2024-09-09
Giovanni Toti: «La magistratura ha di nuovo commissariato la politica»
L’ex governatore Giovanni Toti: «La mia vicenda dimostra che l’equilibro tra i poteri dello Stato è saltato, il centrodestra sottovaluta il problema. Sullo yacht di Spinelli ci salirei ancora».«Il caso Sangiuliano? Ancora una volta, la politica ha chinato il capo. Si è sottomessa ad altri poteri, stampa e magistratura. Io stesso dovrei incatenarmi a Montecitorio». Giovanni Toti, ex governatore della Liguria, spinto alle dimissioni dopo tre mesi di arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta che ha toccato la sua amministrazione, oggi legge in controluce l’affaire Boccia: «Giriamo sempre intorno allo stesso punto. La politica deve smetterla di essere follower e comportarsi da leader, altrimenti la magistratura continuerà a commissariarla. I finanziamenti a Kamala Harris? Con il metodo Toti, le darebbero l’ergastolo. Come Messina Denaro». Ora che non ricopri più incarichi, ricominciamo a darci del tu?«Certo, siamo colleghi. Sono tornato a fare il giornalista, e sto scrivendo un libro sull’estate assurda che ho vissuto».Ottantasei giorni di domiciliari. Come riempivi le giornate?«Maratone di documentari storici e l’opera omnia di Ken Follett. La politica adesso la seguo da privato cittadino». Allora occorre commentare altre dimissioni eccellenti. Quelle di Gennaro Sangiuliano. «Era un finale annunciato. Il ministro è andato in overdose di giustificazioni, anche quando non erano dovute. Si è issato su un piano inclinato che sarebbe sfociato inevitabilmente nelle dimissioni. E vista la brutta piega, meglio andarsene che restare sulla graticola». E nel merito della vicenda? «Nel merito ha ragione lui. Sangiuliano ha diritto di scegliersi i collaboratori che preferisce, nel rispetto della legge. E ha il diritto di farsi la sua vita. Per la sua funzione rende conto solo agli elettori; per la sua vita rende conto solo ai familiari». Dunque ha sbagliato a gestire la comunicazione?«Anziché umiliarsi pubblicamente, avrebbe dovuto tenere il punto fin dall’inizio. Bastava dire: “È tutto a norma di legge, il resto sono solo fatti miei”. Se avesse imboccato fin da subito questa strada, forse adesso sarebbe ancora al suo posto. Detto questo, il caso Sangiuliano rientra secondo me in un problema più grande». Quale?«Il complesso di inferiorità della politica. Il senso di minorità in cui si è rinchiusa, al punto da sentirsi in dovere di giustificare la sua stessa esistenza. Vale per la storia di Sangiuliano, come per la mia».Quali sono le analogie?«I due denti della tenaglia sono gli stessi: stampa e magistratura. Il comportamento di Sangiuliano è stato condizionato dai timori di inchieste, anche solo amministrative o contabili. E il binomio si completa con l’azione di una stampa che fa il suo dovere, ma che troppo spesso indugia su particolari che non hanno valore penale né di pubblico interesse». Adesso stai preparando la tua difesa nel processo?«Sì, e ci vuole tempo, considerando che il volume consegnatoci dai magistrati ha la mole dell’enciclopedia Treccani. Del resto, dentro ci sono 4 anni di intercettazioni ininterrotte. La mia giunta, da organo costituzionale, si è trasformata nella casa del Grande Fratello». I pm contestano, tra gli altri, il reato di corruzione per il rinnovo della concessione del terminal Rinfuse a Spinelli, che ha finanziato la campagna elettorale del tuo movimento. «Spinelli ha finanziato tutti i partiti, negli anni. E l’atteggiamento che ho avuto nei suoi confronti è stato applicato a tutte le imprese che hanno rapporti con l’amministrazione, finanziatori o meno. Questi rapporti non solo sono trasparenti, ma hanno rappresentato un volano di crescita straordinario, visto che la Liguria ha ridotto la disoccupazione e aumentato l’export più delle altre Regioni».Tra pratica e finanziamento, la procura intravede un do ut des?«L’assurdo è che i magistrati ritengono lecito sia la pratica che il finanziamento elettorale. Ma per la prima volta si teorizza che la stortura è “il contesto”, cioè il presunto collegamento tra le due cose. Gli arresti domiciliari si fondavano sulla presunzione che, per il solo fatto di governare una regione, potessi reiterare un ipotetico reato. È un unicum in Europa». Però salire sullo yacht di Spinelli è stata una mossa inopportuna? «Andare a trovare un anziano imprenditore che dà lavoro a 2.000 liguri è sanzionabile penalmente e moralmente? Da quando il diritto penale si è trasformato nei comandamenti del Monte Sinai?» Quindi lo rifaresti?«Certo, tornerei sullo yacht. Tornerei al circolo sportivo di Msc a Ginevra, tornerei alla sede del fondo sovrano di Singapore. Le imprese producono benessere per la collettività, e gli amministratori hanno il dovere di assicurarsi la fiducia degli imprenditori, nel rispetto della legge. Altrimenti dovremmo vietare a ogni politico di visitare qualsiasi stabilimento industriale». A proposito di finanziamenti. In un mese, l’idolo della sinistra Kamala Harris ha raccolto 540 milioni di dollari per la corsa alla Casa Bianca, soprattutto dalle Big Tech. Cosa accadrebbe se alla Harris applicassero il trattamento Toti? «Sarebbe in cella, a San Quintino, a scontare più anni di galera di Matteo Messina Denaro. E una cosa è certa: i signori che le hanno dato tutti quei milioni non si aspettano in cambio soltanto sorrisi». Questo per dire che all’estero sarebbe impensabile un caso Toti?«Quando gli ambientalisti americani, o i petrolieri, finanziano un presidente, si aspettano in cambio una politica amichevole. Esattamente ciò che accade in Liguria o in qualsiasi altro posto. Il finanziatore, come l’elettore, sceglie sulla base dei suoi interessi. Una volta che i finanziamenti sono trasparenti, e gli atti sono legali, chi vede del marcio vive nel regno del moralismo».Il filosofo Habermas parlerebbe di douce coup d’État. È stato un putsch regionale quello che hai subito?«Diciamo che l’equilibrio tra i poteri dello Stato è completamente saltato, perché storicamente, quando un potere non trova una resistenza, esonda». Però non ti sei mai scagliato contro le toghe, non hai mai perso la calma. Non dovresti incatenarti al palazzo di giustizia oggi stesso? «Chi ha ragione e ha la coscienza a posto, non ha motivo di arrabbiarsi. Se proprio dovessi incatenarmi, lo farei non in tribunale ma in piazza Montecitorio». Davanti al Parlamento?«I magistrati hanno sbagliato, ma nel solco di una serie di regole che la politica ha messo nelle loro mani. I politici non sono affatto innocenti. Sono loro ad aver “armato” le toghe». Loro chi?«Penso al governo giallorosso di Giuseppe Conte. Penso al governo Monti-Severino. Penso all’introduzione degli innumerevoli reati “astratti” riguardanti l’indirizzo politico di un’istituzione: voto di scambio, traffico di influenze, “corruzione impropria”». E poi?«Abbiamo cancellato il finanziamento ai partiti, abbiamo rinunciato all’immunità che esiste ovunque come garanzia di libertà, abbiamo allestito una serie di authority, come l’Anticorruzione, che rispondono solo a sé stesse e giudicano la politica al posto degli elettori. Queste regole hanno, di fatto, permesso alla magistratura di commissariare l’intera attività politica». Insomma, il grillismo si è impossessato della cultura nazionale, a nostra insaputa? «Da Mani Pulite in poi, abbiamo istituzionalizzato il grillismo, ben prima che lo chiedesse Beppe Grillo. I 5 stelle l’hanno soltanto cesellato di retorica, ma il suicidio della politica scaturisce dall’ultimo trentennio». E la riforma Nordio, che interviene anche su intercettazioni e custodia cautelare? «Nordio prova meritoriamente a invertire una tendenza, ma davanti alla montagna di fango giustizialista che avvelena il Paese dal 1993, è solo un uomo solitario armato di badile. Accanto a lui vedo un Parlamento senza determinazione, che lo guarda quasi con tenerezza». Sogni una rule of law di stampo britannico, con i giudici che rispondono al governo? «Di sicuro oggi la politica si è lasciata svuotare da un altro potere dello Stato. Si è messa sotto tutela. Ha rincorso il populismo, il qualunquismo, il sondaggismo, il brevissimo termine. Se avviene un delitto efferato, la politica corre a inasprire leggi e cancellare garanzie, abbandonandosi alla pressione dei social. Ma i politici dovrebbero essere “leader”, non “follower”». Perché il centrodestra non è sceso in piazza a sostenerti?«Sottovalutazione del problema, e timidezza generale. Altrimenti non saremmo arrivati fin qui. Non è neanche accettabile lo strabismo dei partiti, che di solito puntano il dito solo quando sono gli avversari a finire nei guai. Forse la politica dovrebbe dotarsi di un sindacato unitario per la protezione di sé medesima». Ti è mancata la figura di Berlusconi, durante gli arresti domiciliari?«Certo. Sicuramente lui avrebbe preso una posizione decisa. Ho apprezzato chi nel centrodestra si è speso in mio favore. Ma sono consapevole che nella coalizione ci sono anche gli eredi dei tiratori di monetine contro Craxi». E Renzi?«Tende a dimenticare un po’ troppo. Io invece ricordo bene quando espulsero Berlusconi dalla vita politica, e lui reagì schernendolo: “Game over”. Poi è finito nel tritacarne giudiziario anche lui, ed è diventato garantista. Oggi non capisco come possa partecipare al campo largo dei manettari». Dove peraltro troverebbe Elly Schlein. La stessa che in piazza a Genova diceva: «La Liguria non può finire ai domiciliari con Toti». «Tecnicamente ha detto il vero, la Liguria è stata tenuta in ostaggio. Però Schlein s’è automortificata: di fatto ha ammesso che lei, in quanto parlamentare, conta molto meno di un sostituto procuratore». Con la politica hai definitivamente chiuso?«La seguirò da appassionato. Poi non dimentichiamoci che la classe dirigente con cui ho lavorato correrà in Liguria con una lista civica. Sono tutte persone formidabili, otterranno grandi risultati. Continuerò a sostenerli pur non avendo incarichi. La nostra eredità di pensiero, la nostra prassi politica di successo, sopravvivrà».
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