2019-06-26
Gli Emirati cercano l’intesa sulla Libia ma mezzo Parlamento li mette in lista nera
Tre mozioni contro la vendita di armi agli alleati dei sauditi in Yemen minacciano un'alleanza chiave dell'Italia in Africa.Mentre gli sforzi internazionali si intensificano per trovare una soluzione diplomatica alla crisi nel Golfo tra Stati Uniti e Iran, la maggioranza di governo, composta da Movimento 5 stelle e Lega, ha presentato ieri alla Camera una mozione per chiedere l'interruzione dell'esportazione delle armi verso l'Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti alla luce del conflitto in corso in Yemen, una guerra per procura combattuta tra la coalizione a guida saudita e i ribelli Houthi, sostenuti dal regime di Teheran e dall'organizzazione terroristica Hezbollah. Il tutto, proprio nelle ore della visita a Roma del ministro di Stato agli Affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, Anwar Bin Mohammed Gargash.La mozione - primo firmatario il pentastellato Pino Cabras - e il suo tempismo non fanno che confermare le difficoltà tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, nonostante il potenziale economico e strategico di un avvicinamento di Roma ad Abu Dhabi. Un asse che potrebbe infatti rivelarsi prezioso non soltanto per l'economia, in particolare per il settore degli armamenti, ma anche per ragioni geopolitiche. Gli Emirati Arabi Uniti sono infatti fondamentali nel conflitto in Libia, visti i rapporti con il generale Khalifa Haftar, e in quello tra Stati Uniti e Iran, per il quale mediano alla ricerca di una soluzione diplomatica e non militare.Ma Abu Dhabi e Roma sono ancora lontane. Gli Emirati continuano a vedere come partner privilegiato in Europa la Francia di Emmanuel Macron, specie dopo le recenti indagini che hanno coinvolto l'ex presidente dell'Uefa Michel Platini e l'ex inquilino dell'Eliseo Nicolas Sarkozy per l'assegnazione dei Mondiali di calcio al Qatar (il grande rivale degli Emirati). E ad allontanare ancor di più Abu Dhabi e Roma ci sono poco fortunate vicende come Alitalia e Piaggio Aerospace, nonostante i recenti segnali di ripresa grazie all'accordo tra Benetton e Cellnex, la società di telecomunicazioni partecipata dal fondo Abu Dhabi investment authority e presieduta, notizia di ieri, dal manager ex Telecom Franco Bernabè.Ma facciamo un passo indietro per tornare alla mozione. Anzi, alle mozioni. Già, perché prima di quella sottoscritta da 23 parlamentari della maggioranza, lunedì erano state presentate alla Camera altre due mozioni, di Liberi e uguali e Partito democratico con l'appoggio di Fratelli d'Italia, per chiedere al governo di fermare invio e transito dall'Italia di armi alla coalizione a guida saudita in Yemen. Alle due mozioni che saranno votate domani si è aggiunta quella della maggioranza, che dovrebbe arrivare in aula nei prossimi giorni. Il documento prevede la sospensione delle «esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen». La mozione ribadisce il sostegno italiano all'operato delle Nazioni Unite e prende di mira la coalizione guidata dall'Arabia Saudita, nonostante proprio le Nazioni Unite abbiano nei giorni scorsi annunciato la sospensione parziale degli aiuti alimentari in alcune regioni dello Yemen controllate dai ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, accusati di appropriarsi delle forniture. Inoltre, il testo invita il governo a «valutare l'avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell'Unione europea, di un embargo mirato sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere».Tutto questo, dicevamo, è avvenuto nel bel mezzo della visita del ministro emiratino Gargash a Roma. Lunedì aveva incontrato Matteo Piantedosi, capo di gabinetto del ministero dell'Interno Matteo Salvini, per parlare di cooperazione e contrasto al terrorismo, mentre ieri è stato ricevuto dal presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e dagli uffici di presidenza riuniti delle commissioni Esteri e Difesa del Senato, a cui ha fatto intendere due cose in particolare. La prima: la guerra in Yemen finirà entro quest'anno. La seconda: in Libia gli Emirati non vedono in Haftar il nuovo leader, sulla scia di quanto fatto dalla Russia, che recentemente ha scaricato il generale dopo averlo sostenuto per lungo tempo pensando al ritorno in patria Saif Al Islam Gheddafi, figlio dell'ex rais.Infine, ieri pomeriggio Gargash è stato ospite dell'ex ministro degli Esteri Franco Frattini al think tank Sioi di Roma, dove ha ricevuto il sostegno del padrone di casa e presidente dell'organizzazione (secondo cui gli Emirati Arabi Uniti rappresentano «un pilastro per la stabilità nella regione del Golfo») e ha lanciato un chiaro messaggio all'Italia in chiave libica. Dicendo che i Fratelli musulmani non hanno dato «alcun contributo positivo negli ultimi anni, in particolare per lo sviluppo dell'economia» e che il Qatar, primo sponsor della Fratellanza assieme alla Turchia, «sostiene un'agenda estremista», Gargash ha invitato Roma a prendere le distanze dal governo tripolino di Fayez Al Serraj. Ma la frase sul Qatar nasconde un ulteriore invito. Doha, nonostante il ruolo nel conflitto in Yemen al fianco dell'Iran, non è tra i Paesi presi di mira dalle mozioni alla Camera. E il vizio italiano di tenere due piedi in una scarpa, soprattutto in questioni del Golfo, non favorisce i buoni rapporti tra Abu Dhabi e Roma.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)