Di fronte a Montecitorio è andata in scena la manifestazione per chiedere sostegno alle istituzioni italiane per promuovere ogni azione possibile per il ristabilimento della pace nel Caucaso meridionale. Dal 27 settembre l'Azerbaigian, con il supporto di turchi e di jihadisti, continua a bombardare il Nagorno-Karabakh. La tregua voluta dalla Russia è stata violata dagli azeri.
Di fronte a Montecitorio è andata in scena la manifestazione per chiedere sostegno alle istituzioni italiane per promuovere ogni azione possibile per il ristabilimento della pace nel Caucaso meridionale. Dal 27 settembre l'Azerbaigian, con il supporto di turchi e di jihadisti, continua a bombardare il Nagorno-Karabakh. La tregua voluta dalla Russia è stata violata dagli azeri.Hanno fatto sentire la propria voce gli armeni residenti Italia. Oggi di fronte a Palazzo Montecitorio è andata in scena la manifestazione per chiedere sostegno alle istituzioni italiane per promuovere ogni azione possibile per il ristabilimento della pace nel Caucaso meridionale. Era lo scorso 27 settembre quando l'Azerbaigian, con il supporto logistico e militare della Turchia e di jihadisti arruolati dalla stessa Ankara, ha sferrato un attacco militare nel Nagorno-Karabakh. Area contesa, ma da 26 anni sotto il controllo degli indipendenti armeni, e che è finita nel mirino dell'espansionismo turco. A meno di due settimane dall'inizio dell'offensiva era stato concordato il primo cessate il fuoco. Una tregua che è durata appena una manciata di minuti come ci ha confermato l'ex ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan: «Sabato mattina (lo scorso 12 ottobre ndr) sarebbe dovuto entrare in vigore un accordo di tregua umanitario che è durato 13 minuti. La parte azera, dopo aver firmato questo patto, nella notte ha riaperto il fuoco con la sua artiglieria. Mentre stiamo parlando piovono bombe a grappoli, droni kamikaze sui 122, fra città e paesi, del Nagorno-Karabakh». «Il 60% della popolazione», prosegue l'ex rappresentate diplomatico Ghazaryan, «è sfollata. Questo è il momento di alzare la voce per chiedere a tutti i Paesi di esercitare pressioni su Azerbaigian e Turchia, in particolar modo su quest'ultima affinché non inciti l'Azerbaigian a continuare le attività belliche». Perché, come detto, il vero regista dell'operazione è il leader turco Recep Tayyip Erdogan. Come testimoniano gli stessi manifestanti al grido di «vogliamo la Turchia fuori dalla Nato» e con numerose bandiere e striscioni, nel più presente si legge: «Stop all'aggressione panturca #stoperdogun». Tra gli obiettivi della manifestazione spiega Ghazaryan: «Porre fine al crimine di guerra che si sta perpetrando nel Nagorno-Karabakh». E il ruolo della diplomazia italiana nella vicenda? «Credo che sia giunto il momento, in questa fase dove l'aggressione è innegabile e sotto gli occhi di tutti, di cominciare a chiamare le cose con il proprio nome. Comprendo che in alcuni momenti essere equidistanti, esercitare una costruttiva ambiguità può risultare utile per la mediazione fra le parti. Ma non quando è chiaro che c'è un invasore che ha un nome. Chiediamo oggi all'Italia che si allinei a Francia e Germania, mettendo fine all'equidistanza. Definire difensori e aggressori allo stesso modo non fa alto che incentivare il senso di impunità». In mattinata il leader della Lega Matteo Salvini aveva annunciato la sua partecipazione all'evento. «La difesa della vita dovrebbe essere patrimonio di tutti. Dialogare con un Paese come la Turchia che nega il genocidio degli armeni, che occupa pezzi di Europa e che fa guerre, nel silenzio del governo italiano è triste. Oggi avrebbero dovuto esserci in piazza tutti i partiti, perché dovremmo essere tutti contro la guerra. Evidentemente ci sono morti di serie A e di serie B».
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».







