2020-12-30
Gori chiede giustizia ma dimentica gli appelli alla movida
Giorgio Gori e Cristina Parodi (Stefania D'Alessandro/Getty Images)
Il sindaco dem: «Bergamo sarà parte civile». Ma a febbraio incitava i cittadini a uscire. E i parenti delle vittime lo scaricano.Il 12 febbraio scorso - «all'una precisa», come notava il Corriere di Bergamo - Giorgio Gori portò la sua giunta a pranzo al ristorante cinese San Jah. «È la prima volta che mangio qui», disse. «Le attività cinesi sono condizionate da quello che sta succedendo, vogliamo dare un segnale d'amicizia e dimostrare che non c'è alcun pericolo». Ci teneva, il primo cittadino bergamasco, a mostrarsi «antirazzista» e solidale verso i poveri cinesi accusati di diffondere il Covid. Pochi giorni dopo, il 26 febbraio, eccolo di nuovo a cena fuori, stavolta da Mimmo, assieme alla moglie Cristina Parodi, con tanto di foto sorridente e messaggio su Facebook. «Bergamo non ti fermare! Questi giorni ci hanno messo a dura prova», scriveva. «Io credo sia giusto seguire le indicazioni, ma al tempo stesso dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso, senza allarmismi. Sono convinto che un virus non fermerà Bergamo, né oggi né in futuro, e noi che amiamo questa città dobbiamo ridarle presto coraggio e vivacità». Più o meno nelle stesse ore, sui social network partiva la campagna sostenuta dal Comune: «Bergamo non si ferma». Consisteva in un video promozionale di 35 secondi in cui si invitavano i cittadini a «bere il caffè al bar, camminare per le vie e le strade, andare fuori a cena, fare acquisti nei negozi». Persino il ministro della Salute, Roberto Speranza, nel suo libro ritirato dal commercio, ha ricordato con amarezza quei giorni di fine febbraio. Li ha indicati come «la settimana della solitudine», cioè il periodo in cui, a suo dire, si sentì abbandonato pure dagli amici progressisti: «Gli hashtag #milanononsiferma e #bergamononsiferma spopolano, promossi da alcuni sindaci tra cui quello di Milano, Beppe Sala», annota Speranza. Già: erano i giorni in cui i sindaci del Pd, Sala e Gori in testa, invitavano i cittadini a lasciarsi alle spalle l'emergenza coronavirus. Erano i giorni in cui il segretario democratico, Nicola Zingaretti, organizzava aperitivi milanesi in compagnia. Ora, però, diversi mesi e migliaia di morti dopo, tutti fanno finta di essersi dimenticati di quelle settimane di allegria e contagi. Nel frattempo, Gori ha addirittura scritto un saggio: Riscatto. Bergamo e l'Italia (Rizzoli), in cui liquida in poche frasi il suo «momento negazionista». Di più: il sindaco si comporta come se gli appelli a uscire e assembrarsi non li avesse mai diffusi. Lunedì, infatti, ha reso noto che «la giunta del Comune di Bergamo ha deliberato di dichiarare il Comune persona offesa nell'indagine preliminare della Procura di Bergamo per epidemia colposa sulla pandemia da Covid-19». Dice Gori che «se la Procura deciderà di promuovere l'azione penale, con il rinvio a giudizio, allora il Comune si costituirà parte civile». A suo dire si tratta di un gesto «giustificato e necessario», dato «l'eccezionale impatto» della pandemia sulla città e «visto l'elevato numero di vittime». Certo, le vittime le ricordiamo tutti, non possiamo di sicuro dimenticare le orrende sfilate di camion militari carichi di salme. Però, a differenza del primo cittadino progressista, non possiamo nemmeno scordarci gli imprudenti inviti a uscire quando l'epidemia stava per esplodere. Non possiamo cancellare le sceneggiate a beneficio dei cinesi nel momento in cui a sinistra tutti ripetevano che «il vero virus è il razzismo». Soprattutto, di quegli spettacolini non si sono dimenticati i famigliari delle vittime bergamasche del Covid, che da mesi conducono una battaglia solitaria e difficile per avere giustizia. Il sindaco non li ha appoggiati, non si è fatto megafono delle loro istanze. Non l'abbiamo sentito parlare del piano pandemico che mancava, e dei buchi neri del ministero della Salute. Però ce lo ritroviamo oggi, bello pimpante e pronto a guadagnarsi la luce dei riflettori informando tutti che si costituirà parte civile. «Apprendiamo dalla stampa che il sindaco di Bergamo si è schierato con il comitato Noi Denunceremo e si sia costituito parte lesa nella causa intentata dal comitato stesso», dicono i parenti delle vittime, riuniti appunto nel comitato Noi Denunceremo. «Nulla sappiamo di questo schieramento. E nessuna informazione al riguardo ci è mai giunta dal Comune dal sindaco Gori. Abbiamo lavorato per mesi alla ricerca della verità e non permetteremo a nessuno di strumentalizzare politicamente il nostro lavoro o di usare il nostro nome senza nemmeno consultarci». Piuttosto ruvido pure il commento di Consuelo Locati, legale del comitato: «Credo che dopo il comunicato di Gori non ci sia nulla da aggiungere», dice «Non abbiamo avuto alcun supporto o sostegno esterno da parte della politica o anche solo delle persone che fanno la politica. E sul carro dei vincitori non salirà nessuno, a meno che non lo abbia meritato e comunque solo noi decideremo. Sindaci degli aperitivi e delle cene in ristoranti e sui navigli non ne vogliamo». Alla Verità il fondatore del comitato, il bergamasco Luca Fusco, confessa il suo stupore: «Sono sincero, non mi aspettavo questa uscita dopo un silenzio durato quattro mesi. Credo che un po' di collaborazione in più con noi ci potesse essere. Mi sembra proprio che si tratti di una manovra elettorale. E trovo irrispettoso nei nostri confronti il fatto di non averci nemmeno informato. Io mi sarei comportato in un'altra maniera, anche perché la responsabilità di Gori nelle prime fasi della pandemia è innegabile. Così come quella di Sala, di Zingaretti e di una parte politica che aveva sottovalutato pesantemente la pandemia. È un peccato originale difficile da cancellare». Sì, cancellare quei giorni di febbraio e quegli appelli è difficile, specie perché quanti allora chiedevano di «non fermarsi» sono divenuti poi i più feroci cacciatori di negazionisti (veri e soprattutto presunti). Sono stati i primi a sottovalutare il pericolo, lo hanno presentato come una questione di razzismo, e adesso cercano di scaricare le responsabilità. Fanno quelli che «chiedono giustizia», e si accomodano al fianco delle vittime che fino a ieri hanno bellamente trascurato. In tanti hanno sbagliato nei mesi scorsi. Ma sono troppo pochi quelli che oggi mostrano un po' di decenza.