2025-06-10
Greta si imbarca per salvare il mondo e avvelena il mare con scorie inquinanti
Prima del fermo, Thunberg & C. hanno gettato gli smartphone in acqua per tutelare i sodali. Alla faccia della retorica green.«Il mio nome è Greta Thunberg e vengo dalla Svezia. Se vedete questo video significa che sono stata intercettata e rapita dalle forze di occupazione israeliane». L’attivista, che al foulard verde ora preferisce la kefiah, si è portata avanti registrando un video dai toni drammatici da lasciare ai posteri. Usa il verbo rapire sapendo da brava comunicatrice quale è che avrebbe subito incendiato i social e le piazze dei pro Pal. La nave in realtà è stata fermata prima che entrasse nelle acque della Striscia di Gaza, dove era diretta per portare qualche aiuto umanitario, e fatta attraccare al porto di Ashdod in Israele. Greta non ha però tenuto conto che anche l’Idf avrebbe diffuso delle immagini che se guardate con occhi super partes smontano un tantino il racconto anti sionista. In una foto in particolare si vede una soldatessa dell’Idf di spalle che porge un panino. In primo piano c’è lei con un cappellino antipioggia, la faccia da ragazzina, un giubbotto salvagente e nessun braccio alzato col pugno chiuso. L’esatta sintesi di ciò che rappresenta il feticcio Greta, e di ciò che ha rappresentato negli ultimi anni nel racconto tanto caro a Bruxelles e all’Onu della transizione green. Ed è proprio su questo tema che a Greta è sfuggito un altro dettaglio che invece i video delle telecamere presenti sulla barca hanno immortalato con precisione. Prima dell’arrivo dei gommoni dell’Idf, l’equipaggio prende i cellulari e li getta in mare. Sono tutti smartphone. Chiaramente l’obiettivo è non doverli consegnare ai militari. Così attenti al futuro del mondo e degli oceani (in queste ore a Nizza c’è la conferenza mondiale dell’Onu per la biodiversità dei mari) si fanno sfuggire il gesto più inquinante di tutti. Buttare in acqua dei device. Per produrre le batterie servono nichel, grafite, litio, cobalto, manganese e rame, oltre a tutti i dispositivi chimici per l’estrazione. Il 70% delle emissioni di gas serra è conseguenza degli scavi: per una batteria da 500 chili si smuovono 225 tonnellate di terra. Otto cellulare contengono qualche decina di grammi di batterie e quindi quegli smartphone finiti in fondo al mare rappresentano qualche chilo di terra rivoltata che non sarà mai più utile per l’agricoltura e l’azzeramento della possibilità di avviare l’economia circolare. Ciò che Greta per anni è andata in giro a propagandare. Ovviamente noi non siamo talebani green e quindi pazienza. Ma il gesto racchiude in sé tutte le contraddizioni e la finzione che ha portato alla distruzione dell’industria europea dell’auto e della possibilità di mantenere in vita migliaia e migliaia di posti di lavoro. Eppure c’era la fila di politici per stringere la mano (a favore di telecamera) alla ragazza svedese. La stessa finzione che adesso sta alimentando la propaganda del mondo pro Pal e finanzia le navi degli attivisti verso Gaza. La stessa finzione che ha alimentato sabato scorso la piazza romana di Pd, M5s e partitini di opposizione. Slogan che si sono ben guardati dal ricordare che se Hamas non avesse commesso le atrocità del 7 ottobre, la guerra non sarebbe scoppiata. I manifestanti si sono concentrati sulla gravità degli errori del governo di Benjamin Netanyahu, mentre i politici hanno usato l’occasione per fare campagna elettorale e sponsorizzare, nonostante la normativa del silenzio elettorale, il referendum che si è concluso ieri pomeriggio. A chi importa veramente dei palestinesi? Non è che continuare a gridare che serve la soluzione dei «Due popoli due Stati» serva a qualcosa dal momento che chi ancora tiene le fila del terrorismo la pensa diversamente. Certo, dire che la deportazione di milioni di palestinesi al di fuori della Striscia possa essere un abominio per giunta pericoloso per la stabilità del Mediterraneo è non solo legittimo ma opportuno. Però affidarsi a gente come Greta Thunberg è incendiario. E un insulto ai morti. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha detto che porteranno gli attivisti a vedere i crimini di Hamas. Ma anche questo non cambierà nulla perché una volta rimpatriati e fatti tornare alle rispettive residenze, gli attivisti proseguiranno con lo stesso racconto. Sosterranno che sono stati rapirti e si ricomincerà daccapo. L’Europa invece dovrebbe preoccuparsi di chi alimenta certi algoritmi sui social e certe campagne. Chi pagava il racconto e l’impegno degli amici di Greta a favore della transizione? La Cina? Quanti soldi investe il Qatar per rendere virali i video su Instagram o su Tik Tok che mostrano solo certe immagini dei palestinesi? Purtroppo il mondo è bipolare. Non lascia spazio a chi studia e sta nel mezzo e quindi è difficile aspettarsi risposte alle domande relativa all’influenza geopolitica. Almeno la presa in giro di vedere attivisti (che fino a poco tempo fa sostenevano che saremmo morti tutti per la crisi climatica) buttare i cellulari in mare ci aiuti a rivedere le politiche di Bruxelles e la gran cassa delle regole Esg su green e sostenibilità.
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