2022-07-16
Grillini spappolati sul ritiro dei ministri. Intanto altri 20 bussano a Di Maio
La delegazione non vuole schiodarsi. Giuseppe Conte è convinto che Mario Draghi mollerà: «Teme la stretta sul gas». Oggi la riunione dei gruppi.Il Draghicidio dei contiani va avanti nel caos. Il giorno dopo lo strappo in Senato, ben rappresentato dal caso del ministro Stefano Patuanelli che non si vota la fiducia ma la chiede a Conte, nei 5 stelle è un tutti contro tutti. Con il neo-responsabile napoletano Luigi Di Maio che, mentre accusa Giuseppe Conte di «colpire Draghi per vendetta» personale, aumenta le sue truppe di una ventina di deputati. Mentre l’ex premier e «avvocato del popolo» riunisce il consiglio nazionale e punta tutto sull’autoeliminazione dell’attuale premier. «Secondo me, mercoledì si presenta in Parlamento, direttamente dando le dimissioni da solo», confida Conte ai fedelissimi. A ringalluzzire un Conte per molti versi senza una vera bussola, paradossalmente, è stata la nota congiunta di Carroccio e berlusconiani, che in mattinata fanno sapere: «Lega e Forza Italia prendono atto della grave crisi politica innescata in modo irresponsabile dai 5 stelle che, come ha sottolineato il presidente Mario Draghi, “ha fatto venir meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”». «Loro comunque, senza di noi, vedono solo le urne e la crisi di governo», ne ha ricavato Giuseppi, convinto che a questo punto non servano altri passi perché Draghi avrebbe capito che un bis a trazione centrodestra sarebbe insostenibile per il Pd, e quindi infattibile. Perciò si leverebbe di torno spontaneamente, «anche perché neppure a lui piace l’idea di gestire un autunno senza gas», chiude il ragionamento l’amministrativista foggiano.Il problema è che se solo Conte si voltasse, vedrebbe che a lui non manca solo il gas, ma proprio l’aria, con un Movimento totalmente spappolato, tra governisti, malpancisti, sfascisti e dimaiani. Mentre in serata si riunisce il consiglio nazionale di M5s, ansioso di uscirsene con una linea chiara e univoca, per tutto il giorno la cacofonia delle voci grilline impazza. Il ministro degli Esteri, ormai parla di «un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale». Di Maio avverte che «se da mercoledì andiamo in ordinaria amministrazione non potremo fare quasi più nulla di ciò che serve per superare la crisi economica. Parlo del decreto di 15 miliardi contro il caro bollette. Non abbiamo i poteri per fare la legge di bilancio e andremo in esercizio provvisorio. Non abbiamo più il potere negoziale ai tavoli internazionali per ottenere il tetto ai prezzi del gas. È da irresponsabili non capirlo». Per l’uomo della Farnesina, insomma, «se Conte ritira i ministri, l’esecutivo è finito». L’equazione non è formalmente impeccabile, ma la sostanza è questa. Ed è anche sostanza il fatto che tutti, nel Movimento, si aspettino che nelle prossime ore escano allo scoperto pro Di Maio altri 12-15 onorevoli e 4-5 senatori. Insomma, Conte rischia di avere una scissione con metà degli attuali gruppi parlamentari. Il numero che ossessiona la truppa grillina in questo frangente è il «12», ovvero quanto prenderebbe il partito secondo gli ultimi sondaggi riservati. Si tratta di un terzo del 2018 e si deve anche al taglio dei parlamentari varato in questa legislatura. Con questa legge elettorale, e con un accordo con il Pd, sarebbero sicuri di un collegio uninominale solo Di Maio in Campania e il ministro Federico D’Incà in Veneto, più una parte soltanto dei dimaiani di oggi. Simbolo della confusione grave che attanaglia anche la compagine ministeriale è il caso di Stefano Patuanelli, già nello scorso governo dato «in quota Pd», tendenza Benetton-Autostrade. Giovedì mattina non si è votato la fiducia, poi in serata ha detto a Conte che bisognava votare la fiducia al governo di cui fa parte. Il suo capo di gabinetto alla Politiche agricole, Francesco Fortuna, in queste ore ripete a tutti: «Noi stiamo con il Quirinale e con Draghi». Non a caso, il braccio destro di Patuanelli è un fedelissimo di Ugo Zampetti, segretario generale della Presidenza della Repubblica. Incedibile anche la giornataccia del suo arcinemico interno, ovvero Riccardo Fraccaro, contiano tiepido ma forte di un rapporto solido e diretto con Beppe Grillo. Fraccaro prima ha messo in chat un’immagine di Conte in versione Salvini al Papeete nell’estate 2019. Poi, quando l’hanno vista tutti, fa rimuovere la storia e afferma che «è stato un errore». Non è stato un errore, invece, ma un chiaro segno dei tempi e delle affinità elettive, la dichiarazione del ministro della Salute, Roberto Speranza: «Auspico che il governo vada avanti con M5s». Urge quarta dose, ma di realtà. L’ala governista grillina è pronta a tutto per non andare a casa e chi una cadrega nel governo dei Migliori passa la giornata a smentire, o far smentire, che intenda dimettersi o che Giuseppi l’abbia chiesto ad alcuno. Dall’altra parte, non sembra che Conte voglia innescare la marcia indietro anche se spera che Draghi faccia tutto da solo e gli semplifichi il lavoro, magari insieme al centrodestra. Intanto si terrà oggi alle 15, via Zoom, l’assemblea degli eletti M5s. Comunque vada, la soglia del ridicolo pare già ampiamente sorpassata con la pochade delle dimissioni dei ministri.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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