2018-08-28
Grazie ai «sequestri» alla Salvini gli scafisti non ci scappano più
Fermati tre egiziani e un bengalese a bordo della nave Diciotti: sono accusati di essere trafficanti di uomini. Un risultato reso possibile dal pugno duro del Viminale. Per chi indaga il leader leghista è un boomerang.La gestione politica della nave Diciotti da parte del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha permesso alla Procura di Palermo di individuare quattro presunti scafisti? È una delle domande a cui dovranno rispondere gli investigatori palermitani, coordinati dal procuratore capo Francesco Lo Voi, che hanno fermato tre egiziani e un cittadino del Bangladesh, accusati di aver trasportato i migranti poi salvati dalla Guardia costiera italiana nelle scorse settimane. A riconoscerli sono stati gli stessi migranti a bordo della Diciotti, sbarcati tra giovedì e sabato. «Il numero 78, il 109, il 36 e il 34: guidavano loro l'imbarcazione». Questo hanno raccontato alcuni di loro e grazie alle fotografie raccolte durante i giorni di fermo nel porto, gli inquirenti sono riusciti a risalire alle loro identità. Ora i quattro sono rinchiusi nel carcere di Gazzi in attesa che il gip di Messina li interroghi e convalidi il fermo. Le accuse vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla tratta di uomini al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, fino alla violenza sessuale e al procurato ingresso illegale in Italia. Se la risposta fosse affermativa - ovvero che la decisione di Salvini di impedire l'attracco ha aiutato la magistratura a sgominare un traffico di esseri umani dalla Libia - l'indagine potrebbe intersecarsi proprio con quella che vede il numero uno del Viminale indagato insieme con il suo capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, dalla Procura di Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio. Potrebbe essere proprio questo il «boomerang» di cui parla il leader della Lega: gli scafisti avrebbero potuto scappare o non essere presi se non ci fosse stato l'intervento del Viminale. Già domani, ma ci sono 15 giorni di tempo, gli atti dell'indagine su Salvini dovranno essere trasmessi al Tribunale dei ministri sempre di Palermo. Ricevuti gli atti, avrà 90 giorni per compiere le indagini preliminari. Quindi, sentito il pm potrà decidere per l'archiviazione (il decreto non è oppugnabile) oppure per la trasmissione degli atti con una relazione motivata al procuratore della Repubblica, per chiedere l'autorizzazione a procedere. A questo punto la palla passerebbe al Senato, dove è stato eletto il leader della Lega, dove sarà la giunta per le autorizzazioni a procedere presieduta da Maurizio Gasparri a mettere ai voti la posizione del ministro. Salvini ha già detto che vuole rinunciare all'immunità parlamentare. Vuole andare fino in fondo e dimostrare di essersi comportato correttamente. «Ho fatto solo il mio lavoro di ministro e sono pronto a rifarlo», ha dichiarato. Caso vuole che proprio la nuova inchiesta della Procura di Palermo possa venirgli incontro. Del resto i procuratori palermitani sono giunti a conclusioni molto simili a quelle che da mesi va ripetendo il capo del Viminale. «Dalle indagini si evince in modo chiaro che i migranti venivano considerati alla stregua di merce dai gruppi criminosi, i quali effettuavano una vera e propria caccia per garantirsi il numero più elevato di soggetti da gestire per fini di guadagno». La Procura sta cercando di capire le dinamiche criminali dietro l'organizzazione dei trafficanti di uomini. Da tempo il gruppo, capitanato da tale Abdusalam, come detto sempre dai migranti sulla Diciotti, gestirebbe i viaggi dall'Africa all'Italia. «Ho avuto modo di vedere che a condurre la nostra imbarcazione c'era un egiziano», ha raccontato uno dei testimoni che viaggiava sull'imbarcazione soccorsa dalla Diciotti, sentito dalla Dda di Palermo che ha firmato il fermo degli scafisti. Lo stesso egiziano era quello che aveva la bussola che ha poi gettato, per paura, in mare all'atto del primo soccorso. «Ho notato che nella cabina in cui si trovava il capitano della nave entravano e uscivano altri egiziani. Ricordo che in tutto gli egiziani presenti sulla nostra barca erano tre». A quanto pare Abdusalam gestirebbe le prigioni in Libia, deciderebbe gli imbarchi e insieme a un esercito di soldati che lo proteggono ricatterebbe sia i migranti sia i governi. «Gli uomini di Abdusalam ci impedivano di allontanarci dalla prigione e violentavano le donne», hanno detto altri testimoni. Ora toccherà alla magistratura fare chiarezza. Ma intanto continua la polemica politica. Ieri è stata la volta di uno scontro a distanza tra Salvini e l'ex segretario del Partito democratico, Matteo Renzi. «Incredibile. Questo signore che oggi ci insulta l'anno scorso diceva che se l'Europa non accoglie immigrati dall'Italia, non pagheremo più i 20 miliardi che mandiamo ogni anno a Bruxelles», ha scritto su Twitter il leader della Lega. Pronta la risposta dell'ex presidente del Consiglio. «Salvini, e chi ti insulta? Sei tu che non sai più cosa inventare. Cerchi ispirazione nei miei video? Fai pure, è gratis. Ma quando hai finito di sequestrare navi italiane, ci dici a che punto sei delle promesse elettorali? Nessuno parla più di #FlatTax e #Fornero: erano scherzi?». Nel frattempo, in soccorso di Salvini arrivano le parole dell'ex capo della Procura di Venezia, Carlo Nordio. «Può sembrare paradossale che una nave militare italiana venga tenuta sotto controllo dai carabinieri per evitare sbarchi indesiderabili. In realtà è un paradosso solo apparente, perché le ragioni di igiene o di ordine pubblico valgono anche per le forze armate. È appena il caso di ricordare che le decisioni, secondo i vari momenti e i vari allarmi, spettano ai ministri competenti e in particolare a quello dell'Interno». Del resto sulla Diciotti non c'erano solo disperati, ma anche quattro presunti scafisti.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?