2021-10-13
Più G7 che G20: sfuma il progetto di Draghi
Xi e Putin, presidenti di Cina e Russia, disertano il vertice straordinario voluto dal premier. Terrorismo, migranti e diritti umani i temi al centro del summit. La Germania non riconosce i talebani. L'Ue promette 1 miliardo in aiuti. Rimane ambiguo il ruolo del Pakistan.I ministri Giorgetti e Guerini hanno parlato al convegno di Elettronica per celebrare i suoi 70 anni di attività.Lo speciale contiene due articoli.Sono dei risultati in chiaroscuro quelli prodotti dal G20 straordinario sull'Afghanistan, tenutosi ieri pomeriggio in formato virtuale. Presieduto dal presidente del Consiglio Mario Draghi, il consesso si è concentrato sulla situazione dell'attuale regime di Kabul, focalizzandosi soprattutto su questioni spinose come quelle dei flussi migratori, i diritti umani, la tutela delle minoranze e la minaccia terroristica (a partire dall'Isis K). Il nostro premier, nella conferenza stampa finale, ha parlato di una «convergenza di vedute» per affrontare l'emergenza umanitaria, oltre che di un «mandato» per le Nazioni Unite. «Occorre impedire il collasso economico del Paese», ha dichiarato Draghi, che ha auspicato anche di continuare a lottare contro il Covid-19. Il premier ha ribadito l'importanza del tema dei profughi e dei diritti delle donne, che rischiano - ha detto - di «tornare indietro di vent'anni». «Consenso ha trovato la necessità che l'Afghanistan non torni a essere una specie di rifugio per il terrorismo internazionale», ha aggiunto. Ulteriore focus è stato quello, ha dichiarato Draghi, sull'aeroporto di Kabul, che è essenziale per l'assistenza internazionale, e quello sui Paesi limitrofi per l'accoglienza dei migranti. «Ho invitato tutti a lavorare il più possibile insieme», ha concluso. In occasione del summit, il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato un pacchetto di aiuti dal valore di un miliardo di euro per la popolazione locale e i Paesi confinanti. A sottolineare la necessità di assistenza umanitaria sono stati anche il presidente americano, Joe Biden, e il premier indiano, Narendra Modi. Tutto questo, mentre la Germania si è detta non ancora pronta a riconoscere il nuovo governo di Kabul. La Turchia, dal canto suo, ha espresso preoccupazione per i flussi migratori e ha proposto la creazione di un gruppo di lavoro - che si è offerta di guidare - per «garantire sicurezza e stabilità» nel Paese. Qualche passo avanti, insomma, è stato fatto. Ma fino a un certo punto. La riunione di ieri è stata infatti in un certo senso «fiaccata» dalla mancata partecipazione di due leader di primo piano, come il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo omologo cinese, Xi Jinping: quest'ultimo, in particolare, è stato rappresentato dal ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. Un'assenza, quella di questi capi di Stato, significativa sotto due aspetti complementari. Da una parte, abbiamo il punto di vista italiano. La mancata partecipazione dei due leader (non a caso minimizzata ieri dal nostro premier) ha infatti parzialmente ridimensionato quello che avrebbe potuto essere un rilevante successo diplomatico per Draghi. Un Draghi che, pur a fronte di questo limite, è comunque riuscito a conseguire alcuni risultati significativi. Non solo ha infatti aperto un format - quello del G20 - storicamente concentrato sulle questioni economiche a un dossier di natura geopolitica. Ma è anche riuscito a portare Roma in una posizione relativamente centrale sulla questione della crisi afghana. Il secondo aspetto da considerare è invece specificamente geopolitico. Ricordiamo infatti che Mosca e Pechino sono le due capitali maggiormente coinvolte a livello diplomatico ed economico nella crisi afghana. Ragion per cui è assai improbabile ritenere possibile arrivare a una soluzione concreta senza il loro pieno benestare. Il fatto che Xi e Putin abbiano quindi, per così dire, snobbato l'appuntamento di ieri lascia intendere che almeno una parte delle decisioni fondamentali per fronteggiare la crisi verrà presa altrove. Non dimentichiamo del resto che, la settimana scorsa, l'inviato del Cremlino in Afghanistan, Zamir Kabulov, ha annunciato che il prossimo 20 ottobre si terrà un meeting a Mosca sulla crisi di Kabul, a cui prenderanno parte i talebani e altre fazioni afghane. Sempre Kabulov, secondo l'Associated Press, ha reso noto che in questo mese si terranno incontri sul tema tra i rappresentanti di Russia, Stati Uniti, Pakistan e Cina. Tutto questo evidenzia come l'asse sino-russo abbia intenzione di muoversi in maggiore autonomia. Non è d'altronde un mistero che da tempo i talebani guardino con estremo interesse al sostegno finanziario di Pechino. Un fattore, questo, che lascia l'Occidente con delle leve limitate per riuscire ad influenzare politicamente l'Afghanistan. Al momento, continua a restare fondamentalmente ambiguo il ruolo del Pakistan, che sta invocando un forte sostegno economico per Kabul. Tutto questo, mentre la tensione resta alta. Se i talebani hanno invocato buone relazioni internazionali (pur evitando di prendere impegni sui diritti delle donne), il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha usato parole molto severe nei confronti dell'attuale leadership di Kabul.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/g20-draghi-2655288396.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="giorgetti-e-guerini-uniti-sulla-nato-la-sfida-e-la-sovranita-tecnologica" data-post-id="2655288396" data-published-at="1634120505" data-use-pagination="False"> Giorgetti e Guerini uniti sulla Nato. «La sfida è la sovranità tecnologica» Difesa, futuro e relazioni transatlantiche: questi i principali temi che hanno caratterizzato il settantesimo anniversario di Elettronica: un evento, ricco di ospiti nazionali e internazionali, che si è tenuto ieri presso il Laboratorio di scenografia del Teatro dell'Opera di Roma. Il presidente e ceo di Elettronica, Enzo Benigni, ha introdotto l'azienda, focalizzandosi sul suo successo e i suoi punti di forza, non mancando poi di toccare il tema della Difesa europea. Un'attenzione al futuro (in raccordo con la storia passata) che è stata sottolineata anche dall'ex sottosegretario, Gianni Letta. Molto attento all'incessante sviluppo tecnologico si è mostrato inoltre il presidente dell'Armenia, Armen Sarkissian. Spazio è stato poi dato alla cybersicurezza, di cui hanno discusso, tra gli altri, il direttore dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Roberto Baldoni, e il presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè. «Non esistono più confini tra Difesa e Sicurezza, la digitalizzazione ha reso la nostra vita di tutti i giorni più semplice ma anche più fragile», ha dichiarato il co-amministratore delegato di Elettronica, Domitilla Benigni. Molto interessante si è poi rivelato il dibattito tra Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Guerini sull'industria della Difesa europea. Sotto questo aspetto c'è un gap nei confronti degli Stati Uniti e della Cina, ha detto il titolare del Mise. Un gap che «può essere recuperato». Nel campo della Difesa – ha proseguito – la tecnologia è fondamentale e richiede risorse adeguate: tutto questo, con una proiezione temporale pluriennale. Occorrerebbe inoltre un coordinamento degli sforzi nell'industria europea, ha proseguito Giorgetti. Tutto questo, mentre – secondo il ministro della Difesa – è possibile contare già su una «solida base industriale» in Europa. Bisognerebbe quindi sostenere e consolidare la cooperazione internazionale, anche perché gli eventi afghani hanno fatto da acceleratore notevole sotto questo punto di vista. In tal senso, l'industria della Difesa italiana ha ottime carte da giocare, essendo – secondo Guerini – «molto competitiva». Su tale fronte, i due ministri hanno quindi evidenziato di operare in modo coordinato e in piena sintonia. L'elemento cyber è entrato sempre più nel settore della Difesa, ha sottolineato inoltre Guerini, citando, tra l'altro, la questione della «bussola strategica» e non nascondendo comunque le difficoltà politiche in vista di una Difesa comune: un dossier, rispetto a cui non bisogna accettare –ha detto– accordi al ribasso. La stessa autonomia strategica, secondo Guerini, non deve porsi in contrasto con la Nato e, anzi, il filone atlantico risulta fondamentale. Giorgetti, dal canto suo, ha evidenziato l'importanza della cybersicurezza anche nell'ambito del Pnrr. Il titolare del Mise ha poi sostenuto che l'Italia debba collaborare con francesi, inglesi e tedeschi, sempre tenendo presente l'eccellenza tecnologica italiana. Il trattato del Quirinale –ha detto– pone una collaborazione in direzione della Francia, ma ciò non esclude collaborazioni con altri Paesi. Tutto questo deve comunque avere una bussola: la salvaguardia dell'interesse nazionale. Anche Giorgetti ha inoltre sostenuto la necessità di un ancoraggio atlantico del nostro Paese: la stessa autonomia strategica, ha aggiunto, esige che l'Unione europea muti molte delle regole che si è finora data. Di Nato ha parlato anche il generale Claudio Graziano: un'alleanza che ha definito «un valore da tutelare, ma da integrare con una maggiore presenza dell'Ue». Le iniziative della Difesa europea dovrebbero inserirsi in questo spazio: iniziative che richiedono l'autonomia strategica. Il generale David Petraeus ha, dal canto suo, sottolineato il grande impegno economico degli Stati Uniti nell'Alleanza atlantica. In tal senso, pur non escludendo iniziative europee, ha lasciato tuttavia trasparire quale titubanza al riguardo.