2025-07-09
Sui dazi Berlino vuole la guerra Usa-Europa
Friedrich Merz e Donald Trump (Ansa)
Mentre continua la trattativa, la Germania alza il tiro: «Contromisure senza un accordo equo». Trump: «La scadenza del 1° agosto non verrà spostata. Lettera all’Ue entro due giorni. In arrivo altre sanzioni al 200% sui farmaci, al 50% sul rame e al 10% sui Brics».Germania, presentata la manovra: aiuti per le imprese energivore e maxi spese per la Difesa.Lo speciale contiene due articoli.Il bastone e la carota. È questa la strategia che Donald Trump sta continuando a usare sul commercio: una strategia che tuttavia sta irritando sia Berlino sia Pechino. Ma andiamo con ordine. L’altro ieri, il presidente americano ha inviato delle lettere a vari Paesi, fissando il livello tariffario che potrebbero dover affrontare per i beni da loro importati negli Stati Uniti. Giappone, Corea del Sud, Malesia, Kazakistan e Tunisia saranno soggetti a una pressione del 25%; Sudafrica e Bosnia del 30%; l’Indonesia del 32%; Bangladesh e Serbia del 35%; Cambogia e Thailandia del 36%; Laos e Myanmar, infine, del 40%. La Casa Bianca ha fatto inoltre sapere che, nei prossimi giorni, saranno inviate altre lettere. Il segretario al Commercio, Howard Lutnick, ha annunciato una quindicina di missive nei prossimi giorni.Dall’altra parte, sempre lunedì, Trump ha firmato un ordine esecutivo stabilendo che le varie tariffe entreranno in vigore il 1° agosto: il che, come lasciato intendere dalla Cnn, ha scongiurato che le misure potessero scattare già oggi. Più ambiguo il presidente si è invece mostrato sulla deadline del 1° agosto stesso. Quando lunedì gli è stato chiesto se fosse «rigida», ha replicato: «Direi rigida, ma non rigida al 100%. Se ci chiamano e dicono che vorrebbero fare qualcosa di diverso, saremo aperti a questa possibilità». Tuttavia, tornando sull’argomento ieri, ha affermato: «Il pagamento delle tariffe inizierà il 1° agosto 2025. Questa data non ha subito modifiche e non subirà modifiche. In altre parole, tutti i pagamenti avverranno a partire dal 1° agosto 2025. Non saranno concesse proroghe». Il presidente non ha neanche escluso dei dazi «ancora più elevati». Insomma, la Casa Bianca mostra, sì, un atteggiamento oscillante e fa la voce grossa, ma non sembra neanche propensa a una linea graniticamente dura. Pare piuttosto orientata a mettere sotto pressione i suoi interlocutori, in vista di ulteriori trattative. Non a caso, ieri, il presidente del Council of economic advisers della Casa Bianca, Stephen Miran, ha detto che potrebbero essere siglati dei nuovi accordi commerciali entro la fine di questa settimana. Sempre ieri, mentre La Verità andava in stampa, circolavano indiscrezioni secondo cui si fosse ormai a un passo da una «mini intesa» tra Washington e Nuova Delhi. Al contempo, il governo di Tokyo faceva sapere di voler proseguire «attivamente» le trattative con gli Usa, con particolare riferimento al settore automobilistico. Continuano intanto i negoziati con l’Unione europea. Ieri, Trump ha detto che potrebbe presto fissare le aliquote tariffarie per l’Ue a cui potrebbe arrivare una lettera entro due giorni. Tutto questo, mentre, secondo Politico, Washington avrebbe proposto a Bruxelles un accordo in base a cui verrebbero imposti dazi del 10% a tutti i prodotti europei, pur a fronte di alcuni settori esentati (sono stati citati, in particolare, alcolici e aerei). Stando a Euractiv, i funzionari dell’Ue sarebbero comunque preoccupati, puntando alla salvaguardia di ulteriori comparti: siderurgia, automotive e farmaceutica. Nel frattempo, Bruxelles non esclude delle tariffe ritorsive in caso di naufragio dei negoziati con l’amministrazione statunitense: tariffe ritorsive che, in caso, potrebbero valere circa 72 miliardi di euro. Da questo punto di vista, è Berlino che spinge per l’approccio duro. «Vogliamo un accordo con gli americani, ma dico anche molto chiaramente che questo accordo deve essere equo. E, se non riusciremo a raggiungere un accordo equo con gli Stati Uniti, l’Unione europea dovrà adottare contromisure per proteggere la nostra economia», ha dichiarato ieri il ministro delle Finanze tedesco, Lars Klingbeil. Non è del resto un mistero che Berlino tema ricadute negative per la propria industria automobilistica. Al contempo, la Commissione europea sta incontrando delle difficoltà a tenere compatta l’Ue sulla questione dei dazi. Ma Trump deve anche gestire il fronte cinese. Ieri, il Quotidiano del Popolo, vale a dire l’organo di stampa ufficiale del Pcc, ha annunciato che Pechino è pronta ad adottare delle «contromisure», qualora dovessero riprendere le tensioni commerciali tra Washington e la Repubblica popolare. Trump aveva d’altronde fatto sapere che avrebbe colpito con dazi più pesanti quei Paesi terzi che si fossero occupati di esportare merci cinesi verso gli Stati Uniti. Ricordiamo inoltre che Pechino ha tempo fino al 12 agosto per concludere un’intesa commerciale con Washington.E attenzione: la Cina fa parte di quei Brics che Trump ha detto ieri di voler colpire «molto presto» con «dazi aggiuntivi al 10%». Il presidente americano si è irritato specialmente dopo che il blocco aveva de facto criticato la Casa Bianca sia per le politiche commerciali sia per i bombardamenti contro l’Iran (Paese che, ricordiamolo, è entrato nel gruppo). Vale la pena di sottolineare che, già a fine gennaio, Trump aveva lanciato minacce tariffarie contro i Brics a causa delle loro intenzioni volte a favorire un processo di de-dollarizzazione. La questione ha quindi anche una valenza di natura geopolitica, oltre che legata alla sicurezza nazionale. La Casa Bianca vede infatti nei dazi non solo uno strumento per tutelare i colletti blu della Rust belt ma anche per rendere più resilienti le catene di approvvigionamento: proprio ieri il presidente ha minacciato tariffe al 200% sui prodotti farmaceutici e ne ha annunciate altre al 50% sul rame.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/germania-usa-dazi-2672964378.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bilancio-tedesco-144-miliardi-di-buco-ma-e-in-arrivo-una-pioggia-di-sussidi" data-post-id="2672964378" data-published-at="1752005069" data-use-pagination="False"> Bilancio tedesco, 144 miliardi di buco. Ma è in arrivo una pioggia di sussidi Il governo tedesco ha presentato al Bundestag il bilancio per il 2025 ed è subito polemica. Il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Lars Klingbeil, ha presentato i conti per quest’anno, con grande ritardo a causa della congiuntura politica. Lo scorso anno proprio le discussioni sul bilancio 2025 portarono alla caduta del governo semaforo tra verdi, liberali e socialdemocratici. La Germania, dunque, si trova da gennaio in esercizio provvisorio e vi resterà fino all’approvazione di questo bilancio, prevista per settembre.Il bilancio 2025 contiene una spesa di 503 miliardi di euro. Gli investimenti pubblici previsti ammontano a 115,7 miliardi di euro, di cui quasi 63 miliardi nel bilancio di base e il resto da fondi speciali. È previsto un nuovo debito di circa 143 miliardi di euro: 82 miliardi nel bilancio di base, 37 miliardi per le infrastrutture e 24 per la Difesa.Il piano finanziario prevede un debito di 847 miliardi di euro al 2029, ma con un buco nel finanziamento di ben 144 miliardi dopo il 2027. Secondo le parole di Klingbeil, la maggiore crescita economica genererà le entrate necessarie a coprire il buco. Una bella scommessa, non c’è che dire, su cui ci sarà battaglia in Parlamento e su cui probabilmente anche la Corte dei conti avrà qualcosa da dire.Il budget della Difesa passerà dai 62 miliardi di quest’anno a 153 miliardi nel 2029, pari al 3,5% del Pil, come da accordi in sede Nato.Il ministro tedesco prevede un aumento degli interessi passivi sul debito, che raggiungeranno i 61,9 miliardi di euro nel 2029.Al Bundestag il maggior partito di opposizione, Alternative für Deutschland (Afd), ha criticato l’aumento del debito: «I governi possono essere cacciati, ma il debito no», ha affermato l’esponente del partito Michael Espendiller. Per ragioni opposte, critiche anche le opposizioni di sinistra, Die Linke e i verdi.Intanto ieri la Corte dei conti tedesca ha accusato il governo di inganno sulla spesa per la Difesa. La Corte critica Berlino per aver dichiarato nei suoi bilanci spese per la Difesa che in realtà sono destinate a tutt’altro. Questo dà al governo un margine di manovra per altre misure. La ragione di questi giochetti è semplice: la riforma costituzionale della scorsa primavera ha stabilito che tutte le spese per la Difesa superiori all’1% del Pil non saranno più soggette al freno al debito. Così, il governo ha deciso che la spesa di 1,2 miliardi di euro per il 2025 e di 1,5 miliardi di euro per gli anni successivi per il ripristino di strade e ferrovie sarà ora a carico del ministero della Difesa, insieme con altre spese per 3 miliardi di euro.Il governo guidato da Friedrich Merz prevede altresì un piano di sussidi da 4 miliardi destinato a ridurre i costi energetici per circa 2.200 imprese per tre anni. Il sussidio coprirà il 50% del prezzo dell’energia per le aziende energivore con un minimo di 50 euro/megawattora. Su questa misura vi è stata grande polemica nel Paese, perché il governo ha annullato le agevolazioni fiscali sull’elettricità promesse nell’accordo di coalizione. Il ministro dell’Economia Katherina Reiche (Cdu) ha detto agli industriali che occorreva trovare un compromesso «tra le possibilità finanziarie e la realtà». Vi saranno inoltre sgravi fiscali per le imprese per circa 46 miliardi nel quadriennio 2025-29.L’economia continua però a preoccupare. Dopo il dato sugli ordini manifatturieri, in calo dell’1,4% (il calo degli ordini interni è del 7,8% e quello dall’area euro è del 6,5%), è arrivato il dato sulle esportazioni tedesche, in calo a maggio (-1,4% a 129,4 miliardi) a causa della domanda statunitense più debole degli ultimi tre anni. Unico dato positivo, la produzione industriale di maggio, che è salita dell’1,2% rispetto al mese precedente e dell’1% rispetto ad un anno prima.Intanto, la Porsche continua a perdere quote di mercato in Cina, mentre nel complesso nel primo semestre le vendite del gruppo sono in calo del 6%. E ieri Daimler truck ha annunciato il taglio di 5.000 posti di lavoro in Germania.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.