2024-06-13
Gli elettori non contano: avanti con la guerra o siete tutti putiniani
Paolo Mieli ignora il flop dei bellicisti Emmanel Macron e Olaf Scholz e sfotte i partiti favorevoli ai negoziati. Ancora una volta il dissenso è vietato: chiunque si opponga al conflitto è servo dei russi.Conosciamo da un pugno di ore i risultati del voto europeo e già sono cominciati i lamenti sdegnati rivolti al popolo bue che nell’urna non si è comportato come doveva. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, dalle cabine elettorali sono arrivati alcuni segnali abbastanza chiari, tra cui un netto rifiuto dei deliri bellicisti di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e compagnia cannoneggiante. A quanto risulta, però, questa presa di posizione chiara non è gradita a una fetta dell’establishment euroatlantico a cui ieri ha dato voce Paolo Mieli dalla prima pagina del Corriere della Sera, snocciolando l’intero e ormai classico repertorio di demonizzazione del dissenso. Non è nemmeno la prima volta che accade. Già mesi fa, quando qualcuno dentro il Partito democratico tentò timidamente di porre il tema della pace in Ucraina, dallo stesso giornale tramite la stessa autorevolissima firma giunse una dura reprimenda il cui senso era: poche storie, la linea da tenere è quella tracciata da Enrico Letta a suo tempo, e fine delle discussioni. Pare proprio che i dem abbiano recepito il messaggio al netto del tentativo un po' grottesco di recuperare consenso pacifista candidando Marco Tarquinio e Cecilia Strada. Una mossa su cui ieri Mieli non ha mancato di manifestare sprezzante ironia, sbertucciando il magro bottino elettorale dell’ex direttore di Avvenire e di tutti gli altri oppositori del conflitto, da Michele Santoro in giù. Gli elettori, dice Mieli divertito, non li hanno considerati granché, e sembra che in questo modo egli voglia suggerire un sostanziale disinteresse degli italiani per la causa della pace. Nel nostro piccolo avevamo previsto che qualcuno avrebbe utilizzato tale argomentazione, e continuiamo a ritenere che sia profondamente sbagliato e volutamente mistificatorio sostenere che agli elettori non importi delle fine del conflitto. Anche se i leaderini del pacifismo non hanno fatto bella figura non significa che i nostri connazionali bramino una guerra a oltranza, anzi. Dopo aver liquidato i cespugli antibellicisti, Mieli si è concentrato sul suo vero bersaglio e cioè le destre, colpevoli, a suo dire, di essere nemiche di Kiev. O, meglio, serve di Putin. È, questo, un altro dei grandi argomenti sempre utilizzati per svilire e mortificare ogni forma di critica all’atlantismo marmoreo. Se non accetti che contro il Grande Satana Vladimir si utilizzi ogni mezzo - anche quelli potenzialmente più dannosi per tutto il Vecchio Continente - allora sei di sicuro un putiniano, un verme che si fa gabbare dalle quinte colonne stipendiate dallo zar. Quinte colonne che, per altro, sono in odore di nazismo. Mieli lo scrive chiaro: «Lodi e fondi a partiti inneggianti alle SS vengono da chi compie stragi per denazificare l’Ucraina». Il riferimento, piuttosto sommario, è ai tedeschi di Afd e alla frase pronunciata dall’esponente di punta Maximilian Krah in una intervista a Repubblica. In realtà, Krah non ha mai inneggiato alle SS, e si è pure dovuto dimettere dalla carica di membro del consiglio esecutivo federale del partito. Non solo: il partito di Marine Le Pen e a ruota altri hanno immediatamente preso le distanze da Afd dopo la polemica sulle presunte simpatie naziste. Appare dunque leggermente fuori misura sostenere che fra le destre europee ci siano nazisti dipendenti di Putin. È falso pure, in realtà, che i conservatori siano nemici di Kiev. La realtà ci dimostra l’esatto contrario. Non c’è partito che non abbia accettato di appoggiare la causa ucraina, e qualcuno lo ha fatto persino con un entusiasmo degno di ben altre battaglie. Al massimo si può dire che a destra rifiutino l’idea di mandare truppe sul campo o di sparare missili sul territorio russo. Se scansare il rischio di una terza guerra mondiale significa essere putiniani, viene da chiedersi che cosa bramino le élite nostrane: quanto sangue ancora bisogna spargere?Dall’editoriale di Paolo Mieli apprendiamo che nessuna forma di dissenso rispetto alla linea della guerra senza limiti può essere tollerata. Non va bene il dissenso di sinistra perché velleitario, non va bene quello di destra perché nazistoide, non va bene quello di Roberto Vannacci (che per altro non è nemmeno dissenso) perché è Vannacci, non va bene quello del Papa perché lo dice il Corriere. La conclusione dell’editoriale dell’ex direttore di via Solferino suona come una minaccia più che come un monito: «L’Europa (quel che, dopo le elezioni, resta in piedi dell’Europa) ha quattro mesi di tempo da qui a novembre per mettersi in regola con sé stessa. Così da trovarsi quando si terranno le consultazioni presidenziali negli Stati Uniti (e c’è ancora qualche ragione di essere ottimisti) pronta a fare la propria parte. Fino in fondo. E potrebbe anche venirne fuori qualcosa di buono, oltre che per l’Ucraina, per l’Europa stessa. Vale a dire per il nostro futuro». Che cosa significhi fare la propria parte non è chiarissimo. Mandare soldati al fronte? Fornire altre bombe? Uccidere Putin? Beatificare Zelensky? Chi può dirlo. Una certezza, però, Mieli la fornisce: a prescindere dal voto e dai sondaggi, tocca farsi piacere la guerra. Come al solito, una sola via rimane percorribile: quella dell’obbedienza cieca, pronta e assoluta. E chi non si adegua è un nazista putiniano.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.