesso su Raiuno nel 1993, ultima apparizione. In uno spettacolo teatrale qualche tempo dopo definì Biagio Agnes «magnaccia» e invece di un contratto ebbe in premio una querela con richiesta di risarcimento danni per 10 miliardi di lire. Gli abbonati di Telepiù se lo ritrovarono in palinsesto per quattro anni (dal 1998 fino al 2001) con il discorso di San Silvestro all'umanità, subito dopo quello del presidente della Repubblica, del quale il Pierino di Sant'Ilario faceva la parodia. La ricreazione finì quando il network passò a Rupert Murdoch. Lui però si guadagnò la piastrella sul muretto di Alassio; per un comico ligure non c'è nulla di più importante.
A suo modo il rientro sarebbe televisivamente epocale, con il rischio di ritrovarci fra le tonsille un altro Adriano Celentano da interpretare fra solipsismi e calembour. Chi ha scandagliato nel sottobosco grillino per capire i contorni del nuovo capriccio del capo, evidenzia che alla base del possibile rientro ci sarebbe anche una certa necessità economica. Le cause in corso sono ancora tante. E se quelle del Pd - sempre pronto a difendere le linee di principio - sono state chiuse dall'alleanza parlamentare, c'è un mondo là fuori che preme a soldi.
Ci sono gli offesi dalle sue battute sul palco dello show Terrapiattisti (interrotto dal virus cinese), ci sono gli avversari politici che si sentono diffamati, ci sono i delusi per non essere stati candidati nella grande infornata del 2018. Fino a qualche mese fa a pagare una quota di querele era Rousseau, ma dopo lo strappo di Davide Casaleggio quell'ombrello protettivo non c'è più.
Così i Grillo studiano le carte. Mentre il nipote Enrico, avvocato penalista, si occupa di quelle del cugino Ciro, l'Elevato dal vaffa si occupa di quelle relative al grande ritorno, per ora abbozzate. Ad aumentare la voglia di rimettersi il berretto a sonagli (che in verità non si è mai tolto) è anche il disamore per la sua creatura politica. Bertoldesco nei modi, Beppe è intellettualmente furbo. Quindi è il primo a sapere che il movimento nato per «aprire il parlamento come una scatola di tonno» è diventato una corrente postdemocristiana affamata di poltrone che regge il moccolo al potere catto-dem, vale a dire il più vecchio, ambiguo e compromesso con quei poteri forti che lui voleva abbattere. Meglio tornare a far ridere in Tv per dimenticare la tragedia.






