2019-02-01
Giro di vite francese sulla «liberté»: Macron censura pure i fotomontaggi
L'ufficio anti cybercrimine chiede a Google di togliere un collage in cui il leader transalpino diventa Pinochet. Intanto, una nuova normativa contro i casseur punta in realtà a limitare il diritto di manifestare dei gilet gialli.Didier Maïsto, direttore della radio nazionale francese Sud Radio, da tempo conduce una battaglia contro il rischio di una riduzione della libertà di espressione. Le sue prese di posizione gli hanno valso anche delle minacce.Lo speciale comprende due articoli.Nella patria dei diritti dell'uomo, presieduta da Emmanuel Macron, la libertà di espressione e quella di manifestazione sembrano perdere terreno. Se da un lato, i canali d'informazione come Bfm Tv hanno denunciato le aggressioni subite dai loro reporter durante alcune manifestazioni dei gilet gialli, dall'altro il potere politico è intervenuto per chiedere «correzioni» o la rimozione di informazioni da internet e dai social network.Il 14 dicembre scorso, un certo Philippe Petit (probabilmente uno pseudonimo) ha pubblicato sul proprio account di Google+ un fotomontaggio. Su una foto del 1973 - raffigurante il dittatore cileno Augusto Pinochet e alcuni dei suoi ufficiali - sono stati «incollati» i volti del presidente francese, del primo ministro Edouard Philippe e del ministro dell'Interno Christophe Castaner. Il governo francese non ha gradito lo scherzo. Per questo, come ha rivelato il sito Nextimpact.com, l'ufficio centrale di lotta alla criminalità informatica (Oclctic) ha chiesto a Google, la rimozione dell'immagine. Una scelta piuttosto immotivata, dato che questo organismo si occupa generalmente di stroncare le azioni di terroristi e pedofili sui social e su internet. Solo ventiquattro ore dopo la pubblicazione del fotomontaggio, un altro episodio ha fatto molto discutere in Francia. Durante la preparazione dell'edizione delle 19 del telegiornale di France 3 del 15 dicembre, qualcuno deve aver esagerato con Photoshop. In un fermo immagine, relativo alla manifestazione dei gilet gialli di quel giorno, il tg ha mostrato un cartellone censurato. Un manifestante ci aveva scritto «Macron sparisci», ma in tv si è visto solo «Macron». Fortunatamente un fotografo della France Presse aveva immortalato la scritta prima della «correzione». Due casi eccezionali si potrà pensare. Forse. Ma non bisogna dimenticare i precedenti del canale Youtube Tv Liberté gestito da sostenitori della destra sovranista, e della versione francese di Russia Today. Il primo è stato improvvisamente «spento» da Youtube il 14 giugno 2018. Alla seconda è invece stato negato l'accredito stampa dalla presidenza della Repubblica per oltre un anno. Questo dopo che Macron aveva definito il canale russo, nonché la versione francese di Sputnik, come «organi di influenza e propaganda». Dal punto di vista legale la Francia macronista non è andata per il sottile quando si è trattato di «correggere» l'informazione o di «organizzare» le manifestazioni. Nell'ottobre 2018, il Parlamento ha approvato una legge fortemente voluta dal presidente transalpino: quella contro le fake news. La norma sarà applicata nei periodi elettorali. Tra le varie disposizioni contenute in essa figura la possibilità data al Consiglio superiore audiovisivo (Csa) di interrompere le trasmissioni in Francia di canali controllati «da uno Stato straniero» o influenzati dall'estero nel caso trasmettesse «deliberatamente» delle informazioni false. Questa legge potrebbe condizionare fortemente il lavoro dei giornalisti. Tra coloro che suonano l'allarme, figura Didier Maïsto, presidente dell'emittente nazionale Sud Radio, che fa notare come già attualmente, il lavoro di radio e TV, anche private, possa essere condizionato. «In Francia», spiega Maïsto alla Verità, «ci sono persone che hanno soldi e tempo per guardare e ascoltare quasi tutto ciò che viene trasmesso dai canali televisivi o le emittenti radiofoniche. Se ritengono che in una trasmissione siano state dette o mostrate cose inappropriate, inviano una segnalazione al Csa. Questa istituzione effettua delle verifiche e poi chiede conto all'emittente. Può emettere un semplice avvertimento, oppure comminare delle multe che possono arrivare anche a diversi milioni di euro». Per il presidente di Sud Radio «in Francia sono state approvate delle leggi per criminalizzare certe parole». Per esempio «non si può parlare di matrimonio tra persone dello stesso sesso, perché si rischia di essere accusati di omofobia». Ma il controllo del potere non passa solo per l'informazione. In seguito alle manifestazioni dei gilet gialli, il governo ha pensato a una legge contro i casseur. Leggendo l'articolo 2 della proposta di legge in corso di discussione, si apprende che i prefetti potranno vietare la partecipazione a manifestazioni a degli individui considerati come «una minaccia di una particolare gravità per l'ordine pubblico». Le pene previste sono di sei mesi di carcere e 7.500 euro di multa. Nell'attesa della nuova legge, il settimanale Le Canard Enchainé, rivela che la Procura di Parigi per gestire l'emergenza gilet gialli, ha inviato ai propri magistrati un messaggio di posta elettronica «particolare». Ai giudici è stato chiesto «mantenere preferibilmente» l'iscrizione di una persona sul registro dei precedenti giudiziari «anche se i fatti non sono costituiti». Con lo stesso messaggio, è stato chiesto ai giudici di concludere i fermi solo «il sabato sera o la domenica mattina per evitare che gli interessati vadano nuovamente ad ingrossare le fila dei disturbatori». Insomma, sembra proprio che Macron viva sempre più nella paura. Un'impressione confermata anche dalla notizia, svelata dal Journal du Dimanche, secondo cui il 7 dicembre, Brigitte Macron, insieme ad alcuni collaboratori, sarebbe andata a controllare il Pc Jupiter, il bunker interno all'Eliseo dove il presidente francese e un gruppo ristretto di persone dovrebbero fuggire in caso di attacco termonucleare. In quei giorni, Macron era stato messo seriamente in guardia dai servizi segreti del rischio di un possibile assalto dei manifestanti all'Eliseo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/giro-di-vite-francese-sulla-liberte-macron-censura-pure-i-fotomontaggi-2627644348.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-liberta-di-espressione-in-francia-oggi-e-relativa" data-post-id="2627644348" data-published-at="1758065322" data-use-pagination="False"> «La libertà di espressione? In Francia oggi è relativa» Didier Maïsto è il direttore della radio nazionale francese Sud Radio. Da tempo conduce una battaglia contro il rischio di una riduzione della libertà di espressione e della pluralità dell'informazione. Le sue prese di posizione gli hanno valso anche delle minacce. Maïsto ha spiegato a La Verità quali pressioni subiscono i media in Francia.Quale è la sua opinione sullo stato dell'informazione in Francia al giorno d'oggi?«Ci sono dei giornalisti formattati che vengono scelti dalle élite. Anche queste sono standardizzate. Sono formate da persone che hanno studiato nelle stesse scuole, come l'Ecole Nationale d'Administration, che cooptano i propri figli, che pensano la stessa cosa sull'Europa o sulla socialdemocrazia. Hanno tempo e soldi e si arrogano il diritto di dire come la gente deve pensare. Visto che occupano posti nel settore audiovisivo, sono loro che distribuiscono frequenze e il diritto di trasmettere. Ma nessuno sembra preoccuparsene».Sta dicendo che c'è un rischio per la libertà di espressione?«Sì la libertà c'è ancora, ma è molto relativa. In Francia sono state approvate delle leggi per criminalizzare certe parole. Non si può più parlare di religione, perché si rischia di essere considerati come oppositori della laicità dello Stato. Non è più possibile parlare di Francia o di Libertà, Uguaglianza, Fratellanza - che sono il motto della nostra Repubblica - perché si viene catalogati come fascisti o populisti».E la gente come reagisce?«Con l'avvento dei social networks il pubblico si è "affrancato" dai media tradizionali. Per questo il potere sta cercando di estendere il controllo e la regolazione delle opinioni anche sui social. Ad esempio, il parlamento francese ha approvato la legge sulle fake news».Ci faccia un esempio. Cosa succede ad una media radio-televisivo se uno dei suoi opinionisti dice una cosa "non conforme"?«Come dicevo, ci sono persone che hanno soldi e tempo per guardare e ascoltare quasi tutto ciò che viene trasmesso dai canali televisivi o le emittenti radiofoniche. Se ritengono che in una trasmissione siano state dette o mostrate cose inappropriate, inviano una segnalazione al Csa (Consiglio Superiore Audiovisivo, ndr). Questa istituzione effettua delle verifiche e poi chiede conto all'emittente. Può emettere un semplice avvertimento, oppure comminare delle multe che possono arrivare anche a diversi milioni di euro».E questo vale anche per la carta stampata?«No. Ma il rischio di cause per le opinioni espresse e pubblicate dai giornali è sempre molto alto».Crede che, per poter lavorare liberamente i media e i giornalisti saranno costretti a lasciare la Francia?«Io ho deciso di resistere perché nel settore dell'informazione c'è molta autocensura. E l'autocensura è tipica dei Paesi dove le libertà si riducono. Varrebbe la pena di rileggere Kafka o Solženicyn. Certo, non sto dicendo che siamo in un regime del terrore ma qualcosa si sta insinuando nella società».