2025-10-11
Giani ultima spiaggia del campo largo. Ma Pd e M5s divorziano già ai comizi
Dopo le figuracce nelle Marche e in Calabria, il centrosinistra spera in un sussulto nella Toscana «rossa». Schlein e Conte appesi a un candidato indigesto. Lo sfidante Tomasi: «Usano la Regione come laboratorio».Dopo le due scoppole nelle Marche e in Calabria, dove il centrodestra era favorito ma è andato assai oltre le previsioni della vigilia, il campo largo inizia a camminare davvero sul filo del rasoio. La prima occasione per mandare a casa Elly Schlein, Giuseppe Conte e compagnia perdente ce l’hanno i cittadini toscani. Domenica e lunedì si vota, e il presidente uscente Eugenio Giani deve vedersela con un avversario agguerrito e molto ben voluto dalla popolazione: Alessandro Tomasi, 46 anni, sindaco di Pistoia e coordinatore regionale di Fratelli d’Italia parte sfavorito ma ha tutte le carte in regola per mettere in difficoltà l’avversario. Per evitare di inguaiare del tutto Giani, i leader del centrosinistra hanno adottato la strategia della riduzione del danno: niente comizio unitario, una serie di manifestazioni separate, per non dare troppo nell’occhio. Del resto, il Pd manco voleva ricandidarlo Giani: lo scorso luglio Elly Schlein aveva iniziato a ripetere anche per la Toscana la manfrina (che tra l’altro porta malissimo) della «testardaggine unitaria» e aveva messo in stand by Giani, che il M5s non apprezzava (e ancora non apprezza). Lui, il Giani, ha preso la Schlein e i suoi riferimenti locali per le corna (in termini politici) e si è ricandidato per i fatti suoi, sfruttando una norma dello Statuto dem che prevede che un presidente uscente sia ricandidato automaticamente a meno che il 60% dei componenti dell’assemblea regionale non si opponga. In sostanza, un altro di quei «cacicchi» che Elly aveva promesso di far fuori dal partito ha ora il compito di salvare politicamente la pelle alla stessa segretaria, che ha scoperto, pur mettendoci un po’ di tempo, che per far funzionare un partito occorre gente che abbia i voti. Giani favorito, dunque, ma come dice giustamente Tomasi «se avessi guardato i sondaggi non mi sarei candidato neanche a sindaco di Pistoia». La Toscana vive un profondo disagio, i centri più piccoli sono attanagliati dalla criminalità sempre più spesso straniera, che trova complicità in chi, pur di guadagnare qualche centinaio di euro, affitta case a nomadi e affini che le trasformano in veri e propri ghetti. Lo spopolamento è un altro problema molto sentito, il lavoro c’è solo per chi ha gli «agganci» giusti a sinistra, altrimenti occorre fare le valigie e andarsene. Non è un caso che nella Toscana rossa sono tanti ormai i sindaci di centrodestra, che ieri sera erano tutti sul palco della manifestazione unitaria di Firenze, insieme al pioniere Tomasi: c’era Antonfrancesco Vivarelli Colonna di Grosseto, Alessandro Ghinelli di Arezzo, Mario Pardini di Lucca, Francesco Persiani di Massa, Nicoletta Fabio di Siena, Francesco Ferrari di Piombino, Michele Conti di Pisa. Comuni medi a grandi conquistati dal centrodestra uno dopo l’altro, per la semplice ragione che i cittadini si sono stufati di essere sottoposti al soffocante gioco di una sinistra che in Toscana, come forse in nessuna altra parte d’Italia, ha visto aumentare in maniera esponenziale il gap tra la qualità della vita, in costante diminuzione, e la protervia della sinistra, in costante aumento. «Grazie a tutti i candidati che ci hanno messo la faccia con me», dice Tomasi sul palco insieme ai leader del centrodestra, «grazie a tutti i militanti e simpatizzanti. Abbiamo camminato insieme in tutta la Toscana, grazie, i sondaggi ci davano perdenti a Pistoia, e invece abbiamo vinto contro i pronostici. E ora ci sono i sondaggi, ma ne vengono pubblicati di vecchi per darci perdenti. Io non ci credo, non ci credete, ci vogliono scoraggiare. Ho fatto anche io un sondaggio senza metodo scientifico, tra la gente, che ci dice che siamo la maggioranza. Se riusciamo a trasformare questa rabbia e sfiducia in speranza, possiamo vincere in Toscana e scrivere la storia nel territorio più difficile. Non ho mai voluto fare una campagna contro qualcuno», dice ancora Tomasi, «quello che non hanno fatto è sotto gli occhi di tutti. Quando ci dicono che siamo un pericolo per questa regione, io non lo accetto. Noi siamo una parte importante della democrazia di questo territorio, come loro. Questa elezione è uno spartiacque». Poi l’affondo agli avversari: «A loro non interessa nulla della Toscana, questa regione per loro è un laboratorio politico sulla pelle dei toscani. Hanno esaurito la loro spinta, noi ce l’abbiamo quella spinta». Dopo di lui prendono la parola Matteo Salvini, Antonio Tajani e Giorgia Meloni. La sensazione è che l’aria sia buona, un buon risultato è a portata di mano. Sente che l’impresa è difficilissima ma non impossibile anche il premier: «Dopo tre anni di governo», argomenta la Meloni dal palco, «sempre più italiani scelgono di darci fiducia. Usciamo dalla logica del “qui non si può vincere”. Dicono che Tomasi sia una candidatura di bandiera, lo è. La candidatura di un popolo che alza in alto la bandiera del «di una politica che vuole investire sul valore. Alessandro può vincere anche nella regione Toscana, nonostante un sistema di potere chiuso, troppo concentrato a dividere il mondo tra amici e nemici». A poca distanza dalla piazza, i soliti contestatori cercano di infastidire i leader del centrodestra: tutto già visto, tutto già sentito, tutto tragicamente stantio.