2022-06-14
Il futuro della democrazia è in bilico tra la sicurezza e il grande fratello
Alessandra Guidi (Imagoeconomica)
Per il vice del Dis, Alessandra Guidi, in un mondo digitale, i servizi «tutelano il pluralismo e contrastano l’influenza dei regimi». La presenza di senatori nei report creerebbe però un caso. E su Vito Petrocelli, Maria Elisabetta Casellati chiede lumi.«Noi che lavoriamo nell’intelligence dobbiamo sempre tenere conto che ci muoviamo su quel delicato terreno dello scambio di opinioni, che va tutelato e anzi incoraggiato, nel rispetto del diritto costituzionale alla libertà di espressione e nella consapevolezza che una democrazia matura trova ricchezza nel contraddittorio. Ma appunto questo terreno dobbiamo salvaguardarlo dalla contaminazione di chi diffonde una rappresentazione manipolata dei fatti, specie quando queste dinamiche nascono su impulso di chi intende condizionare dei processi democratici ed elettorali, o le scelte dei governi in carica», ha spiegato nel weekend il prefetto e vicedirettore del Dis, Alessandra Guidi, ospite all’evento organizzato a Venezia da Il Foglio sul tema innovazione. Uno spunto più che mai interessante dopo che il suo interposto superiore, Franco Gabrielli, si è trovato a organizzare una conferenza stampa per smentire l’esistenza di documenti, prodotti dal Dis ma sviluppati in sede di comitato sulla disinformazione, che contenessero appunto una lista di influencer od opinionisti pronti a rientrare sotto l’etichetta degli attivisti pro Putin. «Il tutto», prosegue la Guidi in relazione alle attività di influenza estera, «operando su uno spazio, come quello dei social network, in cui le regole d’ingaggio sono assai difficili da definire e ancor più da far rispettare». Il numero due del Dis sul palco del Foglio, nonostante la bufera scaturita dopo gli articoli del Corriere della Sera ha ritenuto di prendere il microfono e spiegare la linea sottile tra tutela della democrazia e controllo della democrazia. «Noi, come intelligence, lavoriamo semmai per tutelare il pluralismo delle opinioni, e per proteggere il nostro dibattito pubblico, e dunque la salute della nostra democrazia da certi regimi stranieri che, quelli sì, rappresentano una minaccia per la nostra libertà di informazione», ha aggiunto sviscerando un tema decisamente politico e forse un po’ meno rientrante nell’ambito tecnico dell’intelligence. In pratica la questione di fondo è studiare e valutare le attività dei regimi cinese e russo nel tentativo di avviare una guerra ibrida e influenzare i cittadini occidentali al momento del voto.Lo spiega bene un recente report del Bundesamt für Verfassungsschutz, il controspionaggio tedesco. «L’obiettivo degli sforzi russi è quello di indebolire il governo federale al fine di portare a termine gli obiettivi geostrategici e politici di Mosca», si legge nel report. «A tal fine, questioni deliberatamente controverse vengono cavalcate per polarizzare la società, screditare il governo federale e minare la fiducia del pubblico nelle agenzie governative. Il fulcro delle segnalazioni da parte dei media statali russi e i rispettivi influencer nel 2021 è stato la gestione del Covid. Secondo la narrativa russa», prosegue il report, «il governo federale stava usando sistematicamente la pandemia per limitare i diritti fondamentali e creare uno stato di sorveglianza. La strategia russa mira anche a dividere le alleanze degli alleati occidentali, in particolare l’Ue e la Nato». Insomma, forti analogie con le nostre attività di controspionaggio e con il punto di vista espresso dal prefetto Guidi. L’intelligence lavora per il governo. Direttori e vicedirettori sono di fatto di nomina politica ma rispondono alla Costituzione. La guerra ibrida sta sollevando tematiche fino a dieci anni fa sconosciute. Nel report declassificato da Gabrielli dopo la pubblicazione da parte del Corriere si possono leggere almeno quattro passaggi che di Osint (Open source intelligence) hanno ben poco, mentre di valutazioni politiche hanno molto. Quale è la soglia, soprattutto quando si tratta di tracciare quanto scrivono o dicono parlamentari? Il numero due del Dis non spiega un elemento di fondo. Il nome del senatore grillino Vito Petrocelli, allontanato dalla commissione Esteri per le sue posizioni, è presente in uno dei tre bollettini ancora «riservati»? A chiederlo non siamo noi. Ma in un certo modo è la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, che ha inviato una lettera al Copasir per assicurarsi che in relazione al senatore grillino non siano avvenute irregolarità. Probabilmente la richiesta del Copasir di acquisire i precedenti bollettini deriva da tale lettera. È vero, nel report reso pubblico in sede di conferenza stampa appariva il nome dell’europarlamentare Francesca Donato, ma solo in qualità di ospite in documentario russo. Il tema sollevato dalla lettera della Casellati è fondamentale per le attività future dell’intellingence e la creazione dei filtri idonei a mantenere in equilibrio una democrazia sempre più digitale. L’Europa vuole trasformare i governi in piattaforma e i cittadini in identità digitali. Ciò che avverrà online sarà dunque più reale di quanto accadrà fisicamente. È bene decidere subito i nuovi contrappesi costituzionali e le dimensioni delle maglie della rete che dovranno controllare la Rete, nel senso del Web.
Jose Mourinho (Getty Images)