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2022-11-01
Gli ultrà del vaccino muti sulla sanità a pezzi
Nino Cartabellotta (imagoeconomica
È quasi isterica la reazione contro la decisione del governo di reintegrare da oggi i sanitari non vaccinati. Sono soprattutto i camici bianchi a scagliarsi contro quella che viene definita una «sanatoria», «un’amnistia anti-scientifica e diseducativa», secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gambe.
«Un colpo di spugna inaccettabile», copyright Walter Ricciardi, ex consigliere dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza; «una decisione politica che va contro coloro che si sono vaccinati», si unisce al coro di protesta il microbiologo Andrea Crisanti, neo senatore dem, convinto che sia un grave errore rinunciare a perseguire con la sospensione e la negazione dello stipendio medici e infermieri, che non hanno ceduto al ricatto vaccinale. In tanto schiamazzo, si invoca pure rispetto per i deceduti, come se rimettere in corsia e negli ambulatori professionisti indispensabili sia un insulto alla memoria di chi è stato stroncato dal virus, o da patologie cui il Covid ha dato il colpo fatale. «Non dimentichiamo i 180.000 italiani morti di Covid», ha strepitato il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il ministero della Salute motiva la decisione, sottolineando la «preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali», che affligge milioni di cittadini, però è meglio ribadire l’integralismo ideologico come ha fatto il giornalista Andrea Vianello, secondo il quale «reintegrare i medici no vax sarebbe offensivo verso il periodo terribile che abbiamo vissuto».
L’attenzione, nei confronti di popolazioni che tanto hanno sofferto per il Covid si sarebbe dovuta tradurre in attenzione alla loro assistenza sanitaria. Guardiamo quanto è successo nella Val Seriana, falcidiata dal Covid 19. Nel gennaio del 2021, i sindaci di Gandellino, Gromo, Valbondione e Valgoglio scrissero all’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo per segnalare «la grave situazione di disagio in cui versa l’Alta Valle Seriana a causa della carenza di medici di base». Dicevano di non comprendere perché «gli abitanti non trovino alcuna attenzione da parte vostra». Nei piccoli Comuni montani c’erano disagi enormi, con anziani che rappresentano la metà della popolazione locale e che «necessitano di particolari tutela, cure e attenzioni», mentre il trasporto locale «è ridotto ai minimi termini».
Un anno dopo, nel gennaio 2022, era il sindaco di Castione della Presolana, Angelo Migliorati, a invocare provvedimenti urgenti in quanto «oltre 3.000 cittadini non hanno un medico di base nel pieno di una pandemia», e mentre tutti sostenevano la «necessità di una forte e radicata medicina territoriale».
Il sindaco fu durissimo: «La politica faccia la sua parte, non pensando solamente all’eccellenza ospedaliera, ma rendendosi conto che abbandonare i cittadini senza assistenza medica di base, vìola i diritti umani e costituzionali alla salute».
Non interessava sapere se i sanitari fossero o meno vaccinati (avrebbero utilizzato mascherine e tutte le cautele necessarie), serviva assistenza medica che non arrivava e che stava avendo conseguenze pesantissime sul territorio. Migliorati lo denunciò con maggior forza ad agosto, minacciando di denuncia penale l’Ats Bergamo se non ripristinava nel giro di 48 ore la Continuità assistenziale diurna nei locali messi a disposizione dal Comune. «I cittadini sono ancora senza medico di famiglia e sono costretti a fare 80 chilometri per una ricetta medica, ma spesso se non riescono a spostarsi, rinunciano a curarsi», dichiarò esasperato.
La conferma arrivava dall’alto numero di decessi, 30, che si era registrato già a luglio, mentre in tutto il 2021 in paese morirono 32 persone. Un possibile raddoppio della mortalità nel 2022, forse ha tra le sue cause un «diritto violato» a curarsi, tuonò il primo cittadino. E per fortuna che una targa, posta nell’ottobre del 2020, dovrebbe ricordare le 22 persone morte per Covid in quattro mesi a Castione. «Per non dimenticarli», è stato inciso sulla pietra. Bel modo di preoccuparsi della salute dei familiari di quelle vittime e dei cittadini tutti, che vissero quell’epidemia, lasciandoli senza medico di base. Magari c’era qualche dottore non vaccinato, pronto a prestare il suo operato, però sarebbe stato considerato un irresponsabile, da tenere sospeso.
E non dimentichiamo gli 8.000 pazienti di Treviglio, Brignano, Caravaggio, Casirate, abbandonati a sé stessi la scorsa estate senza servizio di continuità assistenziale diurno. Situazione analoga a Nembro, dove a inizio pandemia morirono in due mesi 188 persone. Altro che retorico rispetto per le vittime del Covid, gli abitanti di quei luoghi flagellati hanno diritto a una medicina del territorio capillare ed efficiente, che prevenga inutili morti.
Però questo interessa poco, ai talebani del vaccino. Preferiscono caldeggiare doppi richiami, vaccinazioni ai minori e dirsi certi che il virus provocherà altri guai, magari per colpa dei sanitari non vaccinati che sono tornati in corsia.
Prescrizioni dei monoclonali in calo. Inutilizzato il 90% degli antivirali
Acquistati, sottoutilizzati e in scadenza: è il destino degli anticorpi monoclonali e antivirali per il Covid.
Di fronte al potere assoluto conferito ai vaccini dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il dato non meraviglia, ma evidenzia ancora una volta non solo uno spreco di centinaia di milioni di euro ma, cosa più grave, la perdita di vite umane che si sarebbero potute (e si potrebbero) evitare, con un cambiamento di rotta. «Da più parti è stato lanciato l’allarme», dice alla Verità Maria Rita Gismondo, direttore del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica dell’Ospedale Sacco di Milano. «Sono in scadenza - continua - ed è un peccato, per farmaci utili, utilissimi. Nel caso degli antivirali, il successo è del 91% dei casi. Per i monoclonali il discorso è diverso, perché non sono sempre somministrabili, hanno un impiego più selettivo, ma sono utili ed efficaci nei casi indicati. Su questi c’è stato uno scarsissimo utilizzo».
Lo dimostrano anche i numeri ufficiali dell’Agenzia del farmaco (Aifa) dell’ultimo monitoraggio settimanale, dal 13 al 19 ottobre. Dopo una fase di aumento, sono tornate a calare le prescrizioni di anticorpi monoclonali anti-Covid nell’ordine del 10%. In 7 giorni si è registrato un calo per le richieste di sotrovimab (Xevudy) di Gsk pari al 9,9%, e di Evusheld di Astrazenca (tixagevimab-cilgavimab) pari al 10,4%. L’unica cosa che aumenta, lievemente, è l’uso di Evusheld in profilassi, pari al +4%. Ma come termine di paragone basta considerare che dal 10 marzo 2021, da quando cioè sono stati autorizzati in via emergenziale nel nostro Paese, sono stati trattati 81.579 italiani e solo per il primo monoclonale disponibile, quello di Eli Lilly, sono state acquistate 150.000 dosi per un totale di un centinaio di milioni di euro.
Gli anticorpi monoclonali «devono essere sempre aggiornati perché sono specifici, se cambia il virus dobbiamo cambiare i monoclonali con cui vogliamo bloccarlo», spiega Gismondo osservando che «è un parere personale» perché «siamo ancora in una fase di analisi, ma gli antivirali potrebbero essere assolutamente sufficienti per combattere la patologia, se impiegati entro i 5 giorni della positività». Un’impresa tutt’altro che facile, come dimostrano i dati di Aifa al 5 ottobre. Le prescrizioni di Paxlovid, l’antivirale di Pfizer fanno + 6,97%. Dall’inizio della sua distribuzione sono stati utilizzati 67.886 trattamenti: le farmacie valgono 39.066 (+9,85%). Il punto è che a tre mesi dalla fine dell’anno, siamo di fronte a un netto sottoutilizzo rispetto alle 600.000 terapie opzionate per il 2022: è praticamente inutilizzato il 90% delle cure per le quali la spesa è certa e la scadenza, con questi ritmi d’impiego, incombente. Segna +2,64% anche Molnupiravir, l’antivirale di Merck che però è distribuito solo in ospedale, di cui son stati erogati 46.631 trattamenti.
Le cause di questa situazione, con sprechi di risorse e di possibili decessi? «Mancanza di informazione e reticenza da parte dei medici, bloccati da vecchie paure e minacce», sintetizza Gismondo. «Il discorso è generale. Tutte le energie sono state messe sui vaccini - sottolinea - quello che non era vaccino era antagonista. Ma le terapie, nelle infezioni sono complementari. I vaccini servivano nella prima fase, nelle persone anziane, con malattie croniche. La gravità del Covid - ricorda l’esperta - è per gli anziani e per i pazienti fragili, come accade in tutte le malattie virali. I vaccini, in quanto tali, non sono armi in alternativa o in opposizione alla terapia». Ora, cure efficaci rischiano di scadere perché «si è puntato solo sul vaccino e si è fatto intendere, in modo subdolo, che chi volesse intraprendere una terapia, fosse una sorta di fuorilegge», conclude.
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I vedovi dei diktat invocano le vittime del virus contro il reintegro dei renitenti. Propaganda becera che tace sulla mancata assistenza nelle zone più colpite. Come la Val Seriana, dove i cittadini sono rimasti senza sostegno medico in piena pandemia. E lo sono ancora.Anticorpi a rischio scadenza. Maria Rita Gismondo: «Vanno aggiornati. Sforzi spesi solo sui sieri».Lo speciale contiene due articoliÈ quasi isterica la reazione contro la decisione del governo di reintegrare da oggi i sanitari non vaccinati. Sono soprattutto i camici bianchi a scagliarsi contro quella che viene definita una «sanatoria», «un’amnistia anti-scientifica e diseducativa», secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gambe.«Un colpo di spugna inaccettabile», copyright Walter Ricciardi, ex consigliere dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza; «una decisione politica che va contro coloro che si sono vaccinati», si unisce al coro di protesta il microbiologo Andrea Crisanti, neo senatore dem, convinto che sia un grave errore rinunciare a perseguire con la sospensione e la negazione dello stipendio medici e infermieri, che non hanno ceduto al ricatto vaccinale. In tanto schiamazzo, si invoca pure rispetto per i deceduti, come se rimettere in corsia e negli ambulatori professionisti indispensabili sia un insulto alla memoria di chi è stato stroncato dal virus, o da patologie cui il Covid ha dato il colpo fatale. «Non dimentichiamo i 180.000 italiani morti di Covid», ha strepitato il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il ministero della Salute motiva la decisione, sottolineando la «preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali», che affligge milioni di cittadini, però è meglio ribadire l’integralismo ideologico come ha fatto il giornalista Andrea Vianello, secondo il quale «reintegrare i medici no vax sarebbe offensivo verso il periodo terribile che abbiamo vissuto». L’attenzione, nei confronti di popolazioni che tanto hanno sofferto per il Covid si sarebbe dovuta tradurre in attenzione alla loro assistenza sanitaria. Guardiamo quanto è successo nella Val Seriana, falcidiata dal Covid 19. Nel gennaio del 2021, i sindaci di Gandellino, Gromo, Valbondione e Valgoglio scrissero all’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo per segnalare «la grave situazione di disagio in cui versa l’Alta Valle Seriana a causa della carenza di medici di base». Dicevano di non comprendere perché «gli abitanti non trovino alcuna attenzione da parte vostra». Nei piccoli Comuni montani c’erano disagi enormi, con anziani che rappresentano la metà della popolazione locale e che «necessitano di particolari tutela, cure e attenzioni», mentre il trasporto locale «è ridotto ai minimi termini». Un anno dopo, nel gennaio 2022, era il sindaco di Castione della Presolana, Angelo Migliorati, a invocare provvedimenti urgenti in quanto «oltre 3.000 cittadini non hanno un medico di base nel pieno di una pandemia», e mentre tutti sostenevano la «necessità di una forte e radicata medicina territoriale». Il sindaco fu durissimo: «La politica faccia la sua parte, non pensando solamente all’eccellenza ospedaliera, ma rendendosi conto che abbandonare i cittadini senza assistenza medica di base, vìola i diritti umani e costituzionali alla salute». Non interessava sapere se i sanitari fossero o meno vaccinati (avrebbero utilizzato mascherine e tutte le cautele necessarie), serviva assistenza medica che non arrivava e che stava avendo conseguenze pesantissime sul territorio. Migliorati lo denunciò con maggior forza ad agosto, minacciando di denuncia penale l’Ats Bergamo se non ripristinava nel giro di 48 ore la Continuità assistenziale diurna nei locali messi a disposizione dal Comune. «I cittadini sono ancora senza medico di famiglia e sono costretti a fare 80 chilometri per una ricetta medica, ma spesso se non riescono a spostarsi, rinunciano a curarsi», dichiarò esasperato. La conferma arrivava dall’alto numero di decessi, 30, che si era registrato già a luglio, mentre in tutto il 2021 in paese morirono 32 persone. Un possibile raddoppio della mortalità nel 2022, forse ha tra le sue cause un «diritto violato» a curarsi, tuonò il primo cittadino. E per fortuna che una targa, posta nell’ottobre del 2020, dovrebbe ricordare le 22 persone morte per Covid in quattro mesi a Castione. «Per non dimenticarli», è stato inciso sulla pietra. Bel modo di preoccuparsi della salute dei familiari di quelle vittime e dei cittadini tutti, che vissero quell’epidemia, lasciandoli senza medico di base. Magari c’era qualche dottore non vaccinato, pronto a prestare il suo operato, però sarebbe stato considerato un irresponsabile, da tenere sospeso. E non dimentichiamo gli 8.000 pazienti di Treviglio, Brignano, Caravaggio, Casirate, abbandonati a sé stessi la scorsa estate senza servizio di continuità assistenziale diurno. Situazione analoga a Nembro, dove a inizio pandemia morirono in due mesi 188 persone. Altro che retorico rispetto per le vittime del Covid, gli abitanti di quei luoghi flagellati hanno diritto a una medicina del territorio capillare ed efficiente, che prevenga inutili morti. Però questo interessa poco, ai talebani del vaccino. Preferiscono caldeggiare doppi richiami, vaccinazioni ai minori e dirsi certi che il virus provocherà altri guai, magari per colpa dei sanitari non vaccinati che sono tornati in corsia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-ultra-del-vaccino-muti-sulla-sanita-a-pezzi-2658576498.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="prescrizioni-dei-monoclonali-in-calo-inutilizzato-il-90-degli-antivirali" data-post-id="2658576498" data-published-at="1667260440" data-use-pagination="False"> Prescrizioni dei monoclonali in calo. Inutilizzato il 90% degli antivirali Acquistati, sottoutilizzati e in scadenza: è il destino degli anticorpi monoclonali e antivirali per il Covid. Di fronte al potere assoluto conferito ai vaccini dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il dato non meraviglia, ma evidenzia ancora una volta non solo uno spreco di centinaia di milioni di euro ma, cosa più grave, la perdita di vite umane che si sarebbero potute (e si potrebbero) evitare, con un cambiamento di rotta. «Da più parti è stato lanciato l’allarme», dice alla Verità Maria Rita Gismondo, direttore del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica dell’Ospedale Sacco di Milano. «Sono in scadenza - continua - ed è un peccato, per farmaci utili, utilissimi. Nel caso degli antivirali, il successo è del 91% dei casi. Per i monoclonali il discorso è diverso, perché non sono sempre somministrabili, hanno un impiego più selettivo, ma sono utili ed efficaci nei casi indicati. Su questi c’è stato uno scarsissimo utilizzo». Lo dimostrano anche i numeri ufficiali dell’Agenzia del farmaco (Aifa) dell’ultimo monitoraggio settimanale, dal 13 al 19 ottobre. Dopo una fase di aumento, sono tornate a calare le prescrizioni di anticorpi monoclonali anti-Covid nell’ordine del 10%. In 7 giorni si è registrato un calo per le richieste di sotrovimab (Xevudy) di Gsk pari al 9,9%, e di Evusheld di Astrazenca (tixagevimab-cilgavimab) pari al 10,4%. L’unica cosa che aumenta, lievemente, è l’uso di Evusheld in profilassi, pari al +4%. Ma come termine di paragone basta considerare che dal 10 marzo 2021, da quando cioè sono stati autorizzati in via emergenziale nel nostro Paese, sono stati trattati 81.579 italiani e solo per il primo monoclonale disponibile, quello di Eli Lilly, sono state acquistate 150.000 dosi per un totale di un centinaio di milioni di euro. Gli anticorpi monoclonali «devono essere sempre aggiornati perché sono specifici, se cambia il virus dobbiamo cambiare i monoclonali con cui vogliamo bloccarlo», spiega Gismondo osservando che «è un parere personale» perché «siamo ancora in una fase di analisi, ma gli antivirali potrebbero essere assolutamente sufficienti per combattere la patologia, se impiegati entro i 5 giorni della positività». Un’impresa tutt’altro che facile, come dimostrano i dati di Aifa al 5 ottobre. Le prescrizioni di Paxlovid, l’antivirale di Pfizer fanno + 6,97%. Dall’inizio della sua distribuzione sono stati utilizzati 67.886 trattamenti: le farmacie valgono 39.066 (+9,85%). Il punto è che a tre mesi dalla fine dell’anno, siamo di fronte a un netto sottoutilizzo rispetto alle 600.000 terapie opzionate per il 2022: è praticamente inutilizzato il 90% delle cure per le quali la spesa è certa e la scadenza, con questi ritmi d’impiego, incombente. Segna +2,64% anche Molnupiravir, l’antivirale di Merck che però è distribuito solo in ospedale, di cui son stati erogati 46.631 trattamenti. Le cause di questa situazione, con sprechi di risorse e di possibili decessi? «Mancanza di informazione e reticenza da parte dei medici, bloccati da vecchie paure e minacce», sintetizza Gismondo. «Il discorso è generale. Tutte le energie sono state messe sui vaccini - sottolinea - quello che non era vaccino era antagonista. Ma le terapie, nelle infezioni sono complementari. I vaccini servivano nella prima fase, nelle persone anziane, con malattie croniche. La gravità del Covid - ricorda l’esperta - è per gli anziani e per i pazienti fragili, come accade in tutte le malattie virali. I vaccini, in quanto tali, non sono armi in alternativa o in opposizione alla terapia». Ora, cure efficaci rischiano di scadere perché «si è puntato solo sul vaccino e si è fatto intendere, in modo subdolo, che chi volesse intraprendere una terapia, fosse una sorta di fuorilegge», conclude.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.