2022-02-12
Il governo fa finta di riaprire l’Italia che però doveva già essere tutta aperta
Martedì scatta la super card sul lavoro, le tappe per eliminare le regole da matti sono fumo. E dicevano: liberi grazie al pass.Non stiamo più nella pelle, davvero. Felici come un ragazzino che rientra in classe dopo due settimane di Dad e tre tamponi negativi. Perdonate l’ovvietà, ma sembra quasi di toccare il cielo con un dito. Colmi di gratitudine per la magnanimità degli illuminati governanti. Due anni di vessazioni sanitarie. Ma ora, finalmente, si riparte. E di gran carriera, pure. Il vento della libertà spazza forte sulla penisola, da Portopalo a Predoi. La nuova era, tra l’altro, è stata sancita ieri dalla prima pagina del Corriere della Sera. Meglio di una sentenza della Cassazione. Titolo d’apertura: «Virus, così l’Italia riapre». Sommario: «I passi verso la normalità». Ci addentriamo nella lettura. È decaduta l’imposizione di indossare la mascherina all’aperto. Alleluia. Si torna a ballare in discoteca, persino. E basta quarta dose. Al massimo, informa l’Aifa, un richiamino annuale ecco. Certo, tra le righe, le sempre calibrate parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, smorzano un pochino l’incontrollabile entusiasmo: «Siamo verso l’uscita ma dobbiamo avere cautela, continuare con i comportamenti prudenti». Per carità. Ci mancherebbe. Intanto, ubriachiamoci di queste folli concessioni. Mascherine, dunque. Il Corrierone sintetizza. «La decisione di togliere l’obbligo all’aperto è un altro passaggio simbolico verso la fine delle restrizioni, perché la misura era stata decisa con il decreto del 13 ottobre del 2020, quando a Palazzo Chigi c’era ancora Giuseppe Conte». Rendetevi allora conto della portata storica del provvedimento. Il feticcio rimosso. Necessario, fino all’altro ieri, pure per scalare in solitario cime innevate, passeggiare all’alba senza anima viva all’orizzonte o immergersi nei paesaggi più rupestri. Magari una di quelle terribili goccioline da Omicron poteva resistere a distanze e intemperie, per centrare la lingua a penzoloni del malcapitato. Certo, pure i televirologi ora si mostrano dubbiosi. Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al San Martino di Genova, adesso ammette: «Sono servite poco e in generale servono a poco». E perfino Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano, minimizza: «All’aperto non c’è questo grande rischio di contagio». Insomma, con tutto il rispetto per l’esultanza generale, il simbolo della rinascita è solo un permessino tardivo e farlocco? L’altro emblema dell’avvenuta emancipazione, accolto dagli osanna, è la riapertura della discoteche. «Potrà entrare soltanto chi ha il green pass rafforzato, quindi guariti o vaccinati» sottolinea il quotidiano di Via Solferino. Se il locale è al chiuso, sarà obbligatorio indossare la mascherina. Tranne quando, bontà loro, ci si lancerà in pista a ballare. E invece nelle discoteche all’aperto, cum gaudio magno, si potrà stare senza Ffp2. Già, «l’Italia riapre». Grazie a due tardive concessioncine, in realtà. Ma considerate di portata epocale. Per il resto, rimaniamo la nazione europea con maggiori restrizioni, per di più adottate con siderale anticipo. Vedi l’ultronico green pass: sia base che rafforzato. La strepitosa intuizione che avrebbe dovuto permetterci, prima di tutti, di riaprire il Paese. Solo in primavera però arriveranno le prime, blande, agevolazioni. Da inizio aprile, se fate i buoni, Speranza potrebbe rivedere la necessità di carta verde per varcare la soglia di banche, poste e uffici pubblici. A quel punto, se non avrete sgarrato, l’ex assessore all’Urbanistica di Potenza mediterebbe pure il libero accesso a parrucchieri, barbieri ed estetisti. Altri due mesetti di sacrifici, su. E che sarà mai? Godetevi intanto la libertà di respirare all’aperto e due saltini in pista. «L’Italia riapre». O no? E comunque, per quanto riguarda il green pass rafforzato, lasciate ogni speranza (con la minuscola stavolta). Mezzi di trasporto, bar, ristoranti, cinema, teatri, musei: la proroga oltre il 31 marzo venturo sembra scontata. Così come l’obbligo di mascherina al chiuso. Almeno fino al 15 giugno 2022, quando decadrà obbligo di vaccinazione per gli over cinquanta. Gli stessi cittadini che, dal prossimo martedì, dovranno avere la mega carta verde anche solo per lavorare. Insomma, mentre gli altri revocano le misure anti Covid, l’Italia lascia e raddoppia. Roba da matti. Anzi, regole da matti. La Gran Bretagna, ad esempio, annuncia il ritorno alla normalità. Sebbene non abbia mai introdotto imposizioni vaccinali o green pass per buscarsi la pagnotta. E adesso Londra decide di abolire la quarantena pure per i positivi: il Covid sarà affrontato al pari di un’influenza. Nello Stato di New York, intanto, viene revocato l’obbligo delle mascherine al chiuso e del vaccino per entrare in ristoranti e negozi. In Francia invece, dove già dal 2 febbraio scorso non occorrono le mascherine all’aperto, a fine marzo sarà eliminato il pass vaccinale, equivalente al super green pass tricolore. Con due mesi e mezzo di anticipo rispetto all’Italia. Egregio Roberto Speranza, ma come faremmo senza di lei? Grazie, signor ministro. Le siamo grati, illustrissimo dottore, sebbene in scienze politiche. Al suo cospetto ci sentiamo tutti Giandomenico Fracchia, alias Paolo Villaggio, anche lui inerme di fronte allo spietato capoufficio: «Com’è umano lei…». Nel frattempo, se sua eccellenza lo consente, noi ci permetteremmo di festeggiare le inenarrabili libertà che ha deciso di restituirci: passeggiare a volto scoperto e fare l’hully gully mascherati.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)