2020-04-11
Giuseppi delira: «Colpa di Salvini e Meloni»
Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)
Il premier proroga le chiusure al 3 maggio, ma rimanda al lavoro librai e taglialegna. Riesuma gli eurobond (già naufragati) e a reti unificate se la prende con le opposizioni che hanno scoperto il suo giochetto. E sui soldi agli autonomi s'arrende ai ritardi dell'Inps.Immobili con le mascherine, tutti o quasi fino al 3 maggio. Giuseppe Conte non allenta il lockdown perché «se anche i segnali della curva epidemiologica sono incoraggianti, non ci sono ancora i presupposti per una riapertura neppure parziale». Il premier ha paura dei ponti e della smania molto italiana di fare filotto, vuole tenere tutti in casa anche il 25 aprile e il primo maggio. Molti imprenditori cominciano a dire a voce alta: «Non moriremo più di virus, ma di fame». Conte fa finta di non sentire: «La proroga vale anche per le attività produttive, vogliamo far ripartire in sicurezza il motore del Paese». Annuncia le eccezioni dal 14 aprile: librerie e cartolibrerie (il sindaco Giuseppe Sala avrà i suoi pennarelli), negozi per bambini e attività forestali per combustibili solidi potranno riaprire. Una bizzarria considerando che non siamo il Canada e sembra estate. Non manca neppure la consueta autocelebrazione: «L'Europa ci sta riconoscendo che lavoriamo nel modo migliore. Siamo un esempio». In completo blu elettrico e senza pochette, il Conte da Venerdì santo si presenta con la modalità di un'assemblea condominiale (prima convocazione alle 14, seconda alle 19.30) e accumula ritardi che neanche le lolite al primo appuntamento nei film di Woody Allen. È un classico ma questa volta il premier non perde tempo con il nodo alla cravatta, il motivo è serio: una discussione furibonda durata quattro ore per trovare un'intesa con il Pd e la maniera migliore per comunicarla al Paese. Perché il Movimento 5 stelle non voleva il Mes e invece il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, con quello è tornato da Bruxelles; perché lo stesso inquilino di Palazzo Chigi sponsorizzava gli eurobond e invece Germania e Olanda glieli hanno spazzati via. La Caporetto va vestita della festa, bisogna trovare fiocchi e pizzi intonati al grigio dello scenario. «Sul Mes la posizione del governo non cambia», aveva annunciato al mattino. E invece di fatto nel menù c'è il contrario di ciò che era stato chiesto. Qui Conte diventa Azzeccagarbugli, come gli accade quando non ha una risposta ma si ingegna con circuiti mentali da leguleio ad appiopparne una a 60 milioni di interlocutori. Comincia con una bugia squassante, mettendo sulle spalle a Matteo Salvini e Giorgia Meloni la responsabilità del Mes, firmato nel 2012 dal governo di Mario Monti quando la Lega era all'opposizione con l'Italia dei valori. «Giorgia Meloni era ministro», fa confusione con il precedente governo Berlusconi. E peggiora l'effetto fangoso con un commento straniante: «Questo governo non lavora con il favore delle tenebre, ma guardando negli occhi tutti». Un pasticcio orchestrato per gettare sulle spalle dell'opposizione una responsabilità politica imbarazzante: quella di dover incassare una sconfitta epocale sugli eurobond. Il premier deve ammetterlo, niente va come da lui auspicato. «Le proposte dell'Eurogruppo sono un primo passo della risposta europea. Un primo passo che l'Italia giudica insufficiente. La principale risposta sono gli eurobond. Una risposta proporzionata all'emergenza e il fondo deve essere disponibile subito per non deprimere il nostro tessuto socioeconomico». Ma gli eurobond non ci sono e non ci saranno. A questo punto tutto diventa surreale, mefitico, privo di appigli concreti. È un'esibizione lessicale da contorsionista della lingua. Conte parla d'altro: «Le proposte dell'Eurogruppo prevedono una cassa integrazione europea con la somma non trascurabile di 100 miliardi. Più 200 miliardi della Banca europea di investimenti. Ma il nostro strumento è l'eurobond e combatteremo la nostra battaglia fino alla fine». L'ha già persa, sembra un bollettino di guerra del Reich nel 1945. Invece arriverà il Mes anche se lui lo ritiene «uno strumento inadeguato» e dovrà negoziarne le condizioni. «Comunque il Mes non ci serve e non lo utilizzeremo». Il premier relaziona sulla preparazione della fase 2, quando arriverà. Ha varato una task force di esperti guidati da Vittorio Colao, con esperti italiani di respiro internazionale che daranno indirizzi per «modificare le logiche del lavoro è ripensare modelli di vita economico-sociale», con tutto il mistero di una simile frase. Poi ha pensato a un protocollo di sicurezza sul lavoro siglato con le parti sociali: «Sarà la nostra Bibbia da cui partire. Raccomando a tutti i responsabili delle aziende di sanificare luoghi di lavoro per essere pronti». Molti lo sono da due settimane. Come regalo di chiusura, il Conte tutto fumo e niente arrosto ha fatto sapere che l'Inps e le banche non sono in grado di mettere subito i soldi a disposizione. Sull'Inps, soprattutto dopo aver assistito alla disfatta digitale nel sito, non c'erano dubbi. Quindi una richiesta di pazientare che potrebbe mettere gli italiani di cattivo umore e un impegno bizzarro: «Dobbiamo sburocratizzare per avere indici positivi di crescita del Pil quando torneremo operativi». Sburocratizzare a Pasqua, aiuto.
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