2022-12-28
Giuseppi cala il poker di rogne per il Pd
Nel Lazio il M5s candida la giornalista Donatella Bianchi senza fare alleanza con i dem. È l’ennesima grana per un partito in dissolvenza: ai tiri mancini di Giuseppe Conte vanno aggiunti lo scandalo mazzette dal Qatar, il crollo nei consensi e il caos primarie. Il Pd si trova tra tre fuochi: da una parte il calo vertiginoso dei consensi con un segretario che ormai non parla neanche più con la scusa del congresso che si terrà a febbraio per eleggere il nuovo, dall’altra il Movimento 5 stelle che dovrebbe essere un alleato e che si comporta fottendosene bellamente dei progetti di alleanza e andando per la sua strada, quando con il Pd, il più delle volte senza (probabilmente si son resi conto che pigliano di più da soli che in compagnia del quasi cadavere), dall’altra ancora lo scandalo dei sacchi dell’immondizia e delle valigette di soldi dal Qatar. Di solito si dice tra due fuochi perché la tradizione che ha dato vita a questo modo di dire, probabilmente, ha considerato due fuochi il massimo sopportabile. Con tre non scampi, ti fai male, ti arrostisci. Povero Pd, così male era stato mai ridotto. Chiamando Enrico Letta da Parigi sbagliarono sacramento: doveva essere quello che battezzava un nuovo Pd, che gli avrebbe infuso energia nuova, che lo avrebbe fatto tornare nel dibattito politico in una posizione centrale come in effetti lo era stato per alcuni anni ma sotto la guida di altri, Zingaretti compreso (che certamente aveva fatto meno male di Letta nel ruolo di segretario), ebbene invece che il battesimo Monsieur Lettà ha amministrato l’estrema unzione. Il giorno dell’amministrazione del sacramento è stata il 25 settembre scorso, ma gli strascichi si vedono ancora. Lo hanno detto vari rappresentati del Pd: così siamo morti, non abbiamo più seguito tra il popolo, non abbiamo un programma tale da coagulare consenso, insomma gli italiani non ci capiscono più e ce ne siamo accorti fuori dai tempi massimi. Cioè come ha detto bene Rosy Bindi «se questo deve essere il partito e deve rimanere in vita in queste condizioni è scoccata l’ora di chiuderlo». Amen.Del resto con Letta il Pd, che dovrebbe essere un partito di «sinistra», si era trasformato radicalmente, tant’è vero che veniva e viene votato più nelle zone borghesi e alto-borghesi delle città, che non nelle aree più popolari e periferiche. Certo, se tu abbandoni totalmente i diritti sociali e te li fai mangiare un po’ dai 5 stelle e molto dal centrodestra, e ti occupi solo di diritti civili - fondamentali per carità - è difficile che, radical-chic a parte, qualcuno trovi uno straccio di motivo per votarti a parte una grossa fetta di elettorato che comunque piuttosto che votare M5s o centrodestra non vota proprio. E anche questo abbiamo visto nelle ultime elezioni politiche. Del resto mi spiegate come fa un piddino, anche convinto, a votare il suo partito quando il segretario del medesimo in pieno Covid, in piena crisi economica e poi energetica, sosteneva che i punti irrinunciabili di governo per il Pd - poi in effetti non se li è cagati nessuno - fossero lo ius soli, la legge Zan e una patrimoniale per dare una dote ai giovani. E tutti i cittadini che avevano un mare di problemi? È una strategia da kamikaze, lo capisce anche uno che di politica ci capisce poco, ma non niente proprio come chi l’ha perseguita. Ed è perfino ovvio che ora il partito si trovi in mezzo ad una montagna di macerie dalle quali non sarà per niente facile: primo, uscirne; secondo, ricostruire. Auguri vivissimi.E siamo ancora al primo dei tre fuochi. Ne mancano altri due. Il secondo è costituito da Giuseppe Conte che - ormai - nel M5s fa bello e cattivo tempo. Grillo tace, anche perché pure a lui, dopo il 25 settembre e la vittoria di Conte, non la sua, è stato consigliato di dire poco e soprattutto non spesso, anzi quasi mai. Ebbene Conte, nel Lazio, regione dove il Pd gode ancora di un certo consenso, quindi facendo uno sgarbo che somiglia più a uno spregio, ha deciso di correre da solo. Altro che campo largo, Conte coltiva il suo orticello. Orto stretto e avanti marsc’. E chissenefrega del Pd, avrà pensato, lo uso come un taxi, quando ne ho bisogno per farmi portare dove decido io. Un po’ come Enrico Mattei, fondatore dell’Eni (la buonanima ci scuserà del paragone irriverente) diceva della politica. Dunque nel Lazio la candidata dei pentastellati non sarà candidata anche del Pd: si tratta della giornalista con grande esperienza televisiva Donatella Bianchi, ultimamente conduttrice di LineaBlu, che si occupa di ambiente e di mare. Nessuna esperienza politica ma questa non è una novità, soprattutto per i grillini, ma anche per molti altri partiti. Si chiamano candidati della società civile.Del terzo fuoco abbiamo già detto: le notizie ustionanti che arrivano dall’euroscandalo di Bruxelles. Ma a ben vedere ce ne sarebbe anche un quarto: le primarie per l’elezione del nuovo segretario. Quattro contendenti: Gianni Cuperlo, della nidiata dalemiana, che combatte a sinistra e preoccupa non poco Elly Schlein; Paola De Micheli, quella che ha probabilmente meno chances di farcela ed il candidato più forte, Stefano Bonaccini, attuale presidente della Regione Emilia Romagna, che ha dichiarato apertamente: «Il Pd ha perso il contatto con le persone e con la realtà». Proprio così. Nulla da aggiungere. Vediamo chi eleggeranno e se il partito andrà sulla linea indicata da Bonaccini o direttamente verso i cipressi che sono, spesso, in prossimità dei cimiteri.
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