2023-12-31
Le pillole di galateo di Petra e Carlo: un brindisi a regola d’arte
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La litania della sinistra nelle ultime ore di campagna elettorale (si vota oggi sino alle 15 in quattro capoluoghi, Genova, Ravenna, Taranto e Matera) è stata quella degli attacchi personali rivolti alla loro candidata, l’ex campionessa del lancio del martello Silvia Salis. Hanno usato questo trito argomento un po’ tutti i leader politici che si sono avvicendati a Genova negli ultimi giorni di campagna elettorale, da Elly Schlein ad Angelo Bonelli.
In realtà nella parte finale della campagna sono emerse, anche grazie a questo giornale, diverse notizie che hanno permesso di sollevare dei dubbi sulla coerenza della candidata. Lei che parlava di sicurezza stradale un anno fa ha travolto sulle strisce un pedone che stava attraversando con il semaforo verde. Per questo la prefettura le ha sospeso la patente e tolto punti. In più l’assicurazione ha pagato oltre 30.000 euro di risarcimento e la vittima, costretta a 40 giorni di prognosi, si è lamentata perché la Salis non si sarebbe più fatta viva dal giorno dell’incidente. La candidata ha anche battuto il tasto dell’importanza del cosiddetto «commercio di prossimità», ma poi ha acquistato un negozio e lo ha trasformato in box per l’auto, causando le proteste dei condomini.
Ma lei che si lamenta dei colpi bassi è stata protetta da quasi tutti i giornali che, invece, di farle domande su tali questioni (immaginate se il protagonista di queste due vicende fosse stato il candidato del centro-destra), si sono premurati di non dare la notizia (dopo lunghe discussioni nelle chat di redazione) o di contrabbandarle come fake news. La Salis a un direttore di giornale ha dichiarato: «Quando si passa agli attacchi personali, alle foto in costume e alla vita privata, si vede che nel merito si hanno ben pochi argomenti». E il direttore a questo punto, invece di chiedere delucidazioni sui presunti attacchi, ha liquidato le notizie da noi pubblicate come falsità. Peccato che i lettori del suo quotidiano fossero all’oscuro degli argomenti citati e bollati come fake news dallo zelante giornalista: «L’hanno accusata per un semaforo rosso che invece era verde e per un parcheggio abusivo che invece era regolare» ha sostenuto il direttore, più interessato a blandire che ad approfondire. E di fronte a un simile assist, la Salis, che in pubblico tali argomenti aveva preferito non affrontarli (al pari della questione della sua laurea alla Link campus university) ha potuto marcare un bel punto: «Eh, sì appunto: non hanno argomenti e quindi devono inventarli».
Il soccorso dei media ha permesso alla candidata di non trovarsi in difficoltà in dibattiti e interviste e chi faceva domande vere come questo giornale ha trovato il muro del portavoce della Salis, Lorenzo Cecioni. Portavoce a disposizione solo dei giornali amici. E per evitare imbarazzi l’ex atleta ha pure evitato i confronti con «domande libere» richiesti con insistenza dal candidato del centro-destra Pietro Piciocchi, sindaco facente funzioni, avvocato di grande esperienza e, per 14 anni, docente della Bocconi.
Se lo schieramento conservatore avesse voluto tirare davvero dei colpi bassi, avrebbe avuto il modo. Ma non l’ha fatto.
Nel 2019 l’allora ministro della Lega Giulia Bongiorno ha incontrato alcune delle attrici, per lo più esordienti, che avevano raccontato, davanti alle telecamere delle Iene (in totale furono 15), una trama ricorrente: provini-farsa, avances spinte, contatti non voluti. Il nome che torna nei loro racconti è uno solo: Fausto Brizzi, il regista di commedie romantiche che nel 2020 ha sposato la Salis e che, in questa campagna elettorale, ha fatto il prezzemolino, infilandosi in interviste e foto e preoccupandosi della comunicazione visiva.
La Bongiorno, intervistata dalle Iene, si era offerta di rappresentare le presunte vittime. Dopo aver visto i video con le interviste alle ragazze, commentò: «Io consiglio di denunciare, dobbiamo avere fiducia che l'autorità giudiziaria accerti questi fatti, se sono racconti lineari, logici e credibili diventano una prova». Quindi aveva aggiunto: «È chiaro che se le dichiarazioni sono varie e coincidenti, l'unione di queste, se non c'è dietro un complotto, una sorta di invenzione, l'unione produce una prova straordinaria». E aveva lanciato un appello: «Denunciate, non abbiate paura. Altrimenti rimane il dubbio che non sia vero, basta con le cose mediatiche, andiamo in Tribunale». Infine aveva denunciato un presunto clima sfavorevole alle denunce: «Mentre in America le donne che sono uscite allo scoperto sono state celebrate in Italia se c'è una violenza posta in essere da un vip o un potente, la reazione è che “è colpa della ragazza”. La donna è molto sola quando subisce una violenza. Se il manager dice di non fare nulla, è chiaro che non verrà mai fuori niente».
La Bongiorno mise a disposizione la sua onlus, Doppia difesa, per raccogliere le storie di queste donne. Alla fine, però, solo in tre, seguite da un altro avvocato, hanno messo nero su bianco le accuse. Ma la Procura di Roma, nel giugno del 2019, ha chiesto il proscioglimento di Brizzi. Nelle cinque pagine del provvedimento di archiviazione, il gip definisce le accuse «evanescenti» e «impalpabili» e spiega che la denuncia presentata da una trentenne, alla quale era stato affidato il ruolo di comparsa in un film di Brizzi per 200 euro complessivi, è stata considerata «vaga e generica», anche alla luce dell'ambiguità del comportamento dalla stessa, che dopo aver testimoniato davanti all'autorità giudiziaria, «non si era astenuta dal ritornare presso lo studio professionale» di Brizzi. Le altre due querele, invece, sono state valutate come «tardive (presentate oltre quattro anni dopo i fatti, ndr)». E comunque, secondo il giudice, non c’erano «gli estremi per il delitto di violenza sessuale». Matteo Renzi prese le difese del regista: «Per mesi lo hanno mediaticamente massacrato con accuse di molestia infondate. Adesso tutto è stato archiviato. Qualcuno da stasera deve chiedere scusa a Brizzi».
Le Iene, invece, sfidarono il regista a querelarle.
In questa campagna elettorale nessun candidato del centro-destra ha rivangato quella triste storia, anche se non sarebbe stato difficile trovare una ragazza disposta a rispolverare le accuse contro Brizzi. Nessun riferimento neppure a un’altra vicenda spinosa. La Bongiorno, prima di occuparsi delle presunte molestie del regista, era stata l’avvocato proprio della Salis. Il 21 marzo 2016 il Tribunale nazionale antidoping ha assolto la campionessa, cancellando con un tratto di penna l’incubo cominciato tre anni prima (il 2 dicembre 2013). Quel giorno la Procura antidoping l'aveva inserita in un elenco di 26 atleti accusati di aver eluso sistematicamente i controlli, con violazioni del regolamento «whereabouts». Accuse che, se fossero state provate, avrebbero prodotto la squalifica per due anni e, probabilmente, la fine della carriera da dirigente sportivo della donna, una carriera che stava iniziando proprio in quel periodo, dopo la fine di quella agonistica. Nel 2012 era arrivata trentaseiesima alle Olimpiadi di Londra, nel 2013 aveva vinto il bronzo ai giochi del Mediterraneo, mentre nel 2015 era stata incoronata per l’ultima volta campionessa italiana. Nel 2016 entra nel Consiglio federale dell’atletica leggera con delega al marketing e alla comunicazione e nel 2017 fa il suo ingresso nel Consiglio federale del Coni. Ovviamente senza l’assoluzione del marzo del 2016, con al fianco la Bongiorno, tutto questo, a partire dalla carriera politica, non sarebbe stato possibile.
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