2020-07-03
Giuseppi alle corde tende una mano a Fi. Berlusconi nicchia, pressing sui suoi
Lega piccata per le parole del Cav sulla «maggioranza diversa». Poi arriva il chiarimento ufficiale. Ma molti azzurri sono tentati.Gli alleati si ritrovano a Roma proprio nel momento in cui la coalizione scricchiola.Lo speciale contiene due articoli.«Tanto rumore per nulla, le elezioni non ci saranno»: è questo il commento che i big di Forza Italia, affidano a chi chiede cosa stia succedendo tra gli azzurri e se per davvero il partito di Silvio Berlusconi sia in procinto di andare a rafforzare la maggioranza, assai sfilacciata, di Giuseppi Conte. L'operazione «riabilitiamo Silvio» viene letta da molti osservatori come propedeutica a un accordo tra Forza Italia, il Pd e il M5s, ma la vicenda è assai più complessa. La giornata di ieri è segnata dall'intervista dell'ex premier a Repubblica. Alla domanda se Forza Italia sarebbe disponibile a un governo di unità nazionale, Berlusconi risponde così: «Non credo che ne esistano le condizioni e non credo servirebbe all'Italia un governo con forze politiche antitetiche fra loro. Noi e i 5 stelle, per esempio, abbiamo una visione diametralmente opposta su tutto. Se però in questo Parlamento si creassero davvero le condizioni per una maggioranza diversa, più efficiente, più rappresentativa della reale volontà degli italiani», aggiunge Berlusconi, «andrebbe verificata, naturalmente prima di tutto con i nostri alleati».Berlusconi dice chiaramente quello che ripete dal marzo 2018, quando le urne diedero la vittoria relativa al centrodestra che però non riuscì a ottenere una maggioranza parlamentare: fosse per lui, manderebbe Conte a casa e recluterebbe qualche decina di «responsabili» disposti a tutto pur di evitare le elezioni anticipate, e quindi anche a sostenere un governo Lega-Fratelli d'Italia-Forza Italia.Lo stesso Conte, commentando le parole del Cav, non si lascia trascinare da facili entusiasmi: «Ho letto un po' frettolosamente», dice Giuseppi, «l'intervista di Berlusconi: l'ho inteso non nel senso di chi vuole offrire un'indistinzione di ruoli o un mescolamento. Forza Italia si sta distinguendo ultimamente per un atteggiamento più costruttivo. Rimane un'opposizione che vuole dialogare veramente ed effettivamente col governo», aggiunge Conte, «e lo abbiamo visto anche in alcuni passaggi parlamentari. Tutto qui». Gli ha risposto subito Matteo Salvini: «Invece di dare giudizi sulle opposizioni, il governo si impegni a pagare la cassa integrazione e a dare i soldi promessi a famiglie e imprese».Le parole di Berlusconi, però, scatenano il nervosismo della Lega: «La via maestra», attaccano dal Carroccio, «sono le elezioni. Mandare a casa un governo che blocca tutto è vitale per il futuro dell'Italia, certo sul Mes la posizione di Forza Italia è contro l'interesse nazionale italiano». A fonti rispondono fonti: «Invitiamo le fonti della Lega», rispondono da Forza Italia, «a leggere il testo delle interviste senza fermarsi ai titoli. Se l'avessero fatto, avrebbero scoperto che il presidente Berlusconi non si è mai detto a favore di un governo di unità nazionale, ma, al contrario, ritiene che non esistono le condizioni e che qualunque decisione andrebbe comunque verificata con gli alleati. Lo stesso dicasi sull'utilizzo dei fondi Mes, che Forza Italia considera irrinunciabile perché è senza condizioni, consente all'Italia di risparmiare, e che rappresenta l'unico tema sul quale, come recita l'intervista, abbiamo opinioni diverse dai nostri alleati. Il lavoro tra i leader di Fi, Lega e Fdi prosegue in modo proficuo e non si interromperà certo per questo scivolone».Più pacata Giorgia Meloni: «Berlusconi», riflette la leader di Fdi a Sky Tg24, «non dice sono pronto a un'altra maggioranza, ma dice che se ci sono le condizioni per una coalizione coesa che affronti le cose che servono, allora ne parlerò con gli alleati. Berlusconi intende ciò che dice da inizio legislatura: una maggioranza di centrodestra con qualcuno di buona volontà. Raccontata così è un'altra cosa». «Berlusconi», commenta Salvini, «dice che non ci sono le condizioni di un governo nazionale? Allora siamo d'accordo. Se non esistono le condizioni di un inciucio, la via sono le elezioni: siamo d'accordo con Forza Italia». Fin qui il botta e risposta ufficiale, ma La Verità è in grado di rivelare quello che pensa la maggior parte dei parlamentari di Forza Italia, 95 deputati e 60 senatori che, se si andasse alle urne, si ridurrebbero drasticamente a meno della metà. Il problema non è Berlusconi, ma l'istinto di sopravvivenza: «Se si aprisse una finestra elettorale, se la crisi che attraversa il M5s facesse mancare i numeri ai giallorossi», spiega un big azzurro di lungo corso, «decine di deputati e senatori lascerebbero Forza Italia diretti verso altri partiti anche di maggioranza. Forza Italia è priva di una organizzazione, l'unico che unisce tutti è Berlusconi. Lo showdown ci sarà dopo le regionali di settembre».Il coordinatore del partito, Antonio Tajani, è sibillino: «Questo governo», commenta l'ex presidente del Parlamento europeo, «si sta dimostrando incapace, litigano su tutto e non so quanto potranno durare. Ecco perché serve un'alternativa. È una questione che affronteremo con i nostri alleati», aggiunge Tajani, «ma noi siamo pronti a dare un contributo. Questo governo è al capolinea». Intanto, il senatore campano Vincenzo Carbone ha lasciato Fi per approdare a Italia viva, rafforzando i giallorossi: fedelissimo del senatore Luigi Cesaro, Carbone ha detto addio agli azzurri a causa del diktat di Salvini che in Campania ha imposto di non ricandidare Armando Cesaro, capogruppo uscente azzurro e figlio di Luigi. Altri sette parlamentari vicini ai Cesaro sarebbero pronti ad approdare in Iv, vista la frattura con la Lega.Sul tema è intervenuto a gamba tesa anche Carlo Calenda. Il leader di Azione ha detto che Pd e Fi «devono mettersi insieme e possibilmente in modo più allargato di così».Intanto, ieri, Conte e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si sono incontrati e hanno discusso per un'ora e mezza. Ai ferri corti da settimane, i due hanno tentato di dare un'immagine di compattezza dopo le polemiche incandescenti sul Mes e non solo. Al termine del colloquio, dichiarazioni di circostanza all'insegna del «tutto bene, tutto chiarito». Fino alla prossima bufera. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/giuseppi-alle-corde-tende-una-mano-a-fi-berlusconi-nicchia-pressing-sui-suoi-2646319401.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-centrodestra-in-piazza-domani-con-il-rebus-delle-regole-anti-covid" data-post-id="2646319401" data-published-at="1593731872" data-use-pagination="False"> Il centrodestra in piazza domani con il rebus delle regole anti Covid «Insieme per l'Italia del lavoro»: domani, 4 luglio, alle 10, il centrodestra scende in piazza a Roma contro il governo. È la prima manifestazione «vera» del post Covid, la location è piazza del Popolo, le regole di distanziamento sociale sono rigidissime, l'opportunità di mostrare la compattezza della coalizione, in queste ore di polemiche tra Lega e Forza Italia, casca al momento giusto. Dunque: 4.500 persone, non una di più, potranno accede in piazza, entrando da via del Corso e defluendo, al termine della kermesse, da piazzale Flaminio. All'ingresso, i partecipanti verranno sottoposti alla misurazione della temperatura; mascherine obbligatorie e nessun simbolo di partito. Scottati dalle polemiche per la manifestazione del 2 giugno scorso, quando le regole di distanziamento sociale saltarono, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani stanno lavorando alacremente affinché tutto fili liscio. Sanno bene, i tre moschettieri del centrodestra italiano, di avere i riflettori di tutti i media puntati addosso: le sinistre sono pronte a scatenarsi sui social approfittando di eventuali lacune nell'organizzazione, e dunque massima allerta e selfie (si spera) ridotti al minimo indispensabile. Questa è l'Italia di oggi: un Paese in cui sfila chiunque, in barba alle regole, dai centri sociali ai contestatori di professione, ma si sa che quando le regole le infrange la sinistra allora nessuno dice nulla, nel nome della libertà di manifestare. Se invece, come accaduto a Roma lo scorso 2 giugno, a creare assembramenti sono elettori moderati, allora scatta immediatamente l'indignazione generale. «Nella manifestazione di Piazza del Popolo di sabato 4 luglio», annuncia la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «raccoglieremo le firme per chiedere che si possa votare in election day a settembre: si vota per le elezioni regionali, non si è capito perché non si possa votare anche per le politiche, atteso che questo governo oggettivamente rischia di non avere più i numeri e sicuramente non ha le idee e la compattezza necessari. Saremo a piazza del Popolo», aggiunge la Meloni, «per dare voce a milioni di italiani esasperati da questo governo di incapaci e anti italiani. L'Italia ha bisogno di un governo di patrioti che aiuti la nostra nazione a rialzarsi e a pensare in grande». Dunque, il popolo del centrodestra si raduna a Roma per dare l'avviso di sfratto al governo di Giuseppe Conte, sempre più minoranza nel Paese e asserragliato nel palazzo grazie solo e soltanto al terrore di dover mollare le poltrone. Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, pur tra le inevitabili discussioni interne a una coalizione, si preparano ad affrontare uniti le prossime elezioni regionali e amministrative di settembre, occasione che vedrà invece, ancora una volta, Pd, M5s e Iv uno contro l'altro.