2020-12-14
«Governo di incapaci. Recovery plan ridicolo. E Arcuri va licenziato»
L'ex ministro Carlo Calenda: «Basta paternalismo: sul virus hanno combinato un disastro. Il piano per i fondi Ue? Una lista di buone intenzioni».Carlo Calenda, leader di Azione ed ex ministro dello Sviluppo economico, fa letteralmente a pezzi il governo.Onorevole, Luigi Di Maio scrive: «Permettiamo ai cittadini di spostarsi tra piccoli Comuni» durante le feste. Prima di lui, i «permettiamo» e i «consentiamo» li abbiamo sentiti da Giuseppe Conte e persino da Virginia Raggi. Perché questo vocabolario da despoti illuminati?«Despoti, sì. Illuminati, un po' meno…».Che sta succedendo?«Che abbiamo un governo di incapaci, i quali cercano di nascondere la propria incapacità e la propria incompetenza dietro la retorica».La retorica su cosa?«Pensi a quando parla Conte: il Natale “spirituale", “usciremo migliori dalla crisi"… Oppure, Domenico Arcuri, che anziché limitarsi a comprare il materiale che gli è richiesto, si lancia in una serie di ammonimenti. È diventato un vizio».Un vizio?«L'idea che anziché organizzare il Paese, il loro compito sia di fare della pedagogia civica. E personalmente - ma credo che lo stesso valga per molti italiani - questa retorica paternalistica mi ha profondamente rotto le p…».Si è rotto anche di sentir dire che la colpa dei contagi è degli italiani?«I dati ci dicono che la gestione della pandemia è stata un disastro. Abbiamo il rapporto tra ammalati e morti più alto d'Europa. In Italia è al 3,5%: la media europea è del 2,2%, la Germania è all'1,5%. Eppure, il ministro Roberto Speranza, alla terza interrogazione parlamentare, ancora non ci ha risposto su quanti dei 9 miliardi e mezzo per la sanità siano stati realmente spesi».Dunque, i responsabili vanno cercati altrove?«Il punto è che questo governo è incapace di amministrare, perché è formato da persone che non hanno mai amministrato nulla».Anche Arcuri non ama dare risposte. Preferisce elencare le querele che ha indirizzato a giornali, tv e siti Internet. «Arcuri tratta i cittadini italiani come fossero sudditi un po' scemi. Questo modo di fare, in qualunque Paese civile, avrebbe portato al licenziamento istantaneo del civil servant che parla in questo modo». Addirittura?«Ma certo. Invece, qui, tolleriamo un governo che si muove in modo inaccettabile, sia sul piano sostanziale, con i dpcm, sia sul piano formale, con questo paternalismo mieloso e pieno di retorica, talvolta più minaccioso, talvolta alla Re Sole».Che idea si è fatto dell'affare delle mascherine?«Non è pensabile che un grande Paese del G7 compri le mascherine con intermediari del genere. Le mascherine si comprano tramite l'ambasciata. Peraltro, la provvigione pagata è gigantesca. Non significa che ci sia l'evidenza di un illecito, ma sicuramente manca la trasparenza».A proposito di trasparenza: i contratti che stipula Arcuri andrebbero pubblicati?«Se il contratto contiene informazioni che possono danneggiare l'azienda, come accadde con quello che stipulammo noi per l'Ilva, quelle informazioni non si pubblicano. Ma nel caso di Arcuri, parliamo di acquisti: non si capisce perché quei contratti non possano essere pubblicati».Matteo Renzi vuol far cadere il governo, o è il solito bluff per contare di più?«Credo che lo sappia solo Renzi. Devo dire che stavolta mi sembra molto determinato. Certo, Conte al governo l'hanno voluto loro. Loro che esultavano quando in Europa il premier veniva definito “burattino"».Lei non esultò?«Al contrario, fui molto seccato: in un consesso internazionale, il presidente del Consiglio rappresenta l'Italia».I 5 stelle, come sostiene Mario Monti, sono diventati adulti?(Sospira) «Spero che Monti sia stato travisato…».Lei che ne pensa?«Io credo che per rimanere lì, i 5 stelle voterebbero pure l'arresto di Beppe Grillo senza processo. Non hanno ritegno. Sono come la plastilina».Cioè?«Altrettanto consistenti sul piano intellettuale, altrettanto malleabili sul piano valoriale. Vogliono solo stare con le chiappe sulla sedia, perché al di fuori di quella, c'è la disoccupazione».Se il governo dovesse cadere, che succederà?«Penso sia urgente formare un governo di unità nazionale, con dentro tutte le forze politiche, per poi tornare alle urne».Renzi critica pure la fondazione sulla cybersicurezza, accusando Conte di voler privatizzare i servizi segreti.«Sì. Conte ha questa fissa di voler fare James Bond».Per quale motivo?«Mi pare una fisima infantile. Crede di poter avere i servizi segreti che lavorano per lui. In questo Paese, l'unico che capisce davvero di intelligence è Marco Minniti».Le piace il Recovery plan italiano?«C'è una sola parola per definirlo: ridicolo».Si spieghi.«Non c'è un singolo progetto. C'è una lista di buone intenzioni».Ad esempio?«Prenda la questione dei giovani. Il piano francese, pubblicato già il 3 settembre, ha 50 pagine e 23 misure concrete, con indicazione dei costi, degli obiettivi, delle modalità e dei tempi di attuazione».Il nostro, invece?«Il nostro ha sette righe».Durante il negoziato nell'Ue, si sono moltiplicati gli strali contro Polonia e Ungheria. Non crede che questi due Paesi siano stati semplicemente abili nel perseguire i propri interessi legittimi?«Sta parlando con uno che sbatterebbe Polonia e Ungheria fuori dall'Unione europea».Ma perché?«Primo: non ci possono essere cedimenti sul tema dello Stato di diritto. Secondo: sono due Paesi che prendono un sacco di fondi strutturali e, con quelli, tengono bassi tassazione e stipendi».E ciò cosa comporta?«Provoca un violentissimo flusso di delocalizzazioni dall'Italia verso di loro».Intende dire che sono i cinesi d'Europa?«La stragrande maggioranza delle delocalizzazioni di cui mi sono occupato al Mise era verso questi Paesi. Ormai in Cina non ci va più nessuno».E una soluzione non c'è?«La soluzione non la si vuol trovare. E le spiego perché».Sentiamo.«La Germania fa produrre la prima parte delle lavorazioni dell'automotive in Ungheria e Polonia, a un costo bassissimo. La seconda parte, poi, può svolgerla in patria, dove i salari sono più alti. Alla fine, mantiene un costo medio competitivo. È un meccanismo malato, che avvantaggia chi produce le macchine e depreda chi lavora».La riforma del Mes non la preoccupa?«Credo che non cambi nulla, mentre introduce il backstop bancario, che è un fatto positivo. Rimangono i rischi che esistevano già con il vecchio Mes».Non teme nemmeno le condizionalità del Recovery fund? Penso alla tassazione degli immobili, all'aumento dell'età pensionabile…«Le condizionalità ci sono, sì. D'altronde, a forza di sprecare denaro pubblico, non siamo più indipendenti sui mercati. O ci andiamo con l'aiuto della Bce, o prendiamo i soldi condizionati dell'Europa. Solo che siamo stati noi a metterci in questa situazione. E la crisi da Covid l'ha aggravata: alla fine, il debito sfiorerà il 170% del Pil».Le misure economiche del governo l'hanno convinta?«L'unica cosa positiva è stato aver reintrodotto il piano industria 4.0, dopo due anni di assurda sospensione che sono stati un portato di quel genio di Di Maio. Al netto di questo, persino l'ecobonus è fatto male».Perché?«È complicato, non è esteso ad alberghi, esercizi commerciali e uffici…».Hanno preferito i sussidi agli interventi strutturali?«Regna una totale confusione sugli obiettivi: dopo Stati generali e piano Colao, non sono stati in grado di scrivere un Recovery plan minimamente decoroso. Guardi che stiamo sottovalutando la gravità di questo fatto».Dice?«Sì, perché significa che manca la capacità di indicare cosa serve al Paese. Il Recovery plan deve finanziare la chiusura del gap tra l'Italia e il resto d'Europa: quindi, dovrebbe già essere il programma di qualsiasi governo, anche in assenza di fondi».Ci illustra, allora, una misura che dovrebbe stare in qualsiasi programma di governo?«Prendiamo i centri per l'impiego e le politiche del lavoro. Su questo, nel piano c'è mezza pagina, che non dice niente. Eppure, doveva essere l'obiettivo del ministro Nunzia Catalfo dal primo giorno in cui ha ottenuto l'incarico. Fino ad oggi, cosa ha fatto, a parte affogarci di navigator?».Come mai mancano anche questi requisiti minimi?«Il problema è antropologico».Antropologico? Sento che sta per dirla grossa…«Il fatto è che la politica è ridotta a uno scontro tra persone che non hanno mai lavorato né guadagnato un euro. Abbiamo messo a gestire lo Stato gente a cui non daremmo da gestire un bar».Gli scappati di casa?«Prenda i curricula dei principali leader politici e mi dica se uno solo di loro avrebbe la speranza di trovare un impiego in una piccola o media impresa. E allora perché dovrebbero saper governare l'Italia?».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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