2025-04-29
Offerta per Banca Generali: Mediobanca tenta di fermare il governo e Montepaschi
Philippe Donnet e Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Ops da 6,3 miliardi in cambio di titoli. Scalata per frenare Mps, sostenuta da Caltagirone ed esecutivo. Nagel: «I tempi? Coincidenze». Mossa: «Operazione non concordata». Mediobanca gioca la sua mano nella partita del risiko bancario proponendo di scambiare la quota del 13% nelle Generali con la totalità delle azioni di Banca Generali, guidata dall’ad Gian Maria Mossa. Un’operazione che da un lato trasformerebbe in un asset industriale una partecipazione finanziaria con cui i manager di Piazzetta Cuccia hanno sempre inciso sulle scelte strategiche del Leone e dall’altro aprirebbe nuovi scenari sugli assetti di controllo del grande «forziere» del risparmio italiano. La mossa è stata approvata dal consiglio d’amministrazione di Piazzetta Cuccia a maggioranza: si sono astenuti Sandro Panizza e Sabrina Pucci, i due consiglieri eletti nella lista di Delfin, votata anche dal gruppo Caltagirone. Molto prudente la reazione dei consigli di Generali e di Banca Generali che, riunitisi nel pomeriggio, si sono riservati di esprimere un giudizio quando la situazione sarà più definita. Per il momento si limitano a sottolineare che l’operazione non è stata «non sollecitata né concordata».Ma non è l’emergenza la ragione dell’operazione che era stata pensata in condizioni diverse cinque anni fa, secondo quanto dice Alberto Nagel. Il manager che da 18 anni è alla guida della banca d’affari definisce «una coincidenza» la tempistica delle due offerte. Preferisce sottolineare la valenza industriale e la coerenza con il piano di Piazzetta Cuccia. Resta il fatto che la manovra ha l’effetto non secondario di cercare di sottrarre l’istituto fondato da Enrico Cuccia all’abbraccio sgraditissimo di Mps, la cui scalata potrebbe diventare più costosa se il mercato crederà alle promesse di Nagel e più complessa in uno scenario di integrazione a tre. Non la vedono così a Siena dove c’è sicuramente sorpresa per un arrocco inatteso ma non si respira certo aria di resa. Non solo l’offerta su Banca Generali viene giudicata non «ostativa» della scalata a Mediobanca ma viene anzi ritenuta in grado di «rafforzare il valore industriale» dell’iniziativa di Mps, che punta ad aumentare la sua presenza nel risparmio gestito e valuta «non strategica» e cedibile la quota nel Leone. Una posizione che l’amministratore delegato Luigi Lovaglio aveva già espresso all’assemblea del Monte che aveva approvato l’aumento di capitale finalizzato al blitz. Lovaglio può contare sul sostegno dei suoi grandi sponsor. Anzitutto del governo, dove, in ambienti leghisti e di Fratelli d’Italia, Banca Generali viene considerata la «risposta scaltra» di Nagel al Monte e si auspica che l'offerta avanzata dal gruppo senese «vada in porto». Ma anche di Caltagirone e Delfin, che insieme hanno il 27,2% di Mediobanca e il 20% di Mps, e non appaiono intenzionati a deporre le armi, come dimostra l’astensione dei rappresentanti di Delfin nel cda di Mediobanca e la battaglia che potrebbero dare in Generali, anche sollevando il tema del conflitto di interesse di Mediobanca, i consiglieri del Leone eletti nella lista Caltagirone. Si tratterà di vedere se, alla prova del mercato, Nagel sarà in grado di convincere i suoi azionisti che è meglio una Mediobanca indipendente e con una solida presenza nel risparmio gestito a un matrimonio con Mps, che con Piazzetta Cuccia punta invece a diversificare il suo business e a creare il terzo polo bancario. Ma anche se saprà spingere i soci di Banca Generali, a partire dal Leone, a consegnare le azioni. A caldo la Borsa - dove viene riconosciuto il senso industriale e finanziario dell’Ops per Mediobanca ma meno per Generali e Banca Generali - ha risposto con una certa freddezza, dopo la fiammata iniziale.Ma il piano di Mediobanca prevede anche l’addio a Trieste, con metà della quota che verrebbe rilevata dal Leone e metà che si dissolverebbe nel mercato. Per Generali - dove Delfin ha quasi il 10%, Caltagirone il 6,8% e Benetton il 4,8% - si aprirebbe l’esigenza di puntellare la compagine tricolore che ne difenda l’italianità, in una fase in cui il governo ha acceso un faro sull’accordo nell’asset management con Natixis. Starà poi a Banca Generali e a Generali valutare se l’operazione conviene anche a loro. Le interlocuzioni con le autorità regolamentari, i vertici delle due controparti e gli azionisti grandi e piccoli partono d’ora in avanti. Quanto al golden power, Nagel è fiducioso: riguarda due banche italiane senza le criticità rilevate per Unicredit-Banco Bpm e creerà «un leader italiano nella gestione del risparmio che la nostra premier aveva evocato»Per Nagel infatti si tratta di una manovra offensiva «Un’operazione di crescita, di sviluppo. Non è per rendere una cosa più difficile agli altri ma per rendere Mediobanca ancora più bella».Una partita su cui potrebbe avere qualcosa da dire Intesa, che oggi investirà il suo ceo Carlo Messina con un nuovo mandato triennale, e soprattutto Unicredit, che ha già rastrellato il 6,7% del capitale e ha votato con Caltagirone e Delfin in assemblea, auspicando un cambio di passo a Trieste. Una partita che potrebbe incrociarsi con l’Ops su Banco Bpm, partita oggi con la consegna di sole 798 azioni. L’operazione è fortemente a rischio dopo i paletti imposti dal governo con il golden power, in relazione ai quali Unicredit, che per ora non ha impugnato il provvedimento, ha chiesto chiarimenti. Nel frattempo il cda di Gae Aulenti ha rinviato al 12 maggio la presentazione dei suoi risultati, inizialmente in programma il 7, stesso giorno di quelli di Banco Bpm.
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