
Bruxelles dà il via libera alla manovra e al piano di riduzione del debito. Eppure il deficit resta alto e il Pil stenta, però stavolta Germania e Francia sono messe peggio. Ok anche alla sesta rata del Pnrr.Germania rimandata, Olanda bocciata, Italia promossa. L’Europa all’incontrario prende forma per la prima volta a Bruxelles con le pagelle sui conti pubblici presentate ieri dalla Commissione Ue. Manovra di bilancio 2025 e piano pluriennale di riduzione del debito presentati dal governo di Giorgia Meloni sono stati ritenuti ampiamente credibili dalla Commissione, che in serata ha approvato anche la sesta rata (da 8,7 miliardi) del Pnrr. Del resto credono all’Italia anche i mercati, visto che lo spread con la Germania è sempre sui minimi ed è addirittura inferiore ai tempi del governo Draghi. Ciò non toglie che il debito pubblico di Roma (138% del Pil) sia sempre altissimo e che la congiuntura economica, almeno nell’eurozona, non sia buona per nessuno. L’Italia ritiene di poter crescere dell’1,2% l’anno prossimo, ma Bruxelles stima un Pil al +1% e basta. Le prime pagelle sui piani degli Stati membri dopo la riforma del Patto di stabilità sono state rese note ieri a Strasburgo dai commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni e l’Italia viene promossa a pieni voti sia per il piano di medio termine, cardine della nuova governance economica europea, sia per la manovra 2025. Anche qui, prima di vedere i dettagli, merita ricordare che il piddino Gentiloni lascia l’incarico di commissario agli Affari economici e gli tocca pure promuovere la Meloni, di fatto. Quanto a Dombrovskis, per una volta ci ha lasciato stare, ma l’ex premier lettone è un falco, da sempre bestia nera dei conti italiani e capofila dei cosiddetti Paesi frugali. Solo che con lo spread a quota 127, ovvero un centinaio di punti sotto il livello che ha lasciato a Palazzo Chigi un euro-intoccabile come Mario Draghi, gli allarmi sulla cicala Italia stanno a zero. In più, con la grave crisi economica che sta colpendo la Germania e i problemi di bilancio che assillano la Francia di Emmanuel Macron, anche i falchi del Nord faticano ad alzarsi in volo. Il giudizio di ieri della Commissione riguarda il percorso di correzione dei conti pubblici, che deve essere costante e «credibile», con il parametro base della spesa netta. Il piano di bilancio italiano per il 2025, presentato dal ministro Giancarlo Giorgetti, è stato ritenuto «in linea con le raccomandazioni, dato che le proiezioni di spesa netta risultano nell’ambito dei limiti». Insomma, la finanziaria in discussione non sfora. Sono state promosse anche le manovre 2025 di Grecia, Cipro, Lettonia, Slovenia, Slovacchia, Croazia e Francia. L’aggiustamento pluriennale sul debito eccessivo presentato da Roma ha poi incassato una «valutazione positiva» e il governo ottiene il diritto a spalmare la riduzione da cinque a sette anni, ovviamente anche in cambio di riforme. Con l’Italia, sono stati promosse Finlandia, Francia, Spagna e Romania. I numeri, comunque, non sono certo meravigliosi e anche questo si sapeva. Il piano italiano vede il deficit sul Pil ridursi dal 3,8% del 2024 al 3,3% del 2025 e al 2,8% del 2026. Significa che ogni finanziaria sarà un gioco a incastri, se non riparte la crescita. Il Pil del prossimo anno salirà dell’1,2% per Roma, ma Bruxelles punta sull’1% tondo. In ogni caso «lo scenario macroeconomico su cui si basano le proiezioni di bilancio nel Documento programmatico di bilancio sembra essere in linea con le previsioni della Commissione per il 2025 e il 2024», scrive la Commissione. E aggiunge che «i rischi per il raggiungimento degli obiettivi fiscali per il 2025 indicati nel Documento dell’Italia sono inclinati verso il basso e riguardano principalmente alcune delle misure annunciate sul fronte della spesa». L’Italia resta comunque una delle nazioni sottoposte a procedura per deficit eccessivo e deve continuare a rigare dritto. Gentiloni ha tenuto a sottolineare che i veri rischi sono sistemici: «I progetti di bilancio per il 2025 mostrano che, in base alle nuove regole, il consolidamento non avviene a scapito degli investimenti. Allo stesso tempo, dobbiamo rimanere agili e pronti a rispondere a shock inaspettati». Certo, Ue e «agilità» sembrano ossimori, ma è sempre lecito sognare un po’. Quanto a Giorgetti, non è stato esattamente colto di sorpresa dai buoni risultati e ha commentato: «Il giudizio era atteso, frutto di una politica economica e di scelte improntate sulla serietà. Procederemo, come fatto finora, silenziosamente e sobriamente». La scorsa settimana era arrivata una conferma ben più importante da Moody’s, che ha lasciato inalterato il rating dell’Italia. A sorpresa, invece, la Commissione Ue ha bocciato il piano strutturale di bilancio dei Paesi Bassi perché non soddisferebbe i requisiti del Patto di stabilità e questo è l’unico cartellino rosso tra i 21 piani esaminati. L’Olanda dovrà quindi ripresentare un piano di spesa «coerente» e lo stesso dovrà fare per la sua manovra di bilancio 2025, che è giudicata «non in linea» con le raccomandazioni sulla spesa. La Germania, da settimane anche in grave crisi politica, ha invece incassato un cartellino giallo sul piano di bilancio pluriennale, come Estonia, Finlandia e Irlanda. La Francia è stata promossa su entrambi i fronti, come l’Italia, ma sarà costretta ad aumentare le tasse. Per una volta, a Bruxelles sono saltate le aristocrazie dei conti pubblici e del rigore di bilancio.
Zohran Mamdani (Ansa)
Dalle politiche sociali ai limiti dell’esproprio alla città come «santuario» per i gay Mamdani rappresenta la radicalizzazione dei dem. Ma anche una bella grana
Da più parti, la vittoria di Zohran Mamdani alle elezioni municipali di New York City è stata descritta (se non addirittura salutata) come uno «schiaffo» a Donald Trump. Ora, a prima vista, le cose sembrerebbero stare effettivamente così: il prossimo primo cittadino della Grande Mela, che entrerà in carica a gennaio, sembra quanto di più lontano possa esserci dal presidente americano. Tanto che, alla vigilia del voto, lo stesso Trump aveva dato il proprio endorsement al suo principale sfidante: il candidato indipendente, nonché ex governatore dem dello Stato di New York, Andrew Cuomo.
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.






