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«Gettate spazzatura dal veicolo in corsa? Io ve la riporto a casa»

«Gettate spazzatura dal veicolo in corsa? Io ve la riporto a casa»
Il sindaco Cesare Mason riconsegna il sacco di immondizia alla donna che l'aveva abbandonato: «Era per vedere la sua faccia. Però...» Piombino Dese è un Comune di 9.539 abitanti in provincia di Padova. Fino a oggi era conosciuto perché ospita la palladiana Villa Cornaro. Ma la fama rischia di essere oscurata da quella del primo cittadino, un integralista del decoro urbano che qualche giorno fa ha compiuto la prodezza degna della ribalta nazionale.

Sindaco, ma che faccia ha fatto la signora quando l'ha vista arrivare?

«Non si è fatta trovare».

No? Se l'è squagliata?

«Forse. Deve aver letto il mio post su Facebook con cui annunciavo che le avrei riportato il sacco giallo che aveva “dimenticato" per strada…».

La multa però la riceverà.

«Sicuramente. Almeno 500 euro».

Ma lei come l'ha scoperta? Con le telecamere?

«No. Con il nostro sistema di controllo del territorio».

Cioè?

«Due ragazzi di 22 anni l'hanno vista e l'hanno seguita, scoprendo dove abitava».

Ero rimasto alle ronde padane. Lei ha inventato quelle ambientaliste?

«Non le definirei ronde. È una bella forma di attivismo civico mostrata da due giovani».

E dove l'hanno imparato questo attivismo civico?

«A scuola. Il mio Comune già nel 1992 avviò progetti di educazione civica. Evidentemente questi due ragazzi ne hanno beneficiato. Il segreto è tutto qua».

Non bastano leggi e controlli?

«No. Servono cultura ed educazione».

Quindi lei, con quel gesto eclatante, non ha pensato nemmeno per un istante che si stava facendo pubblicità…

«Assolutamente no. Lo scopo era dimostrativo».

Dimostrativo?

«Colpirne uno per educarne cento…».

Sindaco, mi spaventa. È andato a scuola da Mao?

«No, dai preti».

Dai preti?

«Ho una formazione cattolica. E infatti la signora l'avrei perdonata».

Che intende?

«Che magari non le avrei nemmeno fatto recapitare la multa. Volevo solo vedere la faccia che avrebbe fatto quando le riconsegnavo il sacchetto di spazzatura».

I preti le hanno trasmesso l'amore per l'ordine pubblico?

«Quello l'ho appreso anche viaggiando nel Nord Europa e in Tirolo».

Mi dica la verità: lei non ha mai buttato una carta per terra?

«Mai. I miei genitori mi hanno cresciuto così. Pensi che quando ero assessore all'Ambiente fermai dei rom che avevano iniziato a lanciare oggetti dal finestrino».

Non aveva paura che la aggredissero?

«Non mi interessava. In quel momento era giusto intervenire».

Mai gettata per terra neppure una cicca?

«Non fumo».

Lei è irreprensibile.

«Le dico solo che un mio caro amico fattura 300.000 euro con una ditta che produce contenitori di plastica per spegnere e depositare le sigarette. Molti Comuni qui in zona li hanno già acquistati».

Lei no?

«Non ancora, ma ho intenzione di farlo».

Mi dica qualcos'altro di lei. È stato eletto nel 2017 con una lista civica. È di destra o di sinistra?

«Di destra».

Alle elezioni sconfisse un suo omonimo.

«Sì, siamo lontani parenti e ci vogliamo molto bene».

E sconfisse la Lega.

«Dalla quale provenivo».

Era un leghista? E perché ha abbandonato il partito?

«Ero stufo di essere circondato da amministratori che non erano capaci nemmeno di compilare una delibera».

Quindi nella Lega mancano i competenti?

«Adesso la classe dirigente è migliorata».

Le piace Matteo Salvini? O preferisce il suo governatore Luca Zaia?

«Sono due persone diverse. Zaia è un ottimo amministratore. Salvini è un ottimo politico».

Lei ha detto che il sindaco di Roma dovrebbe prendere esempio dai piccoli Comuni.

«Esatto».

Be', facile parlare se non si ha una città da 3 milioni di abitanti da gestire.

«Indipendentemente dal numero di abitanti, il punto è amministrare una città come fosse un'azienda. E mettere in riga i burocrati, che sono quelli che comandano davvero e sopravvivono ai politici».

Lei li ha messi in riga?

«Certo. A uno di loro dovevo dare una valutazione da 0 a 1, che poi avrebbe inciso sul premio di produttività a fine anno. Gli ho dato 0,8».

Come l'ha presa?

«Apriti cielo. Mi è venuto a dire che per prassi si dà a tutti 1. Ma io non sono un sindaco come tutti gli altri».

Questo lo avevo capito. Le sue idee sull'ordine pubblico mi ricordano la teoria della finestra rotta. La conosce?

«Mi rinfreschi la memoria».

C'è un'auto abbandonata su una strada di un quartiere ricco. Ha il finestrino rotto. La gente passa, la vede così e dopo un po' inizia a vandalizzarla, anche se nel quartiere abitano solo buoni borghesi.

«Sì, è un po' la mia filosofia: il degrado chiama altro degrado. C'è una storiella analoga nella mia città».

Davvero?

«Vicino lo stadio c'è un secchio un po' isolato. Qualcuno, piuttosto che preoccuparsi di fare la differenziata, ha gettato i rifiuti lì dentro sapendo di non essere visto. E alla fine il cattivo esempio ha contagiato molte altre persone».

Come pensa di risolvere?

«Credo che farò installare una telecamera».

Così potrà educarne cento!

«Vedrà: uno a uno, li prenderemo tutti».

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Prevost sferza la Curia «malata» di potere
Robert Francis Prevost (Ansa)
Dura critica di Prevost davanti ai suoi collaboratori in Vaticano: «Notiamo con delusione che alcune dinamiche legate alla smania del primeggiare, alla cura dei propri interessi, non cambiano». Un richiamo all’unità per superare le divisioni del regno di Bergoglio.

«I Papi passano, la Curia rimane». Leone XIV aveva già gettato l’amo in maggio, nella prima udienza con i cardinali, sottintendendo che la continuità (e non le divisioni) è la caratteristica primaria di chi prosegue nel ministero di Pietro. Ieri, durante l’incontro per gli auguri nel suo primo Natale da pontefice, è andato oltre: «L’amarezza a volte si fa strada anche tra di noi quando, magari dopo tanti anni spesi al servizio della Curia, notiamo con delusione che alcune dinamiche legate all’esercizio del potere, alla smania del primeggiare, alla cura dei propri interessi, non stentano a cambiare. E ci si chiede: è possibile essere amici nella Curia romana?».

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A 13 anni si può davvero comprendere fino in fondo un percorso che cambia il corpo e l’identità per sempre? Annamaria Bernardini de Pace smonta il racconto rassicurante sulla transizione dei minori: troppa fiducia negli “esperti”, troppa ideologia e pochissima prudenza. Quando le decisioni sono irreversibili l’età non è un dettaglio.

Ai giovani fu imposto l’mRna, una ragazzina può scegliere il sesso
iStock
Una tredicenne ha piena consapevolezza nel dirsi un maschio, ma col Covid agli adolescenti non fu data autonomia decisionale.

Un po’ tutti siamo andati lì con la mente, ad accoppiare la decisione del giudice che a La Spezia ha consentito a una bambina di 13 anni di cambiare sesso e diventare maschio, accogliendo il ricorso dei genitori, e la decisione di due tribunali che hanno invece sospeso la potestà genitoriale alla cosiddetta famiglia nel bosco respingendo l’istanza di mamma e papà.

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Sulla disforia di genere regna il caos e così i giudici fanno ciò che vogliono
Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità (Ansa)
Un ddl presentato dai ministri Roccella e Schillaci stabilirà dei paletti chiari sui bloccanti della pubertà. In assenza di dati precisi e linee guida, rimane lo spazio per verdetti allucinanti come quello di La Spezia.

Secondo il tribunale di La Spezia, una ragazzina tredicenne può cambiare sesso all’anagrafe e avviarsi al cambiamento chirurgico perché ha «maturato una piena consapevolezza circa l’incongruenza tra il suo corpo e il vissuto d’identità come fino ad ora sperimentato», cosa che dovrebbe «consentirle di concludere, altrettanto consapevolmente un progetto volto a ristabilire irreversibilmente uno stato di armonia tra soma e psiche nella percezione della propria appartenenza sessuale».

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