2023-10-25
Nuovo abisso Lgbt. Non bastava il gender, ora c’è chi si «sente» di una specie animale
A Berlino c’è stato il raduno di quanti si percepiscono cani o gatti. L’identità non conta più: così l’uomo annulla il concetto di natura.Il nucleo centrale dell’ideologia gender si può riassumere in poche parole: una persona di sesso maschile o femminile si può percepire di «genere» diverso da quello determinato dal sesso, maschio o femmina, e scegliere per sé una «identità di genere» nuova, entro una lista che va arricchendosi di giorno in giorno. Eravamo partiti, negli anni Settanta e Ottanta, dai cinque generi «storici», Lgbtq, e ora il menu ne prevede un’ottantina circa. Per questo anche l’acronimo Lgbtq è stato rivisitato, aggiungendovi un «+» alla fine che lascia la porta aperta ad ogni altra possibilità.Assumendo, dunque, il medesimo principio di «identità percepita» e slegata da ogni oggettività biologica, sta prendendo sempre più piede nel mondo un nuovo tipo di identità: l’identità di specie. Si tratta di quelle persone che non si identificano con la specie umana, ma si percepiscono appartenenti a varie e diverse specie animali, non umane. Purtroppo non si tratta né di una barzelletta né di uno scherzo. Basta vedere quanto è accaduto poche settimane fa a Berlino, come riportato dal New York Post: presso la stazione di Potsdamer Platz si sono radunate circa mille persone che rivendicavano il loro «diritto civile» di identificarsi ed essere socialmente riconosciute come animali diversi, per lo più cani e gatti. Ovviamente i partecipanti hanno sfoggiato vestiti e maschere adeguati alla specie scelta, facendo udire la propria voce abbaiando, ululando, miagolando e digrignando i denti. Molti, non tutti, muovendosi a quattro zampe.La manifestazione è stata organizzata dall’associazione Canine beings (letteralmente, essere cani) che ha proseliti sparsi un po’ in tutto il mondo. Si tratta di un fenomeno sociale, diffuso soprattutto fra persone giovani e adolescenti, chiamato «therians»: persone che sostengono di essere spiriti animali intrappolati in un corpo umano. Per liberarsi da questa «disforia di specie», ricorrono a vari mezzi: indossando maschere feline o canine, muovendosi a quattro zampe, mangiando da una ciotola direttamente con la bocca, dormendo in giardino dentro una cuccia, abbaiando o miagolando …Questi non vanno confusi con gli «otherkins», che sono quelle persone che percepiscono dentro di sé la presenza di esseri inumani, come elfi, sirene, vampiri et similia. Quella di Berlino è stata una grande manifestazione pubblica, ma eventi simili - più contenuti numericamente - vengono segnalati un po’ dappertutto, soprattutto Inghilterra, Usa e Giappone. Con casi speciali divenuti iconici, come quello dell’ingegnere Toru Ueda, di Tokio, che ha speso 23.000 dollari per confezionare un vestito da lupo personalizzato, per sentirsi - finalmente - a suo agio; oppure quello di una ragazzina svedese che, percependosi renna, si alimenta da una mangiatoia nel giardino di casa.Per quanto è dato sapere, in Italia i casi di questo tipo sono pochissimi. Ciò detto, qualche riflessione è utile e doveroso farla perché il dato socialmente e culturalmente rilevante non è tanto l’evidente dissociazione di personalità di queste persone (che compete alla medicina), quanto, piuttosto, che esse rivendicano un riconoscimento sociale pubblico, cioè la legittimazione di un «diritto civile» legato alla persona, che una società democratica non può negare. I cartelli con gli slogan di Berlino, invocavano esattamente questo riconoscimento.In questa logica-illogica cultural-politica, la percezione di sé rappresenta l’identità stessa della persona, che - in quanto tale - deve essere accolta, accettata, difesa, protetta e riconosciuta. Pena un ordinamento sociale basato su logiche di diseguaglianza, profondamente antidemocratico. Quando si nega l’esistenza di una verità oggettiva, naturale, intellegibile perché conoscibile, di riferimento, nulla più è vero e tutto è vero. Una verità che non si è data l’uomo, ma che l’uomo ha conosciuto ed appreso attraverso il Creato: negata questa - come sta accadendo ai nostri giorni - si innesca un meccanismo che possiamo definire di «autopoiesi», cioè di costruzione di una verità soggettiva arbitraria, che diventa realtà incontestabile in quanto relativa a ogni singolo individuo, e che conduce (e sta conducendo) al caos sociale, civile e morale.In questo drammatico e prometeico sforzo che l’uomo di ogni epoca - ma in particolare l’uomo del XXI secolo, con un bagaglio tecnologico enorme a disposizione, impensabile solo pochi anni fa - compie per diventare creatore, dismettendo gli abiti della creatura, sta conducendo in un abisso di non-senso proprio di chi crede di poter vivere «bene», quando ogni regola, ogni limite, ogni verità possono essere cancellate. Rincorrendo sé stesso, cerca di diventare altro da sé, negando ogni regola e ogni realtà, fino a rimuovere il concetto stesso di natura, annullando la propria stessa natura corporea: la percezione di sé soppianta la conoscenza e l’accettazione di sé. Non può che venirne infelicità, sofferenza e dolore, fino al delirio, come i fatti sopra descritti ci attestano.Diceva Blaise Pascal che l’uomo deve scegliere se vivere come se Dio ci fosse o come se non ci fosse, divenendo demiurgo di sé stesso. Ma è saggio scommettere sulla sua esistenza perché «se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla» (Pensèes 233, 1658).
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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