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2019-08-03
Gozi, forse un cachet da 10.000 euro al mese
Ansa
Dopo essere diventato chargé de mission, del primo ministro francese, Sandro Gozi aveva affermato di essere pronto a rivelare l'ammontare della retribuzione che gli sarà versata per questo incarico. E invece pare che i contribuenti transalpini, dovranno attendere ancora prima di sapere quanto costeranno loro i servigi dell'ex sottosegretario italiano. Nell'attesa di dichiarazioni ufficiali, è possibile fare delle ipotesi verosimili.
Questo grazie a un documento ufficiale di budget, pubblicato ogni anno dagli uffici del primo ministro francese, intitolato «effettivi dei gabinetti ministeriali». L'ultima versione disponibile risale al novembre 2018 e si riferisce ai dati disponibili al primo agosto dello scorso anno.
Da circa un decennio, ogni anno questo documento viene scrutato con la lente d'ingrandimento da un ex deputato socialista d'oltralpe : René Dosière, fondatore dell'Osservatorio dell'etica pubblica. Secondo l'ex politico, un consigliere del primo ministro percepisce mediamente 10.504 euro lordi mensili. Invece i consiglieri del ministero degli Esteri di Parigi, intascano ogni mese un compenso compreso tra i 9.499 e i 9.928 euro lordi.
Come si può leggere sulla Gazzetta Ufficiale francese - numero 175 del 30 luglio scorso - Sandro Gozi «è nominato al gabinetto del primo ministro. Polo Europa. Incaricato di missione agli Affari europei». Dietro le definizioni formali, l'Ufficiale della Legione d'onore cresciuto sulle rive del Rubicone dovrà «monitorare la creazione delle nuove istituzioni europee e le relazioni con il parlamento europeo».
Ma la trasparenza, quando si tratta di fare i conti in tasca allo Stato, non è sempre vista di buon occhio nemmeno in Francia. Così, non è facile avere tutti i dettagli necessari a calcolare i lauti compensi dei consiglieri del governo di Parigi. Come spiega Dosière nel suo rapporto «il livello di remunerazione nei gabinetti ministeriali dipende da più fattori: l'amministrazione di provenienza [...] l'anzianità e il grado dell'interessato». Inoltre secondo il fondatore dell'Osservatorio dell'etica pubblica, «non esiste un inquadramento in funzione dell'incarico di gabinetto». Bisogna anche tenere presente che, «ogni ministero dispone di somme globali di premi, delle quali si ignorano i criteri di calcolo. [...] Compete al ministro assegnare queste somme al personale del gabinetto secondo criteri che non sono resi pubblici». Secondo l'analisi, questi premi sono imponibili e il loro totale ammonta a 21,5 milioni di euro. Di questi, 6,8 milioni, sono destinati ai consiglieri.
Questa libertà di manovra riconosciuta ai ministri francesi lascia pensare che la retribuzione effettivamente percepita dal neoconsigliere italiano di Édouard Philippe, ripagherà il lavoro di una persona che «conosce posizioni e interessi riservati e non coincidenti» tra Roma e Parigi. Come ha scritto il suo ex collega di governo e compagno di partito, Carlo Calenda.
Questo perché certe «dritte» potrebbero consentire a Emmanuel Macron, di continuare a fare la voce grossa con Roma o di insultare l'Italia. Del resto, l'ostilità di Monsieur le President nei confronti del nostro Paese non è un mistero. Un'ostilità che è stata alimentata anche dall'atteggiamento di quei politici nostrani che - da quando la Lega e il Movimento 5 stelle hanno dato vita al governo di Giuseppe Conte - si sono spellati le mani per applaudire il presidente francese ogni volta che questi si ergeva a paladino dell'Unione europea. Una Ue a trazione francotedesca, nella quale l'Italia deve limitarsi ad accogliere ondate di migranti e non sforare i parametri di Maastricht.
Nel frattempo in Francia l'interesse dei media è aumentato dopo le dichiarazioni di Luigi Di Maio, Giorgia Meloni e altri politici italiani, in merito alla possibilità di privare Gozi della cittadinanza italiana. Un'ipotesi accolta con sorpresa. Eppure l'opinione pubblica e la politica transalpine si erano scandalizzate quando nel 2013, Gérard Depardieu - che non faceva parte di alcun governo - era stato fatto cittadino russo da Vladimir Putin.
In attesa di nuovi sviluppi, la vicenda ha assunto anche un aspetto giudiziario. Secondo il sito Cesena Oggi è stato presentato un esposto alla Procura di Forlì da Francesco Minutillo, avvocato e rappresentante romagnolo di Fratelli d'Italia. L'iniziativa è volta, secondo Minutillo ad «accertare l'eventuale conoscenza di segreti e interessi sensibili di Stato dell'onorevole Sandro Gozi, che siano stati appresi nell'ambito dell'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei governi Renzi e Gentiloni». Il rappresentante di Fratelli d'Italia chiede anche che sia verificata la compatibilità di tali interessi con i nuovi incarichi in Francia.
A Parigi intanto, Sandro Gozi potrà tranquillamente iniziare a svolgere le sue nuove mansioni visto che - come ha precisato a La Verità l'ufficio stampa del governo francese - non dovrà prestare giuramento.
Dalle carte di «Why not» rispuntano antichi legami con il mondo francese
A volte ritornano. Dieci anni dopo, un'inchiesta che ormai fa parte del passato giudiziario calabrese ripropone in modo prepotente i suoi contenuti. L'indagine aveva toccato personaggi di primissimo piano della politica italiana.
«Archiviata la posizione di Romano Prodi, indagato nell'inchiesta Why Not su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici. A firmare il provvedimento il gip del tribunale di Catanzaro, Tiziana Macrì. La richiesta di archiviazione per l'ex premier era stata avanzata nel dicembre dell'anno scorso dai magistrati della Procura generale di Catanzaro. Il provvedimento riguarda anche altri 8 indagati, tra cui Sandro Gozi, Piero Scarpellini, Luigi Bisgnani». Così recitava l'Ansa il 21 novembre del 2009. Il procedimento Why Not, avviato dall'allora pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli, proseguiva per altri indiziati, ma veniva archiviata per Romano Prodi e il suo stretto collaboratore Sandro Gozi.
Quest'ultimo, all'inizio del caso Why Not, era stato tirato in ballo dalla superteste dell'inchiesta, Caterina Merante. «Chi è Gozi?» chiedeva il pm De Magistris alla superteste. Risposta: «Si tratta di una persona che Antonio Saladino (indiziato chiave dell'indagine, poi assolto, ndr) chiamava a San Marino». In più passi dell'indagine Why not, si faceva riferimento alla cosiddetta loggia di San Marino. L'inchiesta presentava, insomma, tutti gli ingredienti per diventare interessante a livello mediatico. E per qualche settimana gli inviati dei giornali si trattennero in Calabria.
D'altra parte, erano appena cominciati una serie di accertamenti sul politico, molto vicino a Romano Prodi, all'epoca presidente del Consiglio. Ad un certo punto, quindi, agli atti del fascicolo Why not, gli inquirenti annotavano gli esiti di alcune verifiche. «Non possono non rilevarsi interessanti incroci», scriveva il pm, «nell'analisi di utenze - anche straniere - che, incrociandosi in maniera circolare, contattano, ad esempio è il caso di un'utenza americana, il predetto generale Walter Cretella, già capo del reparto del Comando generale della Guardia di finanza, il professor Valori, la Delta Spa ed il parlamentare Sandro Gozi». La procura cercò allora di approfondire anche questi contatti, ritenuti d'interesse investigativo, soffermandosi pure sulla figura del professor Giancarlo Elia Valori.
«Valori», riferiva a verbale il pm, «ascoltato dai colleghi della procura di Salerno, intervenuta dopo la clamorosa avocazione del fascicolo ad opera della procura generale di Catanzaro, si è occupato spesso di lavori pubblici. Nel recente passato, agli inizi del 2000, ha trovato, da quel che risultava, anche una sponda rilevante a sinistra, dentro il governo D'Alema». I magistrati di Salerno, dopo le dichiarazioni rese da de Magistris, nelle carte dell'inchiesta parallela a Why not, appuntavano, fra l'altro, che il professore Valori aveva ricevuto una serie di riconoscimenti in Francia. «Dal Maggio 1996», scrivevano i pm di Salerno, «è presidente dell'Associazione culturale Italia-Francia» ed in più, sempre in Francia, ha ottenuto il riconoscimento di «Officer dans l'Ordre national de la Légion d'Honneur», conferito, precisano i pm, il 16 maggio 2001 dal presidente della Repubblica francese Jacques Chirac per i suoi alti meriti e l'infaticabile impegno svolto a favore della cooperazione italofrancese».
Ritornando al ruolo di Gozi, sempre agli atti dell'inchiesta, i pm così descrivevano l'esponente del Pd: «Sandro Gozi, membro all'epoca dello staff del presidente Prodi presso l'Unione europea, ha illustrato le strategie attuate, negli ultimi anni, dalla Commissione europea, in particolare il percorso finalizzato a realizzare, entro il 2010, un'area di libero scambio tra l'Europa ed i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Gozi ha illustrato la «strategia di vicinato» ossia la nuova filosofia di collaborazione da realizzarsi tramite politiche di sostegno e cooperazione dirette ai Paesi dell'area in questione».
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Il costo dei servigi dell'italiano «incaricato di missione» di Édouard Philippe continua a essere top secret. Ma secondo un documento di budget pubblicato ogni anno dagli uffici del primo ministro francese, un consigliere percepisce mediamente quella cifra lorda.Nell'inchiesta «Why not», che si concluse con l'archiviazione per l'ex sottosegretario, i rapporti con la «loggia di San Marino».Dopo essere diventato chargé de mission, del primo ministro francese, Sandro Gozi aveva affermato di essere pronto a rivelare l'ammontare della retribuzione che gli sarà versata per questo incarico. E invece pare che i contribuenti transalpini, dovranno attendere ancora prima di sapere quanto costeranno loro i servigi dell'ex sottosegretario italiano. Nell'attesa di dichiarazioni ufficiali, è possibile fare delle ipotesi verosimili.Questo grazie a un documento ufficiale di budget, pubblicato ogni anno dagli uffici del primo ministro francese, intitolato «effettivi dei gabinetti ministeriali». L'ultima versione disponibile risale al novembre 2018 e si riferisce ai dati disponibili al primo agosto dello scorso anno.Da circa un decennio, ogni anno questo documento viene scrutato con la lente d'ingrandimento da un ex deputato socialista d'oltralpe : René Dosière, fondatore dell'Osservatorio dell'etica pubblica. Secondo l'ex politico, un consigliere del primo ministro percepisce mediamente 10.504 euro lordi mensili. Invece i consiglieri del ministero degli Esteri di Parigi, intascano ogni mese un compenso compreso tra i 9.499 e i 9.928 euro lordi. Come si può leggere sulla Gazzetta Ufficiale francese - numero 175 del 30 luglio scorso - Sandro Gozi «è nominato al gabinetto del primo ministro. Polo Europa. Incaricato di missione agli Affari europei». Dietro le definizioni formali, l'Ufficiale della Legione d'onore cresciuto sulle rive del Rubicone dovrà «monitorare la creazione delle nuove istituzioni europee e le relazioni con il parlamento europeo». Ma la trasparenza, quando si tratta di fare i conti in tasca allo Stato, non è sempre vista di buon occhio nemmeno in Francia. Così, non è facile avere tutti i dettagli necessari a calcolare i lauti compensi dei consiglieri del governo di Parigi. Come spiega Dosière nel suo rapporto «il livello di remunerazione nei gabinetti ministeriali dipende da più fattori: l'amministrazione di provenienza [...] l'anzianità e il grado dell'interessato». Inoltre secondo il fondatore dell'Osservatorio dell'etica pubblica, «non esiste un inquadramento in funzione dell'incarico di gabinetto». Bisogna anche tenere presente che, «ogni ministero dispone di somme globali di premi, delle quali si ignorano i criteri di calcolo. [...] Compete al ministro assegnare queste somme al personale del gabinetto secondo criteri che non sono resi pubblici». Secondo l'analisi, questi premi sono imponibili e il loro totale ammonta a 21,5 milioni di euro. Di questi, 6,8 milioni, sono destinati ai consiglieri. Questa libertà di manovra riconosciuta ai ministri francesi lascia pensare che la retribuzione effettivamente percepita dal neoconsigliere italiano di Édouard Philippe, ripagherà il lavoro di una persona che «conosce posizioni e interessi riservati e non coincidenti» tra Roma e Parigi. Come ha scritto il suo ex collega di governo e compagno di partito, Carlo Calenda. Questo perché certe «dritte» potrebbero consentire a Emmanuel Macron, di continuare a fare la voce grossa con Roma o di insultare l'Italia. Del resto, l'ostilità di Monsieur le President nei confronti del nostro Paese non è un mistero. Un'ostilità che è stata alimentata anche dall'atteggiamento di quei politici nostrani che - da quando la Lega e il Movimento 5 stelle hanno dato vita al governo di Giuseppe Conte - si sono spellati le mani per applaudire il presidente francese ogni volta che questi si ergeva a paladino dell'Unione europea. Una Ue a trazione francotedesca, nella quale l'Italia deve limitarsi ad accogliere ondate di migranti e non sforare i parametri di Maastricht.Nel frattempo in Francia l'interesse dei media è aumentato dopo le dichiarazioni di Luigi Di Maio, Giorgia Meloni e altri politici italiani, in merito alla possibilità di privare Gozi della cittadinanza italiana. Un'ipotesi accolta con sorpresa. Eppure l'opinione pubblica e la politica transalpine si erano scandalizzate quando nel 2013, Gérard Depardieu - che non faceva parte di alcun governo - era stato fatto cittadino russo da Vladimir Putin. In attesa di nuovi sviluppi, la vicenda ha assunto anche un aspetto giudiziario. Secondo il sito Cesena Oggi è stato presentato un esposto alla Procura di Forlì da Francesco Minutillo, avvocato e rappresentante romagnolo di Fratelli d'Italia. L'iniziativa è volta, secondo Minutillo ad «accertare l'eventuale conoscenza di segreti e interessi sensibili di Stato dell'onorevole Sandro Gozi, che siano stati appresi nell'ambito dell'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei governi Renzi e Gentiloni». Il rappresentante di Fratelli d'Italia chiede anche che sia verificata la compatibilità di tali interessi con i nuovi incarichi in Francia. A Parigi intanto, Sandro Gozi potrà tranquillamente iniziare a svolgere le sue nuove mansioni visto che - come ha precisato a La Verità l'ufficio stampa del governo francese - non dovrà prestare giuramento.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gozi-forse-un-cachet-da-10-000-euro-al-mese-2639625017.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dalle-carte-di-why-not-rispuntano-antichi-legami-con-il-mondo-francese" data-post-id="2639625017" data-published-at="1765818961" data-use-pagination="False"> Dalle carte di «Why not» rispuntano antichi legami con il mondo francese A volte ritornano. Dieci anni dopo, un'inchiesta che ormai fa parte del passato giudiziario calabrese ripropone in modo prepotente i suoi contenuti. L'indagine aveva toccato personaggi di primissimo piano della politica italiana. «Archiviata la posizione di Romano Prodi, indagato nell'inchiesta Why Not su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici. A firmare il provvedimento il gip del tribunale di Catanzaro, Tiziana Macrì. La richiesta di archiviazione per l'ex premier era stata avanzata nel dicembre dell'anno scorso dai magistrati della Procura generale di Catanzaro. Il provvedimento riguarda anche altri 8 indagati, tra cui Sandro Gozi, Piero Scarpellini, Luigi Bisgnani». Così recitava l'Ansa il 21 novembre del 2009. Il procedimento Why Not, avviato dall'allora pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli, proseguiva per altri indiziati, ma veniva archiviata per Romano Prodi e il suo stretto collaboratore Sandro Gozi. Quest'ultimo, all'inizio del caso Why Not, era stato tirato in ballo dalla superteste dell'inchiesta, Caterina Merante. «Chi è Gozi?» chiedeva il pm De Magistris alla superteste. Risposta: «Si tratta di una persona che Antonio Saladino (indiziato chiave dell'indagine, poi assolto, ndr) chiamava a San Marino». In più passi dell'indagine Why not, si faceva riferimento alla cosiddetta loggia di San Marino. L'inchiesta presentava, insomma, tutti gli ingredienti per diventare interessante a livello mediatico. E per qualche settimana gli inviati dei giornali si trattennero in Calabria. D'altra parte, erano appena cominciati una serie di accertamenti sul politico, molto vicino a Romano Prodi, all'epoca presidente del Consiglio. Ad un certo punto, quindi, agli atti del fascicolo Why not, gli inquirenti annotavano gli esiti di alcune verifiche. «Non possono non rilevarsi interessanti incroci», scriveva il pm, «nell'analisi di utenze - anche straniere - che, incrociandosi in maniera circolare, contattano, ad esempio è il caso di un'utenza americana, il predetto generale Walter Cretella, già capo del reparto del Comando generale della Guardia di finanza, il professor Valori, la Delta Spa ed il parlamentare Sandro Gozi». La procura cercò allora di approfondire anche questi contatti, ritenuti d'interesse investigativo, soffermandosi pure sulla figura del professor Giancarlo Elia Valori. «Valori», riferiva a verbale il pm, «ascoltato dai colleghi della procura di Salerno, intervenuta dopo la clamorosa avocazione del fascicolo ad opera della procura generale di Catanzaro, si è occupato spesso di lavori pubblici. Nel recente passato, agli inizi del 2000, ha trovato, da quel che risultava, anche una sponda rilevante a sinistra, dentro il governo D'Alema». I magistrati di Salerno, dopo le dichiarazioni rese da de Magistris, nelle carte dell'inchiesta parallela a Why not, appuntavano, fra l'altro, che il professore Valori aveva ricevuto una serie di riconoscimenti in Francia. «Dal Maggio 1996», scrivevano i pm di Salerno, «è presidente dell'Associazione culturale Italia-Francia» ed in più, sempre in Francia, ha ottenuto il riconoscimento di «Officer dans l'Ordre national de la Légion d'Honneur», conferito, precisano i pm, il 16 maggio 2001 dal presidente della Repubblica francese Jacques Chirac per i suoi alti meriti e l'infaticabile impegno svolto a favore della cooperazione italofrancese». Ritornando al ruolo di Gozi, sempre agli atti dell'inchiesta, i pm così descrivevano l'esponente del Pd: «Sandro Gozi, membro all'epoca dello staff del presidente Prodi presso l'Unione europea, ha illustrato le strategie attuate, negli ultimi anni, dalla Commissione europea, in particolare il percorso finalizzato a realizzare, entro il 2010, un'area di libero scambio tra l'Europa ed i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Gozi ha illustrato la «strategia di vicinato» ossia la nuova filosofia di collaborazione da realizzarsi tramite politiche di sostegno e cooperazione dirette ai Paesi dell'area in questione».
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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