
Il fondatore del Movimento arringa i parlamentari, come aveva già dovuto fare meno di un mese fa. Gian Luigi Paragone è il caso più esposto, però il problema vero è un altro: la crepa aperta dai tre passati alla Lega. Beppe Grillo affronta con il solito passo da bersagliere il gruppone del «circo mediatico» che lo insegue, e non risparmia nessuno, soprattutto i giornalisti: «Avete anche dei microfoni che odorano di aliti pazzeschi! O forse avete voi degli aliti pazzeschi! Io non posso stare insieme a voi così!». E via. Pensavi ad un'altra giornata di retroscena, di video para sovietici, di indiscrezioni che filtrano. E invece non è stato nulla di tutto questo. Per la terza calata del Garante sul «suo» Movimento, nella terza campagna consecutiva da agosto ad oggi nulla è stato nascosto. Tutto è ormai in chiaro, tutto sulla scena. A Bibbona la svolta che fece nascere il governo giallorosso fu ricostruita con le indiscrezioni e racconti indiretti. Dopo l'incontro con Di Maio di novembre, la sostanza di quel faccia a faccia, ovviamente, non era racchiusa nel video «ufficiale» scherzoso e goliardico che lo documentava. Invece, per il tagliando «pre-verifica» (lui odierebbe la definizione, ma questo è) Grillo entra in campo con tutta la sua forza e apre esplicitamente - addirittura - alle sardine. Elio Lannutti, presidente della commissione per un giorno viene sacrificato per ragion di Stato (mossa astuta e perfida di Matteo Salvini, sponsorizzarlo: di questi tempi la sua investitura è stata come una lettera scarlatta nel Movimento). E l'anatema verso i fuoriusciti serve per serrare i ranghi con chi resta. In primis Gianluigi Paragone, il più leale, ma anche il più visibile degli oppositori. Grillo dà indicazioni sulla linea persino al premier Giuseppe Conte, che si ritrova in prima fila a prendere nota. E le voci si inseguono tutto il giorno per capire se ci sarà una nuova fuga di parlamentari o no. Quelli con più esperienza, come Danilo Toninelli, puntualizzano. E l'ex ministro dice: «Guardate che non c'è nulla di strano, Grillo aveva detto che ci sarebbe stato ed eccolo qui. Bene che lo faccia, meno male». E l'apertura alle Sardine? Toninelli, che è appena tornato in auge nel comitato dei facilitatori, sorride: «Ehhhh!!!.... Beppe dice che non bisogna lasciare che nessuno ci metta il cappello sopra: bene, giusto, a me pare una cosa di buonsenso. Il resto ce lo mettete voi». E tuttavia, anche plasticamente, l'immagine è quella di un leader che entra nella cristalleria senza troppi riguardi e che vuole provare, ancora una volta, a trascinarsi dietro il Movimento. Che spera possibilmente di orientarlo nel suo momento più difficile, quello in cui i pentastellati sono attraversati da scosse di terremoto. Gruppi parlamentari che implodono, attivisti che protestano o scalpitano. A risentirle con attenzione anche le frasi sapide dette da Grillo sulle Sardine sembrano avere una accezione rivolta all'interno, della serie: a buon intenditor poche parole. «Quello», ha detto il Garante, «è un movimento da tenere d'occhio, non si facciano mettere il cappello sopra da nessuno. È una cosa interessante, un movimento di igiene salutare, igienico-sanitario». L'immagine (batteriologica) non è causale: spiega bene due sentimenti che chi conosce Grillo avverte nel leader in queste ore. Un senso di nostalgia per i giorni in cui tutto era più facile, prima di tutto. E poi la paura del «virus», lo choc per il tradimento plastico, quello prodotto dai tre senatori che hanno strappato. La lista degli espulsi che abbiamo conosciuto in questi anni è lunga e variegata, ma l'immagine del senatore Stefano Lucidi che disserta su La7 a Tagadà e ride dicendo di sé: «Io non sono certo uno che sale sul carro del perdente, anzi» è un programma. Quel sorriso Scilipotiano alludeva e faceva paventare manovre più profonde. Non basta l'anatema di Luigi Di Maio che chiede «quanto sono stati pagati». Da Favia in poi i dissidenti in passato venivano espulsi, possibilmente uno ad uno: stavolta se ne vanno in maniera organizzata raccontando senza pudore di avere ricevuto altre offerte. Prima venivano spediti nei gruppi misti con prove di forza. Adesso si muovono verso il «nemico salviniano», come correndo verso una scialuppa. Ecco perché per contenere l'eresia non basta un tradizionale serrate i ranghi, gli anatemi. Sulla commissione c'è la sensazione plastica della battaglia che si anima in queste ore. Lannutti è bombardato da un fuoco concentrico, colpito dal fuoco nemico e tuttavia non vuole mollare. Chiede di vedere Grillo (insieme al vecchio amico Antonio Di Pietro), lo ottiene in questo pomeriggio in cui accade di tutto. All'uscita difende la sua candidatura con unghie e denti: «Non volevo neppure accettare: me lo hanno chiesto, mentre io facevo il tifo per Paragone. Ma poi, con le procedure del M5s, mi hanno scelto. Dunque io sono il candidato e non farò passi indietro». La sensazione è che tutto accada in diretta, senza filtri, e che tutto turbini intorno al guru (rogne comprese). Alle 19 tutti corrono da Beppe, inizia l'incontro con i senatori. Come ai vecchi tempi: per un terzo arringa e show, per un terzo seduta di autocoscienza, per un terzo rito di escorcistico, e forse quasi mesmerico intorno a questo corpo che soffre ed entra in fibrillazione. L'ultimo raid di Beppe era stato il 23 novembre, ieri non era passato nemmeno un mese. Uscendo dalla riunione, in serata, molti parlamentari, dopo la lavata di capo senza precedenti, non riuscivano a capire cosa fosse peggio: che «Beppe» se ne andasse ancora (senza poter risolvere i problemi, come la volta scorsa). O che restasse, fustigando gli apostati e i dubbiosi. «E non so cosa sia meglio o peggio», mi confessa in off record uno dei dirigenti di prima fila, «perché nel primo caso i problemi non si risolvono. Nel secondo si risolvono ma qualcuno, anche tra di noi, si farà male». Sullo sfondo il problema dei problemi da risolvere nelle prossime ore: cosa fare in Emilia con il Pd a gennaio.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





