2022-06-24
Gas: Berlino corre ai ripari, Roma dorme
Il ministro dell’Economia e della Protezione del clima tedesco, Robert Habeck (Ansa)
Mentre l’Italia lascia invariati i livelli d’allarme, in Germania scatta lo stato d’allerta in vista dell’inverno: consumi ridotti e centrali a carbone riattivate. Il governo ignora Confindustria: i costi energetici pesano più da noi (8,8%) che sull’economia teutonica (6,8%).Sull’emergenza gas l’Italia frena, la Germania accelera. Mentre nella giornata di martedì scorso il comitato emergenza gas italiano ha valutato non necessaria l’attivazione del successivo gradino di allerta, ieri il governo tedesco ha deciso di alzare il livello di allarme. In particolare, il ministero federale dell’Economia e della Protezione del clima ha dichiarato l’allerta, un passo prodromico alla dichiarazione della vera e propria emergenza gas. Al momento la sicurezza dell’approvvigionamento è garantita, recita un comunicato del ministero tedesco, ma il riempimento degli stoccaggi è a rischio a causa della riduzione nei flussi in ingresso dal gasdotto Nord Stream 1. Inoltre, i prezzi del gas all’ingrosso rimangono molto alti, il che impedisce una normale attività di accumulo delle giacenze da parte degli operatori. Il ministro dell’Economia e della Protezione del clima, Robert Habeck, ha spiegato: «Anche se attualmente è ancora possibile reperire gas sul mercato, la situazione è grave e arriverà l’inverno. Il gas è ormai una merce rara. I prezzi sono già alti e dobbiamo prepararci a ulteriori aumenti. Ciò influirà sulla produzione industriale e diventerà un grave onere per molti consumatori. È uno choc esterno». Habeck ha poi aggiunto che «tutti - industria, istituzioni pubbliche e abitazioni private - dovrebbero ridurre il più possibile il consumo di gas in modo da poter superare l’inverno». Lo stato di allerta in Germania prevede la riduzione dei consumi di gas nel settore elettrico. In Germania circa il 15% dell’energia elettrica è prodotto con il gas: per questo il governo sta richiamando in servizio vecchie centrali a carbone che erano state messe a riposo negli anni precedenti. Una vera e propria squadra di centrali riserviste. In questo modo si punta a ridurre al minimo l’intervento degli impianti termoelettrici alimentati a gas per coprire la domanda. Il provvedimento, adottato nei primi giorni di giugno, permetterà in via straordinaria l’esercizio delle centrali a carbone fino al 31 marzo 2024. Certo non deve essere stato facile per l’alto esponente del partito dei Verdi, annunciare il ritorno al vecchio, inquinante carbone, frenando le ambizioni verdi in nome del pragmatismo. Peraltro, attribuire la responsabilità della crisi energetica alla guerra e in definitiva alla Russia consente al partito dei Verdi di schivare le critiche che in Germania iniziavano a montare relativamente ai prezzi alti dell’energia già dallo scorso anno.Il ministero dell’Economia ha deciso anche di lanciare un sistema di aste per incentivare i grandi consumatori a consumare meno gas. Verrà creato un prodotto per il mercato del bilanciamento, che offre la possibilità, rinunciando al consumo di gas, di godere di un vantaggio economico, la cui entità è stabilita mediante asta. I dettagli del meccanismo devono ancora essere messi a punto e il prodotto dovrebbe essere pronto dal mese di luglio, in vista dell’inverno. Questa appare essere una soluzione intelligente e non distorsiva del mercato, perché si basa sull’incontro tra domanda e offerta e coinvolge attivamente la domanda, normalmente soggetto passivo, in una gestione più efficiente dei flussi. Per una volta, forse, varrebbe davvero la pena «fare come la Germania», per citare un classico topos della retorica europeista.Colpisce, infatti, la diversità di vedute tra il governo italiano e quello tedesco. È vero che la Germania è stata colpita più duramente dal taglio dei flussi di gas dalla Russia in termini di volumi. Ma d’altra parte dobbiamo notare che mentre in Germania la gran parte del consumo di gas è industriale, in Italia circa la metà dell’energia elettrica è prodotta con il gas, il che fa del nostro Paese un soggetto più a rischio. Ma, ancora di più, dovrebbe far riflettere la nota del centro studi Confindustria del 15 giugno, dalla quale si ricava che rispetto a Francia e Germania l’Italia è il Paese dove la crisi energetica rischia di provocare i danni maggiori. Secondo lo studio, il peso dei costi energetici sul totale dei costi di produzione per l’economia italiana si attesta al 8,8% nel 2022, contro il 3,9% della Francia e il 6,8% della Germania. Ciò significa che le abnormi variazioni dei prezzi dell’energia cui stiamo assistendo hanno un impatto più che proporzionale in Italia, a tutto svantaggio delle filiere nazionali rispetto a quelle francesi e tedesche. Nella manifattura, soprattutto i comparti del legno, delle materie plastiche e della chimica italiani sarebbero penalizzati ben più dei corrispondenti settori tedeschi. A maggior ragione, quindi, appare incongruente l’atteggiamento attendista del governo italiano.Sullo sfondo di questa complessa situazione, nascosto come Polonio dietro l’arazzo nella stanza di Gertrude, in Germania resta il tema strategico del Nord Stream 2: in caso di blocco totale del Nord Stream 1, Berlino, messa alle strette, aprirà il nuovo gasdotto gemello, rischiando di provocare una seria frattura con gli Stati Uniti? O affronterà l’inevitabile e drammatica recessione derivante dalla carenza di gas? È ancora presto per dirlo, qui ricordiamo solo che nella tragedia di Shakespeare l’anziano ciambellano di Elsinore, suo malgrado, finì infilzato dalla spada di Amleto.