2023-06-12
I giornali tifano green: conviene
ai loro editori
John Elkann (Getty Images)
I direttori dei quotidiani di Gedi attaccano i «negazionisti» del cambiamento climatico. Coincidenza: l’editore produce auto. A Stellantis e ai grandi gruppi, l’ecologismo serve a prelevare soldi dalle nostre tasche e usarli per la riconversione industriale.Ieri, a testate unificate, il gruppo Gedi ha pubblicato editoriali in favore delle misure ambientaliste dell’Europa. Su Repubblica è sceso in campo il direttore, Maurizio Molinari, sulla Stampa Massimo Giannini, reggente del quotidiano sabaudo. È curioso che due giornali posseduti da una famiglia che ha fatto affari con le automobili e che ancora oggi, grazie alle vetture, incassa fiori di dividendi (nell’ultimo esercizio le cedole di Stellantis, Cnh e Ferrari hanno superato gli 800 milioni), sostengano il divieto di produrre motori termici e in generale la guerra di Bruxelles ai combustibili. Del resto, tra i finanziatori di gruppi estremisti come Ultima generazione o tra i sostenitori delle scelte europee più rigide contro le caldaie a gas e a favore delle cosiddette case green si ritrovano gli eredi dei petrolieri e, addirittura, alcuni finanzieri che con il greggio continuano a fare affari. Qualche anima candida forse penserà che costruttori di automobili e caimani dell’industria estrattiva all’improvviso abbiano avuto un sussulto in favore dell’ecologia e, pentiti per avere accumulato fortune sulle spalle dell’ambiente, abbiano deciso di sterzare i loro investimenti verso il mondo green. È più probabile però che il nuovo corso sia dettato da esigenze di business. Vietare la produzione e dunque la commercializzazione di auto con motori termici, proibire l’installazione di caldaie a gas per favorire altri impianti di riscaldamento, impedire l’uso del freon nei condizionatori di vecchia generazione, fissare termini perentori per il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni, non può che generare nuove e gigantesche opportunità di investimento e dunque di guadagno. I provvedimenti green che la commissione Ue sta adottando, lungi dal migliorare l’ambiente, di certo miglioreranno i conti di molte aziende che nella transizione energetica hanno individuato la nuova corsa all’oro. Sì, per l’industria e per la finanza non c’è niente di meglio che introdurre nuove regole che impongano ai consumatori di cambiare le proprie abitudini e le proprie spese. Vietare la circolazione delle automobili più vecchie costringe chi ha bisogno di un mezzo per muoversi in città a sostituirlo con uno nuovo, anche se la vettura precedente era ancora in grado di assolvere egregiamente alle esigenze famigliari. Lo stesso dicasi di un condizionatore o di una caldaia. Dichiarare «fuori legge» un’abitazione perché ecologicamente poco efficiente spinge i proprietari a eseguire le opere necessarie per evitare che l’immobile perda valore. Se, come sta accadendo in alcuni Paesi, le banche privilegiano le case green, evitando di finanziare quelle più vecchie e con consumi energetici elevati, è evidente che il mercato indurrà a investire per migliorare gli standard degli alloggi. Risultato, grazie a soldi pubblici o denaro privato i grandi gruppi potranno attivare non una transizione energetica, ma una riconversione industriale. Dunque, anche se l’impatto sull’ambiente sarà minimo (il nostro Paese, come per altro l’intera Europa, contribuiscono in piccola parte alle emissioni dei cosiddetti gas serra e dunque abolire auto a motore o caldaie a gas avrà effetti ininfluenti sul surriscaldamento climatico), i provvedimenti voluti dall’Europa e applauditi dai media di proprietà di petrolieri e costruttori di auto avranno impatti importanti sui bilanci delle relative aziende. La transizione ecologica sarà insomma una grande transizione di risorse dai portafogli di milioni di famiglie ai portafogli di poche famiglie. È per tale ragione che giornali e politici progressisti sono in allarme e si sono inventati i negazionisti dell’ambiente. Accusare chi dubita che mettere fuori legge un’auto a motore serva a migliorare il pianeta è un modo per sostenere che qualsiasi obiezione alle misure green sia antiscientifica e antistorica. In realtà, in gioco non ci sono il pianeta, il futuro, l’ambiente, ma solo i grandi affari per i soliti noti.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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